Prosa
SEI PERSONAGGI IN CERCA D'AUTORE

La trama. In un teatro, alc…

La trama. 
In un teatro, alc…
La trama. In un teatro, alcuni attori stanno provando una commedia, supervisionati dal regista (Carlo Cecchi). Ma ecco che irrompono in scena “The Others”, i protagonisti del titolo, tutti vestiti di scuro: Padre, Madre, Figlio, Figliastra, Giovinetto e Bambina. Cosa vogliono? L’autore, ovviamente. E iniziano a ossessionare il regista affinché il loro dramma familiare sia rappresentato in teatro, visto che già i romanzieri avevano dato picche. La trama nella trama. Il Padre ha avuto il Figlio dalla Madre. La Madre, successivamente, si riforma una famiglia con un altro uomo, peraltro incoraggiata dallo stesso Padre. Da questo nuovo uomo la Madre ha tre figli (Giovinetto, Figliastra e Bambina) finchè resta vedova. Le storie delle due famiglie si intrecciano ancor più quando il Padre incontra la Figliastra in una casa d’appuntamenti. I due non consumano per il rotto della cuffia (grazie alla Madre) e il Padre, impietosito, riaccoglie la moglie, fondando una nuova famiglia. Purtroppo la situazione si rivela disastrosa, soprattutto per la Madre, capro espiatorio della sofferenza (e dell’insofferenza) della famiglia. Fino al dramma: la Bambina muore annegata, il Giovinetto si spara alla tempia, Madre e Figlia cadono in depressione e in isteria, il Figlio trasuda intolleranza verso il mondo. Il regista è scettico sulla storia e sugli esiti di una tale messa in scena, ma il Padre ribadisce che è pura realtà, non finzione. In fondo, le trame atroci di Pirandello sono sempre celate (ma non troppo) in quel conflitto tra realtà e finzione. Ognuno recita un ruolo, tutti hanno una maschera. Lo diceva già Shakespeare: il mondo è un palcoscenico dove ogni uomo deve recitare una parte. Anche quando si pensa di essere diversi, di distinguersi dalla massa, si ricade comunque sempre nello stereotipo. Ognuno nasce con un ruolo prefissato, per cui si nasce anche personaggi. Ma ci si può anche diventare, da “normali” quali siamo. Tutto si intreccia, dunque. Realtà e finzione, realtà e realtà, finzione e finzione. Tutto questo si mescola, si fonde e sfocia nel “play within the play”, il teatro nel teatro, cavallo di battaglia del sopracitato Bardo. Allestire un testo del genere è una sfida. Per il rischio noia da classico ritrito, soprattutto. Invece Cecchi ne fa una commedia frizzante, che elude la regia tradizionale. Ovvio, il destino nero della famiglia si compie comunque. Ma è la rilettura che è diversa, anche in termini temporali: commenta e critica la generazione di sessantottini (!), si prende gioco della Figlia per l’accento napoletano (da lui poi! anch’egli partenopeo!), invita rassegnato a rispondere al solito idiota che la sera della prima ha lasciato il cellulare acceso. Insomma, per chiudere, pur nello scetticismo il regista accetta la proposta del Padre, più che altro perché incuriosito dal risultato finale. A dire il vero, nemmeno lui sa cosa ne verrà fuori. A volte tenta il colpo gobbo e chiama i “veri” attori a interpretare i ruoli della disastrata famiglia, ma Dio ce ne salvi ! obiettano i sei personaggi. Gli attorucoli di professione non sono all’altezza della realtà, non potranno mai rappresentarla totalmente e con il giusto pathos. La realtà, la realtà. La grande ossessione di Pirandello e di tutti i suoi personaggi, da sei a centomila. Chissà come reagirebbe il Luigi nazionale (peraltro Nobel) agli odierni reality show e agli istant movies basati sulla tanto citata “realtà”. Anche quelli di cui siamo solo testimoni live in tv, come il processo di Cogne. Probabilmente ne andrebbe matto.
Visto il
al Circus Visioni di Pescara (PE)