Povero Mister William! Sono secoli che le sue opere sono oggetto di attenzioni di teatranti spesso condizionati più dalla popolarità dei suoi testi che da una vera vena creativa o comunque comunicativa, e personaggi come Amleto, Otello, Puck, Prospero, Kate e Shylock sono a loro volta oggetto di aspirazione interpretative di attori (o pseudo tali) con una preparazione non sempre adeguata all’impegno che tale operazione richiederebbe. Ma raramente è capitato di vedere in scena tanta approssimazione ed immotivato spreco di energie quanto nell’edizione di “Romeo e Giulietta” firmata da Maurizio Panici con una, a dir poco, immatura Martina Stella nei panni della protagonista. In una scenografia ingombrante quanto kitch si muovono interpreti dalla recitazione incerta e impersonale, che rappresentano dei “passi scelti” del dramma, legati tra loro dalla presenza metateatrale (Sigh!) di un frate Lorenzo anonimamente interpretato da Camillo Grassi, utilizzato qui per raccontare i riassunti delle parti tagliate dal regista, in una sorta di “bignami” dell’opera originale. È questa l’unica invenzione di una regia praticamente inesistente, poco attenta al pathos del testo e alla recitazione degli attori i quali ne escono tutti malissimo, anche la solitamente bravissima Antonella Morea, che avrebbe potuto essere una balia straordinaria, ma che qui si limita ad un’interpretazione di routine, e a cui il regista ha tagliato la bellissima parte iniziale dove ella ricorda dell’infanzia della fanciulla, e lo ha fatto ingiustificatamente, e chiediamo scusa per l’abuso di questo avverbio da parte di chi scrive ma è purtroppo indispensabile per parlare di questo spettacolo in cui tutto appare ingiustificato. Sono ingiustificati i tagli del testo che sembrano fatti con l’accetta salvo allungare il brodo con degli insopportabili ed antiteatrali duelli a cui non avrebbe fatto male una degna coreografia, ingiustificate le luci che disegnano interessanti giochi cromatici ma che lasciano in ombra gli attori, nonché la presenza di un Fabio Ferri che interpreta un guittesco Mercuzio che nel bellissimo monologo della “regina Maab” non riesce a strappare nemmeno il più misericordioso degli applausi, o quella del povero Gabriele Gi Russo buttato allo sbaraglio nel ruolo di Romeo, molto ma molto più grande di lui. Il risultato è quello di uno spettacolo dalla comicità involontaria, con madonna Capuleti che ricorda Veronica Pivetti in “Viaggi di nozze” di Verdone, ed una Giulietta inverosimile, a cui Martina Stella non riesce a dare un minimo di profondità, utilizzando voce e movimenti degni di un manga giapponese. Ma ci chiediamo, ancora una volta, è mai possibile che il pubblico vada così sottovalutato da propinargli operazioni simili, in cui viene utilizzata la popolarità di un personaggio per attirare la sua presenza senza che gli si offra un’occasione degna perché egli spenda i soldi di un biglietto? È mai possibile che per far si che esso esca fuori di casa e lasci la televisione gli si debba per forza somministrare una paccottiglia simile la cui qualità non ha nulla da invidiare a quella di una soap opera di seconda scelta? Non ci resta che riflettere e considerare: povero Mister William, povero Teatro, poveri noi!