Massacrare! Questa è la parola d’ordine della compagnia di scalcagnati artisti che si presenta in scena attorniata da rifiuti ed oggetti di risulta. In realtà si tratta di Artisti con la “A” maiuscola che, provenienti dalle realtà più differenti dello spettacolo italiano (Prosa, Cabaret, Teatro di strada, Musica, Sceneggiata napoletana), sono stati messi insieme dal regista Leo Muscato con la manifesta intenzione di “massacrare”, appunto, il classico dei classici, quel “Romeo e Giulietta” di Shakespeare di cui questa stagione si contano almeno una mezza dozzina di allestimenti, se inseriamo fra questi anche l’adattamento a Musical “MALARIA”. In realtà quanto annunciato è solo una delle tante provocazioni, benigne, di questa messinscena, poiché ben altri sono stati i massacri effettuati ai danni del capolavoro del Bardo, essendo l’adattamento e la regia di Muscato figli di un lavoro di grande onestà intellettuale e rispetto filologico. Si, proprio così, anche se gli interpreti non sono fisicamente quelli che l’immaginario collettivo vorrebbe nei ruoli dei personaggi immortali di Shakespeare, anche se le musiche, suonate egregiamente dal vivo da Dario Buccino, sono un insieme di contaminazioni di canti popolari del repertorio folk italiano e successi pop quali “Il tempo se ne va” di Celentano, “Reality” (dal film “Il tempo delle mele”, qui irresistibile colonna sonora del primo incontro tra i due amanti) o “Don’t worry, be happy”, e anche se Giulietta si affaccia da un balcone costruito con un lenzuolo teso tra due tiranti ed è illuminata da un palloncino che rappresenta la luna, anche se tutto sembra quindi uscire fuori le righe della tradizione, in realtà riporta, nella prima parte, il testo all’antica matrice, quando il suo autore rappresentava le sue opere nel suo Globe ad un pubblico che certamente non era costituito dai raffinati intellettuali che in seguito hanno trasformato un dramma tanto poetico quanto popolare in una tragedia piena di sottotesti spesso chiari solo alla mente dei registi che l’hanno rappresentata. Assistiamo quindi ad un gioco teatrale intelligente e coinvolgente, in cui ogni attore ha almeno tre ruoli da coprire, così Mercuzio e Madonna Capuleti vivono in scena grazie ad un irresistibile Ernesto Mahieux, la balia, petulante e maltrattata, ha il viso pacioso e la straordinaria simpatia di Pier Francesco Loche, patron Capuleti, in elmetto da guerra e palandrana glitterata ha il vigore e l’espressività del bravo Marco Godetti, e Paride, in parrucca bionda e occhiali da sole, è in scena attraverso la metateatrale presenza (e questa volta il termine non è usato impropriamente) di Giordano Mancioppi. Ma, dopo la morte di Mercuzio, così come nel testo originale, il gioco si ferma, per lasciar passo al dolore, alla poesia dei due protagonisti, e loro, il prototipo degli innamorati di tutti tempi, la quintessenza della passione giovanile, il simbolo del candore e della determinazione amorosa, sono interpretati da due gentili signori di mezza età, già, ma poco importa se Salvatore Landolina è un Romeo con occhiali ed incipiente calvizie e Ruggero Dondi (il migliore in scena) è una Giulietta dalla barba canuta, entrambi infatti, ed è questa la magia del Teatro ed il successo dell’operazione di Muscato, ci offrono una rara verosimiglianza espressiva dei loro personaggi e riescono a commuovere anche il pubblico più scettico per la sfortunata sorte dei due amanti. Lo spettacolo coinvolge e convince, per interpretazione, regia, taglio drammaturgico, e quant’alto contribuisce alla sua realizzazione, comprese le belle luci disegnate da Alessandro Verazzi e la geniale creazione di scene e costumi ad opera di Maria Carla Ricotti, ed infatti alla fine il pubblico, dopo aver riso e applaudito per tutta la durata dello spettacolo, attribuisce allo spettacolo un doveroso e meritato successo.
E questa volta, ci scommettiamo, mister William se la ride di gusto.
Napoli, TEATRO TRIANON 22 Febbraio 2006
Visto il
al
Ponchielli
di Cremona
(CR)