“Romeo e Giulietta”, forse l’opera più celebre e più amata di Shakespeare, è nella versione del Teatro dell’Elfo-Teatridithalia uno spettacolo elegante e raffinato, con una messa in scena semplice ma efficace. I cinque atti dell’opera sono rappresentati in forma integrale, è stata scelta una versione con pochi tagli che permette di esaltare il valore di ogni personaggio e di ogni singolo interprete, cogliendone peculiarità e aspetti caratteristici, restituendoci il ritmo e la dinamicità tipici della costruzione drammaturgica shakespeariana dei dialoghi. Ferdinando Bruni, autore della traduzione e dei costumi, dirige uno straordinario ensamble di attori affiatato e unito, che ci regala uno spettacolo intenso, emotivamente forte, ma misurato e sobrio, il regista rimane fedele al testo, ne ha una profonda conoscenza e rispetto, e cerca di renderlo autentico, credibile e vibrante, senza mai esagerare.
Il testo è classico, ma è interpretato in modo moderno e spigliato: merito anche della freschezza e dall’entusiasmo del gruppo dei giovani attori, gran parte sotto i trent’anni, e della scelta del regista di sottolineare un certo tipo carnalità, molto attuale, che sottende l'azione.
La versione di Bruni non spicca per originalità o per scelte azzardate, ma la sua forza è data dalla bravura dei suoi attori, che recitano con convinzione e verità, riuscendo a individuare e tratteggiare in maniera significativa i caratteri principali dei personaggi, anche e soprattutto di quelli minori, come il servo Pietro, interpretato da uno straordinario Nicola Stravalaci, che riesce a restituirci un personaggio comico tipico del teatro shakesperiano, il servo chiacchierone e pasticcione.
Bravi i due giovani protagonisti: Federica Castellini è una rivelazione, ci regala una Giulietta fragile e sicura al tempo stesso, innamorata del suo Romeo, spontanea e naturale nelle parti liriche, intensa e struggente in quelle tragiche, Nicola Russo è un Romeo estremo nei suoi sentimenti e nelle sue passioni, irrequieto e impulsivo, vivace e inesperto, assoluto e con una giusta dose di slanci emotivi e di esuberanza tipici dell’adolescenza.
Impeccabile Ida Marinelli e Luca Toracca, due interpreti storici dell’Elfo, cui sono stati affidati i ruoli cruciali della Balia e di Frate Lorenzo.
Isa Marinelli disegna in maniera magistrale una nutrice esuberante e dolce, divertente e ironica, autentica e schietta, che ci dona momenti di puro divertimento, ma anche di estrema delicatezza e poesia. Convincente e credibile anche Luca Toracca che interpreta il ruolo di Frate Lorenzo con perizia e partecipazione, ponendo l’attenzione sui modi bruschi, ma bonari del personaggio, che lo rendono vero e più vicino a noi.
Un attenzione particolare merita l’eccellente interpretazione di Edoardo Ribatto – già ammirato e apprezzato nel ruolo straziante di Prior Walter in “Angels in America”, che crea un Mercuzio estremamente originale, sfrontato, giovane e incosciente, che domina fisicamente e verbalmente la sua parte e la scena: calibrandone sapientemente la potenza, la volgarità e la spudoratezza. Incanta e avvince nel monologo della regina Mab, che lascia disorientati e scossi, in bilico tra il sorriso e la smorfia di dolore, per la potenza e il significato delle parole che pronuncia. Ha la capacità di riuscire a non essere patetico, ma piuttosto toccante e convincente nella scena della sua morte, momento decisivo per l’evolversi della vicenda, poiché segna l’irrimediabile svolta nella tragedia. Infatti il primo tempo è caratterizzato dalla frenesia e dall’entusiasmo delle passioni, dei facili slanci ed entusiasmi, che in Mercuzio si esprimono nella sua foga di vivere, nell’estrosità delle sue battute, spesso a sfondo sessuale, nei suoi lazzi osceni e poetici al tempo stesso, nel suo atteggiamento irriverente e dissacrante, nel secondo tempo, con la sua morte, i toni cambiano, si fanno cupi e drammatici, l’andamento leggero e “allegro” della vicenda cede il passo alla tragedia al dramma.
Convincente anche l’interpretazione degli altri attori “under trenta”: quali Andrea Fugaro nel ruolo di Tebaldo, un notevole Alessandro Rugnone in quello di Benvolio, degna spalla di Mercuzio/Edoardo Ribatto, Tommaso Amadio che interpreta Paride, Jacopo Fracasso nei panni di Baldassarre, il paggio. Completano il cast Alessandra Antinori che interpreta una Donna Capuleti algida e impeccabile, Alberto Mancioppi, un Capuleti cinico e perfido, Fabiano Fantini che veste il triplice ruolo di Principe, cugino e speziale, e Nicola Stravalaci nel duplice ruolo dell’esilarante servo Pietro e di Montecchi.
L’allestimento scenico, a cura di Andrea Taddei, è semplice e funzionale, la scena è pratica ed essenziale, monocromatica, caratterizzata dalle tonalità del grigio.
Le soluzioni sceniche sono semplici e immediate, in grado di esprimere la poesia e la lirica bellezza del testo, traducendo in azioni vive e reali le emozioni che Shakespeare descrive ed evoca in maniera più o meno esplicita. La città di Verona viene evocata, non esibita, lo spazio è minimalista e duttile, le luci, i suoni, le musiche creano ambienti e situazioni, fanno vivere lo spazio senza che questo vada a discapito dell’attore, la cui centralità è indiscussa.
“Romeo e Giulietta” intreccia numerosi elementi nella vicenda dei due innamorati “nati sotto contraria stella”: dalla tragica morte, al drammatico scontro tra due generazioni, dal contrasto tra la purezza dei sentimenti e l’appassionata consapevolezza dell’amore e l’inesorabile e ineluttabile concatenarsi degli eventi, dalla lotta tra le ragioni dell’odio e le ragioni dell’amore - il dramma si arricchisce di tematiche la cui complessità va ben oltre la vicenda d’amore.
La storia dei due innamorati di Verona, una delle più tragiche storie d’amore della letteratura teatrale, è un’opera di forte attualità: immagini e sentimenti esasperati, passioni forti ed estreme che conducono i personaggi sull’orlo del tormento e della disperazione, li spingono ad atteggiamenti e azioni autodistruttive e autolesioniste.
Come dice lo stesso regista, Ferdinando Bruni, “Romeo e Giulietta” è la tragedia dei contrasti e delle contrapposizioni: il primo atto è un inno alla giovinezza, all’irruenza, alla vitalità e alla spensieratezza di quegli anni, alle forti e repentine emozioni, al pericolo e all’ “incoscienza”, dominano incontrastati le forti passioni che se non trovano espressione nei baci e nelle promesse d’amore, si placano nelle risse e nei duelli; il secondo atto è attraversato dal dolore, dalla sofferenza e dalla morte, implacabile e ingiusta.
L’intera opera è caratterizzata dai contrasti tra buio e luce, notte e giorno, estrema gioia, felicità e atroce sofferenza, lutti, feste e balli e funerali, amore puro, assoluto, totale e odio profondo, radicato, cieco e impalcabile. I sentimenti sono irruenti, sventati e totalizzanti, e non solo per i due protagonisti, ma anche per i giovani amici e parenti che sfidano anch’essi il destino, giocano la loro partita col fato. L’amore, l’eros si contrappone alla morte, la sfidano, cercano invano di sconfiggerla. Nella triste vicenda di Romeo e Giulietta si inserisce una incognita imprevista, crudele e incontrollabile: il destino, la sorte, il fato e contro di esso non si può far altro che adeguarsi e cercare di “cavarsela” alla meno peggio.
Forse Romeo e Giulietta sono solo due vittime degli eventi, dell’odio, dei pregiudizi e dell’ottusità degli adulti. Nonostante i 400 anni di questa storia, ogni volta che ci viene raccontata non possiamo fare a meno di sentirci vicini ai suoi personaggi, è come se li conoscessimo, come se rivivessero davanti a nostri occhi: li capiamo, riconosciamo come veri i loro sentimenti, i loro entusiasmi, ci specchiamo in loro e troviamo un po’di noi stessi nei loro slanci, nelle loro paure, nel loro sentire.
Quando i due giovani amanti giacciono immobili e inermi, morti e la tragedia sta volgendo al termine, il pubblico - senza nemmeno aspettare il buio che decreta l’ufficiale fine dello spettacolo - scoppia in un entusiastico e caloroso applauso a scena aperta, che non si placa né dà segno di diminuire nemmeno dopo tre uscite dell’intero cast: un’accoglienza così calorosa e sentita assolutamente meritata, che rende giustizia a uno spettacolo appassionato e appassionante.
Visto il
13-02-2010
al
Storchi
di Modena
(MO)