Si è spesso sottolineato che questo è un Rigoletto "low cost", perdendo di vista, secondo noi, il merito eccellente di avere bandito un concorso che ha ricevuto un numero enorme di risposte (165) e che ha permesso al Regio di creare un movimento di idee giovani a cui attingere. Le recite si intrecciano a quelle di Traviata (recensione presente nel sito), un modo molto europeo di fare lirica che Torino ha intrapreso con successo.
La scena di Luca Ghirardosi è formata da cinque grandi armadi, all'inizio con le ante aperte: lo sfarzo del palazzo del duca è affidato all'argento brunito e sbalzato che ne fodera gli interni con motivi geometrici e floreali. Chiusi e sistemati con varie angolazioni, gli armadi rimandano ai vicoli di Mantova, mentre chiusi e messi in fila dal lato corto sono la riva del Mincio e la taverna di Sparafucile si sviluppa in cassoni e casse di legno, in una delle quali verrà chiusa Gilda morente. In una scena così simbolica ed efficace poteva essere evitato l'unico elemento realistico, il profilo della città di Mantova nel terzo atto, tanto che la scena pare più forte quando, nel finale, la linea delle case e dei campanili scompare e resta la sola luce.
Gli originali costumi di Valentina Caspani mescolano elementi rinascimentali al leitmotive del tricot, costituiti principalmente da spessi maglioni. Solo al duca resta una maggiore semplicità: un paio di pantaloni neri e una camicia bianca con un mantello patchwork nel secondo atto che riprende la stoffa che copre il trono e fa anche da tappeto.
Il regista Fabio Banfo, autore anche delle luci, mantiene un taglio tradizionale all'interno della scena simbolica sopra descritta, restando poco dinamica ma rivelando idee originali. L'antefatto mostra una ragazza maltrattata dai cortigiani sotto gli occhi del duca, il che la dice lunga sull'atteggiamento mentale e materiale del duca e sulle sue scelte comportamentali. Per questo è ancora più significativo il sedersi di Gilda sopra un albero che la accoglie come il palmo di una mano, rimandando al conforto di una casa che protegge come la mano di un amorevole genitore. Rigoletto ha in mano una marionetta di quelle dei ventriloqui, che Monterone scaglia a terra rompendola: in quei frammenti si scioglie il dramma del protagonista. Poco ha convinto la scena del ratto di Gilda con la scala portata di qua e di là, come anche, nel finale, il duca che passa in controluce con una palla in mano, la stessa con cui Gilda aveva giocato nel momento della felicità amorosa.
Damiano Salerno non ha voce particolarmente possente, ma, consapevole dei propri mezzi, risolve il personaggio di Rigoletto con intelligenza, lavorando sull'accento piuttosto che sulla forza, dando giusto rilievo ai toni più lirici e sommessi; un Rigoletto poco buffone e istrionico, espressione del perdente senza speranza, dal fraseggio sorvegliato e sobrio, ma non per questo meno espressivo: se all'attacco di "Cortigiani" manca vis drammatica, la parte conclusiva di "Miei signori, perdono, pietade" è ottima; anche il duetto con la figlia trova giusto patetismo.
Da seguire la giovanissima Barbara Bargnesi, che, se pur all'inizio della carriera, si distingue già per una bellissima voce da soprano lirico dai suoni rotondi e ben sostenuti; la sua Gilda è ancora acerba e inevitabilmente bambina, ma il canto rivela una pienezza matura e trova il suo apice in "Tutte le feste".
Ivan Magrì ha la disinvoltura e baldanza del Duca, ma la voce non spicca per dolcezza timbrica e, nonostante una certa facilità negli acuti, suona spesso forzata; gli attacchi mancano di sensualità come il suo "t'amo" d'ingresso poco aggraziato.
Lo Sparafucile di Andrea Papi si distingue per la voce scura e inquietante, completata dall'avere i coltelli in mano come un macellaio; non convince la Maddalena di Claudia Marchi per voce piccola ed emissione non sufficientemente curata. Dal fisico decisamente imponente e dai notevoli mezzi vocali, Ziyan Afteh dà buon rilievo al personaggio di Monterone e la maledizione acquista giusta potenza espressiva. Di livello discreto Antonio Feltracco (Borsa) e Marco Camastra (Marullo). Completano il cast Letizia del Magro (Giovanna), Francesco Musinu (il conte di Ceprano), Daniela Valdenassi (la contessa di Ceprano), Enrico Speroni (un usciere) e Pierina Trivero (un paggio).
La direzione musicale di Ramon Tebar (che si è alternato sul podio con Patrick Fournillier) è all'insegna della tradizione nel fornire un buon sostegno al canto con giuste dinamiche e variazioni ritmiche; di grande impatto emotivo il serpeggiare degli archi prima dell'attacco di "Cortigiani", come del resto tutta la scena fra Rigoletto e i cortigiani, articolata con notevole mobilità e tensione per merito dell'ottima orchestra del Regio.
Puntuale come sempre la prova del coro, preparato da Claudio Fenoglio.
Teatro gremito, vivo successo di pubblico. Un plauso al teatro Regio per il bando di concorso "La creatività nell'opera".