Prosa
SCEMO DI GUERRA - ROMA, 4 GIUGNO 1944

Macerata, teatro Lauro Rossi,…

Macerata, teatro Lauro Rossi,…
Macerata, teatro Lauro Rossi, “Scemo di guerra” di Ascanio Celestini ASCANIO. E NIENT’ALTRO Incredibile Ascanio. Sempre da solo, quasi sempre seduto, qualche neon a posto delle consuete lampadine, interamente posseduto dalla voglia di raccontare, ma al tempo stesso capace di tenere compresenti episodi e fatti diversi, di far convivere in scena decine di personaggi. E certo, in “Scemo di guerra”, forse per la particolare importanza che ha per lui questo intreccio, chiuso con la scomparsa (un paio di anni fa) di colui che glielo ha insegnato (suo padre), il procedere di Ascanio si fa davvero torrenziale. E più che per sottili geometrie e rispondenze interne, come accadeva in altri spettacoli, qui genera un continuo accumulo di materiali. Ma la vera forza di questa macchina narrativa è comunque il suo senso più profondo. Storie senza pietà eppure profondamente umane; la guerra, che non si sa chi la decide e perché e chi la subisce fa quel che può; le divise, che sono tutte uguali; una dolente cifra etica che è il senso stesso dell’esistenza in quelle strozzature della storia in cui non c’è tempo per essere buoni o generosi. Ascanio, irripetibile ed unico. A lui, cantore proletario e brechtiano, bastano una sedia, due frammenti minimi di parete e qualche luce per catturare il pubblico, raccontando una storia che ci riguarda da vicino, oggi come ieri. E a noi basta stare ad ascoltarlo. Lui, che da solo sa fermare il tempo. Lui che da solo fa scomparire tutto il resto. Lui, che, con le sue dense costruzioni poetiche, diverte e commuove. Ascanio. E nient’altro. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 9 gennaio 2007
Visto il
al Fraschini di Pavia (PV)