Lirica
SALOME

IL LATO OSCURO DELL'IO

IL LATO OSCURO DELL'IO

Uno spazio teatrale totalmente proiettato verso la platea, quasi a far sì che il dramma penetri maggiormente nella vita di ognuno di noi e si attualizzi, l'orchestra posta sul fondo oltre un velatino nero, una luna magnetica che riflette i propri raggi sull'argento delle rocce, il pavimento fatto di vetri frantumati, scintillanti globi celesti illuminati a neon, una scala tortile che ascende al cielo verso il nulla, specchi e tante cianfrusaglie a sottolineare l'opulenza di Erode, questi i segni distintivi delle bellissime scene di Salome curate da Walter Schütze, il quale, con grande maestria, ha saputo creare un'atmosfera onirica che funge da perfetta cornice del dramma.

La regia di Manfred Schweigkofler delinea una protagonista quasi ferina, incapace di controllare le proprie pulsioni, una bambina capricciosa e viziata che non ha voluto o saputo crescere, lucida e nel contempo folle, manipolatrice e diabolica. Ella danza, languida e sensuale, per un Herodes che la guarda immerso in una vasca ricolma di schiuma insieme ad alcuni cortigiani, ma danza anche nel finale, quasi come una baccante, in un'agghiacciante scena di necrofilia durante la quale ella bacia ripetutamente la testa mozzata di Jochanaan e finisce per lordarsi tutta del suo sangue.
Accanto a lei, Herodes è debole e passivo, quasi demolito all'interno dalla propria lascivia, perversamente attratto dalla principessa; Herodias si mostra invece algida, dura, crudele, decisa a tutto pur di perseguire il proprio intento.
A tutti loro si contrappone un Jochanaan intangibile nella sua purezza, granitico, preso dai propri pensieri e ormai proiettato verso un altro mondo.
Il messaggio dell'opera è universale e questo fatto è ben evidenziato dai costumi senza tempo, curati da Kathrin Dorigo, che mirano a sottolineare le caratteristiche precipue di ogni personaggio.

Davvero eccellente il cast, ottimo per qualità vocali e attoriali nel suo complesso. Estremamente coinvolgente la Salome di Cristina Baggio, sempre attenta ad ogni sfumatura e completamente assorbita dalla parte: la voce è solida e supportata da una tecnica impeccabile. Bello e caldo il timbro del Jochanaan di Samuel Youn che sa ben interpretare il senso di distacco del personaggio e si rivela capace di grande comunicatività. Scott MacAllister è davvero persuasivo nel delineare le incertezze di cui è vittima il Tetrarca, ha voce solida, sicura e sempre ben modulata. Fiera ed altera l'Herodias di Anna Maria Chiuri, elegante nei movimenti e nell'emissione, perfetta nell'intonazione. Bene il Narraboth di Harrie van der Pals, abbigliato come un bulletto di quartiere, convincente ed incisivo. Con loro i cinque ebrei, vestiti come se fossero appena usciti da Mea Shearim, Michael Scott, Rouwen Huther, Ulfried Haselsteiner, Giorgio Misseri, Patrick Simper e i due Nazareni, con casacche color pesca, Kristof Klorek e Riccardo Botta.

Niksa Bareza ha ben diretto l'Orchestra Haydn di Bolzano e Trento e l'Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna le quali, in perfetta fusione, hanno dato ottima prova di sé, sapendo ben interpretare le intenzioni della direzione che, in accordo col palcoscenico, è stata capace di sottolineare in modo incisivo i momenti lirici e i momenti di pathos della partitura.

Il pubblico, entusiasta, ha tributato sul finale lunghissimi applausi.

Visto il
al Municipale di Piacenza (PC)