Venezia e Vienna, uno stretto legame artistico. Mentre nei primi decorsi del '700 i suoi pittori veneziani, assai ricercati dalla nobiltà austriaca, contribuivano alla nascita dello stile rococò, un letterato raffinato ed un fertile musicista, Apostolo Zeno e Antonio Caldara, si erano ben sistemati presso gli Asburgo. Il primo quale Poeta Cesareo, il secondo come vice kappelmeister di J.J. Fux.
Le occasioni di lavoro alla corte imperiale, fra ricorrenze mondane e solennità religiose, di certo non mancavano: frutto ne è anche il melodramma in tre atti Scipione nelle Spagne, dal testo attraversato da passi palesemente encomiastici, dato nell'Hofburgtheater il 4 novembre 1722 per l'onomastico dell'imperatore Carlo VI d'Asburgo.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Un lavoro mai più ripreso da allora, ricostruito sulla base di materiale d'epoca per questa prima ripresa moderna al Teatro Malibran, nell'ambito dell'encomiabile collaborazione tra la Fondazione La Fenice - che ne ha promosso l'allestimento - ed il Conservatorio B. Marcello, che ha messo in campo le proprie forze.
Due docenti stimolanti
Ancora una volta due docenti di notevole attitudine e di ampie vedute lavorano in stretta collaborazione. Sono Francesco Erle, abile interprete del repertorio barocco che ne ha curato la parte musicale guidando con maestria, duttilità e versatilità le giovani voci di cui diremo appresso, e l'agile Orchestra Barocca del conservatorio stesso, formata in gran parte da allievi e trainata da due punte di grande esperienza: Enrico Parizzi e Federico Toffano, pirotecnici primo violino e primo violoncello.
Francesco Bellotto, docente di arte scenica – ma prima ancora, regista acuto e di vasta esperienza - ne ha curato la messa in scena, avendo elaborato un'inedita drammaturgia che sintetizzasse questo Scipione in un'ora e mezzo di spettacolo, senza pause. Lo scopo, in primis, proporre ad un pubblico molto giovane qualcosa alla sua portata. Comprimere, vuol dire sacrificare qualcosa; sono stati quindi scelti, in intesa con Erle, i numeri musicali più importanti. Con rinunce, va da sé, dolorose ma indispensabili.
Ottima l'idea centrale della mise en scéne: sostituire i prolissi recitativi con rapidi interventi estemporanei affidati ad un attore - Marco Ferraro - che indossando le vesti di direttore della propaganda imperiale, con versi dal sapore aulico spinge l'azione presentando i fatti e suggerendo ai personaggi – esibiti come succubi pupazzi dai movimenti impacciati - cosa fare e cosa dire.
Un po' come farebbe il Narratore dell'opera dei pupi siciliana. Non a caso, l'elegante scenografia di Alessia Colosso ha l'apparenza di un teatrino fiabesco, mentre i vivaci costumi di Carlos Tieppo rimandano dritto al mondo delle marionette. Le luci sono di Andrea Benetello.
Nell'insieme lo spettacolo convince appieno: ha una logica assai persuasiva, risolve agilmente il complicato intreccio, e corre spedito verso il finale. E suscita il plauso caloroso del pubblico adulto della recita conclusiva, dopo la proposta alle scuole superiori della città.
Dal Celeste Impero alla Serenissima Repubblica
Questo nuovo allestimento della Fondazione La Fenice nasce all'insegna di “Opera Giovani”. La locandina in effetti allinea interpreti ancora in formazione, ma entusiasti e molto presi dal loro impegno: sono studenti dei corsi di canto del Conservatorio veneziano, in maggioranza escono da un apposito master di produzione teatrale.
Caso curioso, è un cast al cento per cento cinese: Yihao Duan (Scipione), Miao Tang (Sofonosba), Ying Qan (Elvira), Anqi Huang (Luceio), Tianhong Xi (Cardenio), più Rundong Liu (Marzio) e Ziyan Meng (Trebellio).
Segno evidente di quanta attrattiva desti l'opera italiana anche in terre così lontane da noi.