Il nuovo testo di Enzo Moscato, Ronda degli Ammoniti, grazie al quale entrano sulla scena atmosfere e presenze rarefatte eppure molto penetranti, fra le quali il maestro di scuola Benedetto Casillo tiene i fili del tempo e delle storie.
Al Napoli Teatro Festival Italia arriva in prima assoluta il nuovo testo di Enzo Moscato Ronda degli Ammoniti, grazie al quale entrano sulla scena atmosfere e presenze rarefatte eppure molto penetranti, fra le quali il maestro di scuola Benedetto Casillo tiene i fili del tempo e delle storie.
Una classe morta
I banchi della classe di una scuola creano una macchina del tempo fuori dall'immaginario, con un espediente che potrebbe tornare alla memoria la classe morta di Kantor, mentre ci si avventura nel vocabolario e nel proemio alla ricerca di una identità linguistica in cui collocare questa ronda, ma soprattutto questi ammoniti, prima che se ne ascolti la melodia esplicita.
Quei banchi si trovano nella scuola elementare comunale “Emanuele Gianturco” di via Francesco Girardi 15, qui nominata come “Emanuele Gi”, che secondo una leggenda era attraversata spesso dalle anime e dalle presenze degli alunni (una ventina, pare) suicidatisi gettandosi nel cortile dal quarto piano. E tali son coloro che siedono nei banchi: fantasmi di ex bambini tenuti in vita dalla morte, soldati oppure adulti mai nati, perché il ventennio della storia (1897-1917) collega l'infanzia alla prima età utile per morire nelle trincee della Grande Guerra. Forse proprio per questo, tutti quei suicidi: per sfuggire alla terribile morte in battaglia, per sceglierne un'altra.
L'autorità e la culla
Il chiacchiericcio sembra quello di una scuola qualunque e quasi normale; il maestro siede alle loro spalle, aumentando così la sensazione del controllo, e cerca di mantenere una linea normalizzatrice ordinando una copia dalla pagina 5 del sussidiario Ghirlandetta, ma contribuisce attivamente ad infarcire di simboli le relazioni temporali e personali (in una scena si mostra cieco, come se l'autorità non vedesse, non riconoscesse i singoli). Benedetto Casillo è particolarmente a suo agio nell'ironia, come ci si può attendere, ma anche calato con intensità nel dramma che forse gli sfugge, forse no, dovendo rimanere a metà strada fra la consapevolezza ed il mantenimento dell'ordine costituito.
Anche grazie alla presenza catalizzatrice di Enzo Moscato, lazzi e demoni si susseguono, sovrapponendosi venti anni di storie su tappeti musicali coevi ("Fiocca, la neve fiocca", "Passa la ronda" ma anche il successivo "Desiderio"), alternando sempre la carne viva e la carne morta, a negarsi l'un l'altro e a sfidarsi, quasi in un cannibalismo reciproco, un groviglio che dall'esterno si può distinguere ma non separare ("So' suicidi e richiamati, nun so' manco sutterrati...").
Enzo Moscato (ultimo premio ricevuto: UBU per la carriera 2018) affronta con mano delicata la memoria e quello spazio doloroso comune che ognuno sente come unico, e non ci priva infine di un marchio-culla che risuona talvolta come una cantilena, talaltra come una filastrocca, con quelle ripetizioni che creano acme: teniamocelo stretto, questo poeta plurilingue che cammina sul ciglio di una bassa scogliera, che evoca i maledetti e verga con la sua mano una firma inconfondibile, un segno che contraddistingue il lavoro come la particolare ocra rossa, inorganica e naturale, identificava le pareti pompeiane.