Lo spettacolo "Rinaldo" si sviluppa in modo coerente e visivamente accattivante e grazie ad una regia lineare ed alle efficaci scene di Mauro Tinti ed ai moderni costumi di Silvia Aymonino
Una fuga dal grigiore e dalla monotonia della vita quotidiana, uno stimolo ad affrontare nuove sfide con coraggio, alla ricerca di un eroismo perduto. Questo è il messaggio che il regista Jacopo Spirei ha trasmesso nel nuovo allestimento di Rinaldo di Georg Friedrich Händel, prodotto dal Circuito Lirico Lombardo ed andato in scena al Teatro Grande di Brescia.
Dalla scrivania alle imprese più ardite
Rinaldo è un anonimo impiegato che vive e lavora alla scrivania di un claustrofobico ufficio. L’arrivo di Almirena fa scoccare in lui la scintilla della passione che gli infonde coraggio di affrontare nuove sfide. Il combattere e il superare i vari ostacoli creati dalla maga Armida, lo porteranno a vincere le sue paure ed a diventare finalmente protagonista delle proprie azioni.
Lo spettacolo si sviluppa in modo coerente e visivamente accattivante e grazie ad una regia lineare ed alle efficaci scene di Mauro Tinti ed ai moderni costumi di Silvia Aymonino. Tra le varie ambientazioni che si succedono spiccano il suggestivo giardino concavo nel quale si rinsalda l’amore tra i due protagonisti ed il night club di Armida che, dominato da un ragno gigante, ricorda le atmosfere kubrickiane del Korova Milk Bar di Arancia meccanica.
Splendida concertazione e ottime voci
L’esecuzione musicale è assolutamente rimarchevole, grazie all’eccellente concertazione di Ottavio Dantone che si conferma Maestro di riferimento nell’esecuzione della musica barocca; perfettamente assecondato dall’Accademia Bizantina, impagabile e prezioso strumento nelle sue mani. Ricchezza timbrica, grande attenzione alle dinamiche, nitidezza e pulizia del suono, sono alla base di un’interpretazione estremamente vitale per la sua ricchezza di accenti e sfumature. Decisamente azzeccata anche la scelta di fondere insieme le due versioni del 1711 e del 1731, che, oltre a regalarci uno spettacolo estremamente godibile non contravviene alla prassi dell’epoca. Infatti nel XVIII secolo era abitudine riadattare i lavori ad ogni nuovo allestimento, per andare incontro alle esigenze di pubblico ed esecutori; senza contare che una cospicua parte della musica di Rinaldo non è originale ma proviene da lavori precedenti dello stesso Händel, quali ad esempio il Trionfo del Tempo e del Disinganno, Agrippina, e la cantata Aci, Galatea e Polifemo.
Tra le voci si distinguono l’Almirena di Francesca Aspromonte, caratterizzata da un timbro brillante ed una salda linea di canto ed il Goffredo di Raffaele Pe, timbratissimo nei centri e disinvolto nelle agilità. Delphine Galou, in linea con le intenzioni del regista, delinea un Rinaldo dimesso, caratterizzato da un fraseggio morbido ma incisivo nei passaggi più virtuosistici, anche se a volte la voce sembra mancare del peso necessario. Del tutto a suo agio nei panni di Armida, Anna Maria Serra sfoggia un timbro pieno e robusto. Apprezzabili gli interventi di Luigi De Donato (Argante), Federico Benetti (Mago Cristiano) e Anna Bessi (Donna) che hanno contribuito alla riuscita di uno spettacolo molto apprezzato dal pubblico che affollava il Teatro Grande.