Lo spettacolo Se non sporca il mio pavimento è costruito dunque come un melodramma sobrio, dalle sfumature intimistiche e senza conclamati propositi di voyeurismo e spettacolarizzazione del dolore.
Se non sporca il mio pavimento, diretto da Giuliano Scarpinato, è liberamente ispirato al delitto di Gloria Rosboch, la quarantanovenne insegnante di Castellamonte (Torino), scomparsa da casa il 13 gennaio 2016 e ritrovata morta nel pozzo di una discarica abbandonata, a pochi chilometri dalla sua abitazione.
Sul palcoscenico, la vicenda sfociata nell’agghiacciante delitto appare un racconto dalle tinte fosche e piuttosto romanzate, caratterizzato da sapienti menzogne, specchi unidirezionali e umori cangianti; ma soprattutto, da fughe dalla realtà che durano il tempo di uno schianto in macchina.
L’efficacia degli archetipi
Il fatto di cronaca ha colpito il regista Giuliano Scarpinato per la dirompente forza archetipica dei personaggi. Gioia Montefiori ha 47 anni, è insegnante di sostegno e vive con l’anziana madre (Beatrice Schiros, iconica, anche quando è presente solo in video) nella casa di famiglia. Alessio Benedetti è uno studente di 17 anni con numerosi profili su Facebook, e sogna una società di servizi ad Antibes. Cosimo Comes (interpretato da Gabriele Benedetti), amante e complice del giovane, è un parrucchiere di 54 anni, perennemente in bilico tra spensieratezza, consapevolezza del proprio fallimento umano e lucida follia: possiede un salone di bellezza e parla con un cane morto.
Francesca Turrini, nel ruolo della vittima, è un credibile mix di mestizia e tenerezza, ricettacolo di vane, ma radicate illusioni.
Michele Degirolamo, dopo i personali consensi di pubblico e critica ottenuti grazie al pluripremiato spettacolo Fa’afafine, si cala con una disinvoltura apparentemente forzata nei panni di Alessio, un’identità disturbata, ma forse proprio per questo resa più umana. A livello interpretativo, però, prevale il lato narcisistico e indisponente del personaggio, tanto da far pensare che non possa arrivare a commette un delitto così spregevole con la stessa spietata freddezza dimostrata dall’assassino nella realtà. Soprattutto considerando il momento di illusoria ma tangibile tenerezza, condiviso dai due protagonisti, prima della violenza, sulle note di I Will Always Love You, di Whitney Houston.
Prigionieri di una bolla d’acqua
La drammaturgia di Giuliano Scarpinato e Gioia Salvatori si accosta solo in parte a una rielaborazione del mito di Eco e Narciso, narrato da Ovidio. Il maggiore riferimento alle Metamorfosi non è contenuto nel testo o nell’impostazione registica, bensì nello spazio scenico e nel progetto video, molto simili a quelli del precedente lavoro, Fa’afaifine: la cameretta dove l’insegnante e il suo carnefice si incontrano diventa una bolla d’acqua, nella quale i due si rifugiano aggrappandosi all’opaco riflesso delle rispettive vulnerabili identità.
Lo spettacolo Se non sporca il mio pavimento è costruito dunque come un melodramma sobrio, dalle sfumature intimistiche e senza conclamati propositi di voyeurismo e spettacolarizzazione del dolore. Tuttavia, la profonda caratterizzazione dei personaggi non sempre riesce a tradursi in appropriata incisività e cruda aderenza alla realtà.