Lirica
THE SERVANT

Macerata, chiesa di San Paolo…

Macerata, chiesa di San Paolo…
Macerata, chiesa di San Paolo, “The servant” di Marco Tutino L'IMPOSSIBILE CALMA DEL CUORE Alla fine del tour de force delle quattro prime consecutive in quattro sere arriva la sorpresa, lo spettacolo più bello e seducente del festival. Debutto in prima mondiale della nuova opera di Marco Tutino, che trae spunto e libretto dalla novella di Robin Maugham, nipote del più famoso William Somerset. Era necessario distanziarsi dal celebre film del 1963 di Losey-Pinter, era necessario avvincere il pubblico con una torbida vicenda dai risvolti omoerotici. E ci si è riusciti. La vicenda racconta di un ricco quanto inetto e debole rampollo inglese che assume un maggiordomo; il rapporto subisce via via un ribaltamento al punto che si crea una sudditanza prima fisica poi psicologica del padrone nei confronti del servo. La musica di Tutino riesce a creare una atmosfera tesa, a raccontare quello che le parole non possono e non debbono dire. Gli archi suggeriscono e mostrano, dentro e fuori: le difficoltà relazionali, l'impossibilità di mantenere un'ordine aprioristico, la ricerca di un impossibile equilibrio nel quotidiano e nella mente, l'impossibile calma del cuore. Fondamentale la scelta dei (pochi) strumenti, archi, pianoforte e marimba, che aumentano l'intimità della suggestione musicale, anche grazie alla mano sapiente del direttore Guillaume Tourniaire. Perfetta la scelta del luogo di rappresentazione (nonostante qualche eco), sotto la cupola della chiesa di San Paolo, oggi auditorium dell'Università degli Studi, sistemata come un ring da pugilato, col pubblico su ogni lato del quadrato, una situazione in cui il rapporto che viene narrato è dissezionato, osservato da ogni angolazione con il voyeurismo dello scrutare nella vita intima degli altri. Gabriele Lavia, autore di regia, scene, costumi e luci, ha pensato a una pedana di terra dove stanno affondando i pochi mobili di un appartamento scuro e livido, un letto, un divano, due tavoli da cucina e da sala da pranzo, un frigorifero. La terra rossiccia rende più pesante e faticoso l'incedere dei protagonisti, come nella vita. I costumi di Kenzo situano l'azione negli anni Sessanta. Lavia riesce a creare tensione tra i personaggi, il lavoro fatto sulla gestualità e sull'espressività è meticolosissimo ed il cast risponde in maniera ottimale. Alfonso Antoniozzi è Barrett, il servo formale e ipocrita che riesce a rendersi indispensabile nella vita del padrone, poi ad influenzarne la vita privata (gli piazza nel letto la sua amante Vera) ed a rovinare la sua storia con Sally, fino a renderlo completamente succube. Già nella seconda scena un gesto molto intimo: il servo massaggia le piante dei piedi al padrone. Mark Milhofer è Tony, che lentamente si lascia andare, debole, annientato nella volontà, un uomo alla deriva rovinato da un cattivo incontro. E dalla propria debolezza. Prima identifica Barrett con l'ordine nella casa, poi con le novità nella vita, infine con una sudditanza che si immagina divenire anche fisica. Giuseppina Piunti è Sally, voce scurissima quasi da mezzo, donna manager elegante ed altera, fredda e distaccata, che non riesce a salvare Tony dal baratro nemmeno nell'ultimo, umiliante incontro: però Sally riesce ad andarsene lasciando, nel finale, Barrett, Tony e Mabel nel letto, avvinghiati. Ruth Rosique è prima una focosa Vera-Lolita, poi una sadomaso Mabel. Pubblico catturato dalla rappresentazione, molti applausi alla fine per tutti. Visto a Macerata, chiesa di San Paolo, il 27 luglio 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Lauro Rossi di Macerata (MC)