SEI BRILLANTI
Mi risulta difficile scrivere su Sei brillanti.
Poli è uno degli artisti che ho sempre stimato e seguito, è un teatrante eclettico e capace di affrontare temi crudi con leggerezza ed acume.
Ma stavolta si può dire che lo spettacolo non è stato all’altezza delle aspettative.
In una scenografia meravigliosa prende vita un rito puramente edonistico, mascherato da allegra carrellata canzonettistica del ‘900.
Infiniti ed onanistici cambi di costume, ballettini senza capo ne coda composti da coreografie banali ed eseguite all’insegna dell’approssimazione,di cui alcune insignificanti al limite dell’imbarazzo,col solo scopo di tappabuchi tra un cambio di costume e l’altro.
Lei “sei brillanti penne”, quando compaiono, esaltano senza ombra di dubbio le note qualità del Poli gran mattatore e ,se si segue bene ciò che gli attori dicono, ne si evince anche la forza drammatica di questi testi. Ma si deprimono ,queste parti, in una totale assenza di ascolto tra gli attori e quindi di dialogo ed in un grottesco fine a se stesso.
Il tutto contornato da una tentata satira nei confronti della chiesa,che nulla ha in comune con i sottili giochi scenici, pittoreschi e maliziosi,a cui Paolo Poli ci aveva abituato.
Per citarne solo uno: è facile far ridacchiare il pubblico travestendosi da sacerdote-modello Versace e cantare “Bello e impossibile”, ma la satira dov’è?
Bisogna dire che in sala parte del pubblico si è divertito,ed il pubblico è sovrano
(anche se Amleto nella seconda scena dell’atto terzo parlando con gli attori fa capire che non la pensa proprio così)
ma da Poli ci si aspettava di più. E meglio.
Un ultima riflessione, che nulla,e ripeto NULLA,ha a che vedere con questo spettacolo:
stiamo assistendo alla lenta morte del vero pubblico di teatro,quel pubblico paragonabile ai famosi loggionisti dell’opera.
Si è radicato un (per cosi dire) imborghesimento , una sorta di perbenismo col mignolo all’insù, sarò provocatorio, un ipereducazione fuori luogo.
Si sta perdendo senso critico, analitico, non si scinde piu l’opera dall’artista che la inscena,e si continua ad applaudire, pigri,anche quando lo spettacolo ci fa schifo o ci annoia,ed ultimamente la noia sembra un virus contagiosissimo. Applaudiamo.
Certo per educazione e una sorta di buon senso.
Bene. Non ci lamentiamo allora quando le grandi produzioni ci propineranno ancora la banale commediola o la supertragedia, recitate in modo orribile dai soliti cani o tromboni venduti alle avide menti del pubblico di teatro come “grandi interpreti” o “straordinaria partecipazione di”.
Il teatro vive da più di 2000 anni perché si è saputo evolvere con l’uomo ed ha aiutato l’uomo ad evolversi.
Ma l’evoluzione la fanno autori,attori,registi,macchinisti,sarti,scenografi…ed il pubblico.
Teatro Eliseo
Roma 19/12/06
Visto il
al
Verdi
di Padova
(PD)