Prosa
SCINTILLE

Scintille di memoria per le vittime sul lavoro

Scintille
Scintille

La potente prova di Laura Curino, su testo e regia di Laura Sicignano, restituisce voce e dignità alle vittime grazie al lessico degli affetti.

Meritatamente pluripremiato in manifestazioni nazionali e internazionali, Scintille è un atto unico il cui contenuto, ispirato ad un tragico quanto noto episodio di cronaca, ripercorre la faticosa quotidianità delle operaie emigrate negli Stati Uniti agli albori del Novecento per approdare ad una toccante riflessione di carattere universale sulla difficile condizione di vita dei lavoratori.

Otto marzo

Otto marzo 1848, otto marzo 1957…una lunga sequenza di date miliari nella storia delle rivendicazioni femminili introduce la vicenda del sogno americano brutalmente appassito per le centinaia di operaie arse vive nell’incendio della Triangle Waistshirt Company di New York il 25 marzo 1911. Ma la lotta per i diritti delle donne costituisce solo lo sfondo ispiratore di un monologo che senza mai scadere nella trappola dell’ovvio, supera la tradizionale etichetta di teatro civile, introducendo una riflessione di carattere universale sulla condizione dei lavoratori esposti a rischi costanti, vessati e malpagati, sul filo scosceso delle emozioni.

Lungi infatti dal limitarsi ad una semplice rievocazione storica, la potente prova di Laura Curino su testo e regia di Laura Sicignano restituisce voce e dignità alle vittime grazie al lessico degli affetti; rivivendo i fatti secondo lo sguardo prospettico del piccolo nucleo familiare protagonista (una madre e le sue due figlie) fa in modo che parole e gesti ispirati si materializzino sotto gli occhi degli spettatori quasi in senso filmico, di forte impatto visivo e simbolico: la triste parabola di un’illusione, dalla luce della speranza iniziale in una vita migliore alle scintille spettrali delle donne che si spengono in volo.

Grandi narrazioni e memoria collettiva

Benché infatti testo e ambientazione scenografica risultino quanto mai realistici rispetto alle tremende condizioni di vita del lavoro in fabbrica di inizio Novecento, la pièce si affranca dalla tentazione di una riproduzione naturalistica degli fatti. Così, i tre telai industriali presenti sul proscenio rappresentano in principio il sogno di emancipazione dalla miseria della vita nei campi enucleato nell’american dream; in seguito, mentre instancabile, l’unica performer in scena alterna la dolorosa testimonianza alle fatiche della tessitura, il ricordo dei ritmi frenetici di lavoro scanditi dall’esortazione «hurry up» che le lavoratrici si rilanciano l’un l’altra sembra quasi unificare corpi umani e macchine da cucire: e i minacciosi graticci sormontanti le apparecchiature si offrono infine all’immaginazione della regista come micidiali intelaiature di porte e finestre destinate a trasformarsi in trappole mortali.

Una tragedia contemporanea in cui l’energia mimetica della Curino, ripercorrendo piccole e grandi aspirazioni dell’uomo comune, memorie e narrazioni radicate nell’immaginario collettivo - inclusi i pregiudizi ancora ben presenti nel sentire popolare- restituisce la toccante immagine di un’umanità fragile, dalla sorte quanto mai incerta, ben al di là dei soverchianti miti di progresso.

Perché non sia mai più: Scintille a teatro

Nella seconda metà, il tempo della rappresentazione dilata oltremodo i diciotto minuti del disastro in cui perirono, tra le altre, trentanove camiciaie italiane, avendo trovato gli ingressi principali sbarrati dai padroni. Lo svolgimento in esasperata slow-motion accentua il senso di angoscia crescente di chi sa di non avere scampo, mentre le continue virate del punto di vista attoriale comunicano con efficacia la concitazione di chi cerca una via di fuga, finanche lanciandosi nel vuoto.

A questa fine orribile, purtroppo verificatasi in altre catastrofi del recente passato, allude la «grandine di lucide scintille» citata dal titolo, in una messinscena in cui proprio la simbologia della luce riveste un ruolo centrale e le angolature di taglio, i chiaroscuri prodotti dal mutare dei piazzati scenici riverberano stati d’animo e vicissitudini dei personaggi. Di certo, a distanza di oltre un secolo dal rogo della T.W.C. e a dispetto di consolidati avanzamenti tecnici e di storiche lotte sindacali, lo sterminato epitaffio conclusivo di giovanissime vite spezzate impone tutt’oggi all’attenzione della pubblica opinione, il continuo, incredibile stillicidio di “morti bianche”, accompagnato da frequente impunità e dolorosa rassegnazione: le scintille della coscienza civica riusciranno finalmente a mutare il corso degli eventi?

Visto il 09-10-2018
al Verga di Catania (CT)