Importata direttamente da Manhattan (New York) arriva in Italia la serie televisiva, cult per le single, fidanzate annoiate e fidanzate felici di tutto il globo, Sex in the city. Il primo debutto a Roma a Febbraio e, dopo il successo ottenuto, la produzione ha realizzato un secondo episodio che ha debuttato a Milano Mercoledì 13 Dicembre al Teatro delle Erbe, portando in scena la versione italiana delle quattro ragazze protagoniste della serie: Chiara, Monica, Sara e Carla.
L’arduo compito di rappresentare a teatro una fiction televisiva spetta alla regia di Fabio Crisafi e la presenza di alcuni personaggi dello spettacolo, più o meno famosi, come Beppe Convertini e Fanny Cadeo risalta ancor di più il carattere prettamente televisivo, stile fiction, dello spettacolo. Ma, seppur venga sottolineata la postilla “liberamente tratto da…”, se pensiamo a quale serie televisiva il regista si sia voluto ispirare tale immaginazione risulta difficile e poco spontaneo, soprattutto richiamare alla memoria quelle stravaganti conversazioni, le battute ironiche e acide sul mondo maschile, quell’amicizia fatta di chiacchere, di comprensione, di cocktail sorseggiati con eleganza che caratterizzano il vero Sex in the city.
Sottolineando l’idea risaputa, ma non per questo sconsigliata, per la quale è un rischio portare a
teatro qualcosa che appartiene al mondo della televisione, si può dire che la difficoltà sorge dal fatto che quando unospettatore sceglie di vedere un lavoro come questo, ispirato alla Sua fiction televisiva preferita, si aspetta di assistere alla versione teatrale, quindi reale e diretta della trasmissione, senza troppi stravolgimenti.
Si aspetta di rivivere le sensazioni che sente quando è davanti al televisore di casa sua, spera che gli attori siano il più simile possibile a quelli reali della fiction e forse quando si rende conto che così non sia avverte un po’ di delusione e di stupore. Il Sex in the city italiano è fatto di elementi troppo artificiosi e artificiali, di pause troppe lunghe, per lo più dovute al cambio di abiti eleganti e fashion, palesemente firmati, tanto da credereche lo spettacolo sia sponsorizzato da quella marca; i video delle interviste che l’attrice Maria Grazia Nazzari creano a volte troppa distrazione, spostano l’attenzione da un contesto all’altro senza lasciare il tempo di capirci un granchè.
Non che a teatro sia sempre necessario comprendere tutto, però risulta magari importante, affinché lo spettatore si senta coinvolto e partecipe di ciò a cui assiste, che vi sia un filo conduttore che lega le scene, che sia un sentimento, una trama, uno stile o altro. Uno spettacolo che gli appassionati di teatro, quello fatto di pochi abiti, di attori a piedi nudi, di sospiri, di applausi sinceri che nascono dal cuore di un pubblico emozionato difficilmente potranno apprezzare; nonostante ciò potrebbe essere un’occasione per assistere a qualcosa di diverso, magari predisponendosi al lasciarsi trasportare dalle scene, dalla risate forzate, da pizzi e merletti,senza pensare, senza criticare, cercando di giocare, per una sera, ad essere qualcuno di diverso da se stessi.
Visto il
al
Gioiello
di Torino
(TO)