Lirica
SALOME

Milano, teatro alla Scala, “S…

Milano, teatro alla Scala, “S…
Milano, teatro alla Scala, “Salome” di Richard Strauss ATLETICA SALOME Nadja Michael ha un passato come campionessa sportiva e si vede: è una Salome atletica, agilissima nella parte danzata, si lancia in piroette, spaccate, torsioni, salti, tanto che non ha bisogno di una controfigura. Anzi, la danza dei sette veli è molto erotica e sensuale, seppure rimane completamente vestita, potenza della suggestiva coreografia di Lucinda Childs e di quei veli sfilati e lasciati cadere, oppure aggrovigliati sulla testa di un inebetito Erode, oppure lascivamente fatto cadere nella cisterna in cui è rinchiuso Giovanni. Mai si era vista una Salome così felicemente dentro il ruolo sia fisicamente che drammaturgicamente. Inoltre la Michael è anche un'attrice dalla forte presenza scenica e dalle movenze feline e seducenti; per la parte cantata ha riscosso un successo clamoroso di pubblico, la voce è ha un bel timbro, è potente ed affronta senza risparmiarsi la partitura, fino al temibile finale. Però, se il registro grave e quello medio sono impeccabili, ha rivelato lacune nell'acuto, dando a volte l'impressione di tendere a forzarlo, fino a gridare. Di gran livello i comprimari. Peter Bronder è un Herodes nervoso e infoiato; bella la citazione classica del velo sul viso nel momento della richiesta di Salome, a coprire le espressioni di dolore e sofferenza. Iris Vermillion è una Herodias dominatrice, anche per altezza, con quell'azzeccata parrucca a forma di conchiglia che la rende ridicola, fuori luogo. Falk Struckmann è un Jochanaan forte e cupo, però non mi ha convinto l'uso del microfono quando egli è nella cisterna, un effetto di altoparlante poco seducente. Convincenti il Narraboth di Matthias Klink e il paggio di Natela Nicoli. La regia di Luc Bondy è rispettosa del testo, seppure ambienta l'azione in epoca contemporanea, trasformandola in un cupo dramma familiare dentro un asfittico ambiente borghese che ricorda un bunker con vaghi rimandi ottocenteschi (le lesene con i capitelli corinzi, le persiane alle finestre). Al centro un rialzo copre la cisterna-prigione del Battista, un elemento a forma di parallelepipedo che si rivela molto efficace per i movimenti degli attori, soprattutto di Salome. Le scene di Erich Wonder ed i costumi di Susanne Raschig completano la ricostruzione, illuminati dalle luci claustrofobiche di Alexander Koppelmann. Tutto è improntato a una visione ibseniana del dramma personale e familiare, dove sono curati particolarmente la gestualità e le movenze: la lotta, intima ed esteriore, è tra membri della stessa famiglia, la Corte non c'entra. All'inizio un esplicito omaggio a Oscar Wilde, in cui è personificato senza ombra di dubbi l'uomo di Cappadocia, Mauro Malinverno. Risultato dello spostamento temporale, i Giudei sono ebrei di oggi e i Nazareni sono hippies. Daniel Harding torna a lavorare con Bondy dopo l'Idomeneo scaligero che inaugurò la scorsa stagione. Qui ha diretto con veemenza giovanile, correttamente, ma senza le ariosità che la partitura offre; soprattutto ha dato l'aria di essere troppo approssimativo nei momenti che richiedevano maggiore leggerezza ed a volte non si è curato del raffinato disegno musicale, assecondato da un'orchestra in stato di grazia. Nell'ascoltatore si crea comunque una grossa tensione emotiva (non inutilmente è un atto unico) e il suono orchestrale è ottimo. Grandissimo successo di pubblico per uno degli spettacoli più belli visti ultimamente alla Scala. Un un loggionista, durante gli interminabili applausi finali, ha gridato contro Paolo Isotta. Visto a Milano, teatro alla Scala, l'8 marzo 2007 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Teatro Alla Scala di Milano (MI)