Matelica, teatro Piermarini, “Nati sotto contraria stella – Romeo & Giulietta” di Leo Muscato da Shakespeare
GLI INNAMORATI, UN ANNO DOPO
Riparte per il quarto anni la turnè di “Nati sotto contraria stella – Romeo & Giulietta”prodotto dalla Leart', un'operazione di ri-scrittura curata dal regista Leo Muscato e azzeccata, a conferma, come scriveva Italo Calvino, che un classico è tale perchè non smette mai di dirci quello che ha da dire. Ma solo quando è intelligente l'approccio, riuscendo a dimostrare come, nonostante l'inadeguatezza (voluta) della scenografia, dell'attrezzeria, degli stessi protagonisti, quel testo sia sempre tragico e commovente.
Nel più autentico spirito elisabettiano, solo uomini interpretano più parti. Un gruppo eterogeneo (l'unica cosa che li unisce è il non essere adatti alle parti assegnate) di comici girovaghi mette in scena il dramma, mescolando vicende personali, solidarietà ed invidie, alle battute. All'inizio sembra che lo scopo sia destrutturare il testo, più che riscriverlo, farlo a pezzi. Ma la vicenda è raccontata in modo divertente ma al tempo stesso con garbo ed ironia ed il plot riconoscibile. La prima parte dello spettacolo ha più il gusto della battuta immediata e sembra scivolare verso la parodia. Poi all'improvviso tutto cambia. Giulietta ha il tutù come una ballerina di Degas e le alucce come le bambine alle recite scolastiche, ma veste la maglietta della salute ed esibisce la barba bianca, segno della non giovane età di chi la interpreta, un bravissimo Ruggero Dondi. Questa Giulietta non si separa mai dall'ombrellino di plastica rossa (che ricorda la strehleriana protagonista di “Giorni felici”), è così romantica, così estraniata, così convincente e languida, in tale simbiosi e al tempo stesso sideralmente lontana da quello che la circonda, da essere dolorosamente viva e penetrante nel cuore. Grazie a lei tutto diviene suggestione, la balia (Paolo Bessegato), Romeo (Salvatore Landolina), i Capuleti, i Montecchi e gli altri (Marco Gobetti e Giordano Mancioppi). E quella scena fatta di tutto e di niente, come il lenzuolo che diventa balcone. E gli splendidi costumi di Carla Ricotti, così appropriati, perfetti. A testimoniare che il teatro è fatto di idee, di parole. Il filo della narrazione è l'accompagnamento musicale suonato dal vivo dal bravo Alessandro Grazian, che spazia da Mozart (Don Giovanni) alla colonna sonora de “Il tempo delle mele” (Reality, per il primo incontro dei due innamorati, struggente, anche nella dissacrata versione rock per voce e chitarra) a tanto altro suonato con la sola chitarra.
È passato un anno rispetto al precedente passaggio a Tolentino da me recensito e sembra non esserci nulla di nuovo, fortunatamente: questo è uno di quegli spettacoli fortunati che si vorrebbero rivedere, ogni tanto. E continuare a ridere e a commuoversi. A sognare. Verificando che le cose non sono cambiate (a volte è un bene che sia così).
Rispetto alla stagione precedente c'è oggi Riccardo Zinna, in sostituzione di Ernesto Mahieux ed è un cambiamento non da poco: Mahieux è il classico “comico” che gioca con le parole e con la sua scarsa altezza, su cui è incentrato il personaggio; Zinna propone una Madonna Capuleti ancora in accento napoletano ma che non ironizza più (ovviamente) sulla sua bassezza e che ha i modi e i gesti tipici di Zinna. Per il resto il cast è affiatato e convincente. Il pubblico ride e, immancabilmente, si commuove.
Dopo due prove interessanti come le riscritture da Shakespeare e da Ibsen, Leo Muscato, che di recente ha vinto il premio dell'Associazione Nazionale Critici di Teatro, è atteso nel cechoviano Gabbiano prodotto dal Teatro Stabile delle Marche che debutterà in marzo.
Visto a Matelica, teatro Piermarini, alla prova generale del 6 febbraio 2008
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Ponchielli
di Cremona
(CR)