Il tema del festival 2011, “Libertà e destino”, è svolto da Massimo Gasparon come una compressione del libero arbitrio, mettendo l’accento (rispetto al nesso di causalità tra il proprio comportamento e il succedersi dei fatti) su un'idea di sacrificio da parte di Gilda dovuto al comportamento paterno. Rigoletto ha un pesante determinismo causale nella corte lasciva del duca: si fa intermediario con la contessa di Ceprano, irride al limite dello sberleffo Monterone, prende in giro coram populo il conte di Ceprano e lo pagherà con la morte della figlia, nonostante le sue intenzioni siano ben diverse e la figlia stessa gli offra l’occasione di mutare il destino con le ripetute invocazioni al perdono, disattese. Un uomo libero che si ribella al signore potente e ne paga le conseguenze.
Con le scene e i costumi (tutto di Massimo Gasparon con luci di Sergio Rossi) siamo alla metà dell’Ottocento a Venezia, città dove l’opera è stata pensata dal compositore. L’idea portante è quella di un perenne carnevale che però non contagia il duca (sempre in abito “civile” che pare Alfredo nei vari atti di Traviata) nè Rigoletto, che si traveste da pulcinella per il suo ruolo di buffone di corte. Gli altri sono tutti sempre mascherati per compiacere il desiderio del potente. Durante il prologo Rigoletto entra con una sacca, da cui tira fuori l’abito bianco con la maschera e il torreggiante cappello cilindrico: si trasforma in Pulcinella per la festa del duca, maschera che toglie sempre fuori dal palazzo ducale. Idea efficace che rende la grande amarezza del povero e debole che si rende buffone per volere (non evitabile) del potente.
La scenografia è un elemento girevole a forma di T: il lato orizzontale delimita due arcate marmoree a tutto sesto decorate con affreschi tiepoleschi e figure in stucco bianco che seguono l’andamento curvilineo degli archi, sostenuti da semicolonne con capitelli ionici e corinzi. Il lato verticale separa una piazza raccolta con l’alto portale della ricca magione dei Ceprano affiancato alla piccola porta della casa di Rigoletto e un interno che è sia la casa di Rigoletto che la taverna di Sparafucile, strutturati su due livelli raccordati da una scala: la prima è foderata di legno e leziosa, la seconda è in mattoni neri, lugubre ed essenziale. Il ruotare della scena segue lo svolgersi degli atti; le comparse ed i coristi, pur utilizzati con abilità da Roberto Maria Pizzuto nei movimenti coreografici, non riescono a colmare il senso di vuoto nell’enorme spazio dello Sferisterio. I costumi coloratissimi sfruttano la tecnica dell’intaglio di motivi floreali-geometrici che giocano con la sovrapposizione di stoffe tono su tono o a contrasto.
Giovanni Meoni è un Rigoletto dalla voce morbida che trova i giusti accenti sia per i momenti di rabbia ed impeto che per quelli di pietà e di intenso sentimento; la voce è corposa, la linea di canto ricca di sfumature, il fraseggio calibrato e prodigo di accenti, il verso verdianamente tornito. Ismael Jordi è un duca di Mantova corretto e dalla voce estesa, che non fatica a salire nell’acuto pur non squillante. Désirée Rancatore è in uno dei suoi ruoli di elezione, una Gilda convincente dal punto di vista attoriale e vocale: la voce è maturata ed ha acquisito spessore ma ha mantenuto l’elasticità nei passaggi di registro, l’estensione prodigiosa, la forza in acuto e sovracuto e quelle bruniture che la rendono unica. Non uniforme la linea di canto di Alberto Rota e Tiziana Carraro, impegnati nei doppi ruoli rispettivamente di Sparafucile e Monterone, Maddalena e contessa di Ceprano. Annunziata Vestri è un'austera Giovanna; William Corrò un aitante e giovane conte di Ceprano. Con loro Lucio Mauti (Marullo), Enrico Cossutta (Matteo Borsa), Antonio Barbagallo (un usciere di corte in abito militare), Silvia Giannetti (un paggio della duchessa in vesti femminili) e il coro lirico marchigiano preparato da David Crescenzi.
Andrea Battistoni ha sicurezza e capacità di controllo dell'orchestra, di cui è evidente che ha conquistato la fiducia, e l'ha diretta in modo teso e drammatico, con vigore di tempi e suoni corruschi, lasciando però spazio ad ampi squarci lirici maggiormente sottolineati dal “ferro e fuoco” del resto; ci sono momenti in cui il giovanissimo direttore allarga, evidentemente per agevolare il canto; soprattutto nel primo atto pare a momenti mancare l’appiombo con il coro.
La rappresentazione è stata sospesa per pioggia alla metà del primo atto ed è ripresa dopo quasi due ore per poi svolgersi regolarmente ma terminando a tarda ora. Sferisterio praticamente esaurito, applausi per tutti, in particolare per la Rancatore e Battistoni.