Dopo aver visto la luce lo scorso dicembre a Piacenza, approda al Teatro Comunale di Ferrara il Rigoletto firmato dal buffone verdiano per eccellenza, Leo Nucci. Un allestimento dal taglio squisitamente tradizionale, lontano anni luce da ogni idea di regie-theater.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Ed in effetti «ho cercato di fare il Rigoletto come lo voleva Verdi», ha sostenuto Nucci presentando il suo lavoro, ricordando peraltro che nello scrivere l'opera – piena di minuziose annotazioni sceniche - il compositore ebbe sempre in mente la fonte originale, cioè Le roi s'amuse di Hugo.
Dramma a base pure di questa sua ultima impresa registica, varata in realtà al Teatro Greco di Taormina nell'agosto 2021. Allorché lo si vide anche indossare, ufficialmente per la 549ma volta, i panni del mitico personaggio.
Una mise en scène senza pervertimenti
Che il baritono bolognese abbia una padronanza assoluta di questa partitura - comprese le parti collaterali – non vi sono dubbi. Che conosca vita, morte e miracoli di Verdi, neppure. Dichiarandosi con modestia solo uno scrupoloso metteur en scène, ci consegna uno spettacolo fluente e sensato, pieno di piccole ma preziose annotazioni sceniche, dalla recitazione accuratissima.
Attraversato da un intensissimo pathos, vuole raffigurare tra l'altro i personaggi così come li aveva ideati Hugo: da un Duca debosciato (e sposato) ad una Gilda prettamente adolescenziale (ma non oca), sino ad un protagonista inconscio d'aver avviato l'ingranaggio maligno che lo schiaccerà.
Uno spettacolo volutamente retrò, dove persino lo scenario di verzura che va su e giù, il (finto) cupolino del suggeritore, e i lumi d'antan sul limitar del boccascena ci riportano indietro nel tempo. Volendo, si potrebbe rimproverargli un certo didascalismo; ma per una volta siamo felici di non doverci scervellare sui reconditi significati di aberranti drammaturgie.
Fare molto spendendo poco
L'allestimento, poi, è di costo irrisorio. Carlo Centalavigna raduna e sistema con molta intelligenza elementi scenici provenienti dai magazzini piacentini (elementi di Elisir d'amore, Falstaff, Simon Boccanegra, ci pare) nonché dal Rigoletto siciliano. Da cui provengono pure i bei costumi di Artemio Cabassi, disegnati pensando alla fastosa corte di Francesco I° di Francia, il cui ritratto equestre troneggia in scena. Le luci sono curate da Michele Cremona, collaboratore alla regia è Salvo Piro.
Un passaggio di testimone
In un certo senso, Nucci con queste recite emiliane consegna idealmente il testimone dell'emblematico personaggio ad un astro emergente, il baritono Amartuvshin Enkhbat. Cioè ad un Rigoletto scenicamente completo, introspettivo, sapientemente diviso tra canto veemente e frasi a fior di labbro. La cui voce solida, possente, fluida ed espressiva ci ricorda un po' Bastianini, un po' Mac Neil. Voce d'altri tempi, vien da dire, con una piccola punta di nostalgia.
Il giovane soprano siciliano Federica Guida è Gilda (come già a Taormina) facendoci dono d'una esecuzione rifinita ed avvincente. Vuoi per l'adesione psicologica, vuoi per una vocalità morbida, ben gestita, ricca di belle sfumature; e con agilità perfette, realizzate in punta di fioretto. Una delle più interessanti interpreti dell'ultima generazione, che senz'altro darà ulteriori soddisfazioni.
Marco Ciaponi domina il ruolo del Duca con spavaldo slancio virile, emissione ben proiettata ed acuti facili, luminosi e squillanti; però alla fine qualche piccola sbavatura conclude un tantino al ribasso una prestazione prima tutta in crescendo.
Una direzione precisa, ma quasi timorosa
Christian Barone raffigura Sparafucile con il giusto carattere e buoni mezzi vocali; la parte di Maddalena pare cucita addosso a Rossana Rinaldi; Stefano Marchisio è un eccellente Marullo. Da lodare anche le altre parti di fianco: William Allione è Monterone, Julius Loranzi Ceprano, Emanuela Sgarlata la Contessa, Elena Borin è Giovanna, Marcello Nardis Matteo Borsa, Agnes Sipos il paggio, Lorenzo Silvelli l'usciere.
Assente per indisposizione Francesco Ivan Ciampa, il compito di concertare e di guidare la Filarmonica Italiana è passato al giovane Gaetano Lo Coco, direttore musicale di palcoscenico, che imposta una conduzione rigorosa e precisa, attenta ai dettagli strumentali, ma senza vero slancio né passione. In parole povere eccessivamente prudente e sorvegliata, con pianissimi orchestrali al limite del soffio.
Il Coro del Municipale di Piacenza, preparato da Corrado Casati, ha assolto con decoro il suo incarico.