Comico
SERATA D'ADDIO

Maiolati Spontini (AN), teatr…

Maiolati Spontini (AN), teatr…
Maiolati Spontini (AN), teatro Spontini, “Serata d'addio” di Paolo Villaggio da Checov e Pirandello LA VITA E' UNA COSA MERAVIGLIOSA Il teatro racconta la vita con gli occhi dell'autore. Questo avviene in “Serata d'addio”, dove Paolo Villaggio mescola letteratura a frammenti di vissuto personale. Una voce fuori campo annuncia che non sarà una serata da ridere e invita a non applaudire: si alza il sipario e sullo sfondo nero del palcoscenico appare il protagonista, seduto, tutto vestito di nero con i capelli bianchi, immerso in una luce crepuscolare. Il pubblico non lo sa, ma quello che sta per iniziare è un viaggio all'interno di un flusso di coscienza. C'è la summa di 55 anni di “vita” sul palcoscenico e nei testi scritti dallo stesso Villaggio, per raccontare l'angoscia esistenziale del “tragico quotidiano”, ma anche per mostrare se stesso, tutto ciò che ancora non è riuscito a dire con Fracchia e Fantozzi. A volte la loro voce e la loro gestualità escono fuori, e il pubblico applaude, ma in realtà il protagonista è l'uomo Paolo Villaggio, i suoi ricordi di ragazzo, con il fratello, il sapore della prima sigaretta, ricordi di scena accanto ad una giovanissima Ottavia Piccolo, i tanti mestieri della giovinezza. E' un percorso all'interno delle tre età dell'uomo, dalla giovinezza del primo monologo, alla maturità del secondo, alla fine del terzo. Lo spettacolo inizia con una “conferenza contro le dipendenze”, vago ricordo de “Il tabacco fa male” di Cechov, pretesto per raccontare il tunnel della dipendenza, da tabacco, alcool ed eroina, tragici protagonisti delle cronache e dei telegiornali. Il secondo monologo di Cechov “Il canto del cigno” Villaggio lo traduce in una riflessione sul teatro e sulla vita dell'attore, con aneddoti e racconti della sua lunga carriera, con incursioni nel meta-teatro, concludendo, sulle note di “Imagine” di John Lennon, con un “addio” alle scene. La morte imminente, realtà ineluttabile per un responso medico, è il tema del terzo monologo, ispirato a “L'uomo dal fiore in bocca” di Pirandello. La tristezza e il senso di sfacelo di una vita all'epilogo si stemperano nel finale, sulle note di “What a wonderful world” di Luis Armstrong, con la frase finale di un padre morente ai suoi figli “Qualunque cosa succeda, ricordate che la vita è una cosa meravigliosa”. Il sipario si chiude, ma Villaggio riappare. “Non ho alcuna intenzione di andarmene” annuncia sarcasticamente, nè dal teatro nè dalla vita a cui “sono tenacemente attaccato”. Si conclude così una serata onirica, grottesca ed ironica allo stesso tempo, dove la dimensione del teatro come riflessione sulla vita prevale sulle altre, dove è la narrazione a costruire scenografie immaginate, partizioni inesistenti nel fluire dello spettacolo, unica forza magica che incolla lo spettatore all'ascolto. Una serata che rende conto della dimensione complessiva di Paolo Villaggio, autore, attore versatile, sceneggiatore, che riesce ad adattare con leggerezza testi di Cechov e Pirandello alla sua fantasmagorica vita. Fantozzi è morto, lunga vita a Villaggio. Visto a Maiolati Spontini (AN), Teatro Spontini, il 31/10/2007 MONIA ORAZI
Visto il
al Della Cometa di Roma (RM)