Lei è in piedi. Si muove, accenna qualche passo di danza, finché arriva lui che la cinge da dietro la vita. Lei allora si lascia cadere, si lascia andare. Si abbandona. Lui la sostiene, la porta in giro, la solleva di peso, muove con l'imposizione dei suoi arti gli arti di lei, che pendono abbandonati ma non esanimi, in totale rilassatezza.
Si apre così Rien à dire la prima parte del dittico Romanza che Cie Twain di Loredana Parrella ha presentato iersera al Furio Camillo.
Un'apertura indimenticabile per una coreografia, un lavoro nuovo, composta da quadri autonomi, caratterizzati da una partitura musicale di volta in volta diversa, che spazia dalla musica classica a quella contemporanea. In scena 4 danzatori, due ragazzi e due ragazze, i corpi noti di Anna Basti e Yoris Petrillo, e quelli di recente acquisizione di Giulio Petrucci e Sandra Urbinati che si è unita alla compagnia lo scorso anno.
Ogni quadro di Rien à dire si distingue per l'energia notevole che percorre e scuote i corpi davvero instancabili dei danzatori che Parrella fa cadere a terra e rialzarsi, mostrandoli mentre non riescono a restare in piedi o, al contrario, mentre non riescono a terra, sovrapponendosi, a terra, uno sopra l'altra, in piedi, una davanti l'altro, scavalcandosi uno sulle spalle dell'altra. Movimenti che hanno la forza del guizzo, eleganti e sinuosi, apparentemente semplici ma che richiedono concentrazione e una notevole forza. Forza ed energia sottolineate dalla respirazione che a tratti si fa sentire, diventa parte integrante della posa. Una coreografia che si fa concreta emozione che arriva diritta allo spettatore perchè la danza è il correlativo oggettivo di quel che le danzatrici (i danzatori) sentono.
Una danza di emozioni dunque e di comunicazione. Tra i singoli corpi, quando i danzatori (le danzatrici) si muovono da soli, impegnati a esplorare lo spazio che li circonda, o quando si muovono insieme, in una conversazione coreografica che vede le ragazze danzare per affinità, simpatia e solidarietà, emulando l'una i movimenti dell'altra, inseguendosi, sfidandosi. Oppure rimanendo su un piede solo in precario equilibrio mentre i due ragazzi, da terra, le sorreggono tenendole per l'altro piede. O, ancora, in un confronto tra ragazze e ragazzi, in passi dove non solo gli uomini ma anche le donne portano.
Fino ad arrivare a un quadro comico nel quale le ragazze cercano di attirare l'attenzione dei ragazzi quando, dopo un virile e intimo passo a due, rimangono fermi in posa, pieni di sé.
E la danza diviene allora una seduzione percorsa da una giocosità di fondo, fatta di sottile ironia, di una generosità del gesto che è danza ma è anche qualcos'altro.
Un danza energica che chiede più alle danzatrici che ai danzatori, a tratti nervosa, agile, che tocca le corde emotive e inconsce dello spettatore parlandogli al di là di se stesso. Una tavolozza di emozioni e di colori, anche quelli delle luci (che possono migliorare) e dei costumi con i quali Parrella si è divertita a giocare, a variare, cambiandoli di quando in quadro.
Una coreografia mai uguale a se stesso, ricca, fluida, in continuo divenire, una composizione coreutica di forte ricchezza e generosità. Non ci stancheremo mai di sottolinearlo: là dove altri costruiscono un intero spettacolo su una sola (o poche) intuizione coreografica Parrella non si risparmia e si dona completamente al pubblico tramite la sua danza.
Romanza prosegue con Féroce présence già presentata, in una versione diversa, lo scorso maggio a teatri di vetro, della quale abbiamo già avuto modo di parlare. La danza, come tutto il teatro, è scritta sull'acqua e ogni esecuzione, ogni messa in scena è unica. Così se in quell'occasione la coreografia era eseguita da Anna Basti e Yoris Petrillo (che sostituiva una danzatrice) in un confronto a due di natura diversa da quella tra due donne pensata all'origine, stavolta la coreografia mantiene la figura del danzatore ma reintegra la seconda presenza femminile.
La coreografia costruita sulla rappresentazione del dolore, innervato in una pulsione dinamica che parte dall'interno del corpo per emergere con una dirompenza incontenibile, è amplificata da questa versione a tre. Anna Basti dialoga, danzando, con entrambi i compagni di ballo rimanendo il fulcro di un lavoro che cerca nel corpo dei danzatori un'energia analoga a quella del dolore, della sofferenza, per restituirla caricando i muscoli di una tensione accumulata che emerge all'improvviso travolgendo il corpo del danzatore (della danzatrice) proprio come il dolore di cui si cerca l'evocazione. Un dolore che prende la consistenza fisica concreta del rumore, quello del respiro, ma anche quello del petto percosso, con energia, e ogni colpo tocca anche lo spettatore che quel dolore lo vede, lo sente, lo prova.
Come abbiamo già avuto modo di dire Loredana Parrella continua a sorprendere con una ricerca coreografica che propone sempre nuovi spunti, nuove riflessioni sull'essere nel mondo, mediati e detti attraverso la danza.
Una ricerca che presto prenderà forma in un nuovo spettacolo il prossimo 21 Dicembre al Palladium, quando Parrella presenterà Lei e Tancredi una coreografia per otto danzatori dedicata a Tancredi e Clorinda del Tasso...