Santa Libertà è uno spettacolo scritto e interpretato da Fabio Mangolini, che si avvale dell’accompagnamento musicale di Marco Paganucci al pianoforte andato in scena a Lecco allo Spazio Teatro Invito.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Tra confidenze informali e cronache ufficiali
Con l’ausilio di una scenografia minimale: una sedia, un leggio, un telo per proiettare immagini e video, Fabio Mangolini ci svela grado a grado dettagli e particolari di una vicenda pressoché misconosciuta, che ha per protagonista una nave o, con più precisione, un transatlantico. Non a caso la prima immagine proiettata è quella del mare, aperto e schiumoso, che subito coinvolge e immerge lo spettatore nella storia che sta venendo raccontata.
Mangolini – e questo è un pregio del suo lavoro – varia registro, tono di voce e mimica facciale, a seconda del momento. Quando si mette a sedere, lo troviamo nei panni di un uomo che rievoca le vicende narrate, come se le avesse vissute in prima persona, come se fosse un amico che ci rivela la sua storia, impiegando la voce, le espressioni del viso, le gestualità per creare un’atmosfera distesa e confidenziale. Quando invece si alza e si accosta al leggio, muta tonalità, espressioni, tenore, e la voce si fa stentorea, cadenzata al ritmo dell’avvicendamento degli eventi e dei personaggi che presenta.
Una storia inabissata tra le onde
Il 21 gennaio 1961, mentre la guerra fredda tagliava il mondo in due e il democratico John Fitzgerald Kennedy saliva alla presidenza degli Stati Uniti d’America, il D.R.I.L. (Direttorio rivoluzionario iberico di liberazione) sequestrava il transatlantico Santa Maria, in seguito ribattezzato Santa Libertà, in nome della causa a cui le azioni di questo gruppo di rivoluzionari erano votate. Alla guida del Direttorio s’erano posti l'intellettuale galiziano Xosè Velo (tra le altre cose, poeta, drammaturgo e insegnante), il politico e ufficiale portoghese Henrique Galvão e Josè Fernandez Vazquez, il cosiddetto “Comandante Jorge de Soutomaior”.
La nave, che percorreva la rotta tra Caracas e Lisbona, contava 586 passeggeri di diverse nazionalità (c’erano soprattutto spagnoli e portoghesi, ma anche statunitensi, venezuelani, ecc.) oltre a duecento membri dell’equipaggio. L’impresa, che pare non abbia causato vittime tra i passeggeri, i quali anzi testimoniano di essere stati trattati bene durante i tredici giorni del sequestro, voleva denunciare l’esistenza, tenace, duratura e inaccettabile, delle due dittature fasciste nella penisola iberica: quella di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.
Il racconto delle vicende viene intervallato e amplificato da immagini di archivio, che gli conferiscono senza dubbio maggiore concretezza. Ciononostante – e qui risiede l’unico punto debole dell’opera –, l’attenzione di chi ascolta e guarda rischia a tratti di perdersi, tra i tanti riferimenti di carattere geopolitico che si avvicendano rapidi.
Nel complesso, però, non si può negare a Mangolini il plauso per aver sollevato il velo, sotto i nostri occhi, da una storia di cui nessuno parla.