Intrattenimento
SHINE – PINK FLOYD MOON

Shine Pink Floyd Moon. Un’opera rock di poca freschezza

Compagnia Daniele Cipriani
Compagnia Daniele Cipriani

Il coreografo e regista russo-belga Micha van Hoecke crea il suo nuovo lavoro Shine – Pink Floyd Moon (Shine letteralmente Brilla) per i solisti del Corpo di Ballo della Compagnia Daniele Cipriani Entertainment, su musiche dei Pink Floyd, interpretate dal vivo dalla band italiana Pink Floyd Legend.

La coreografia di Micha van Hoecke vuole essere dichiaratamente un viaggio sulla luna, all’insegna della follia. “È la mia autobiografia, ma racconta anche la vita di ogni uomo. È la storia delle nostre vite che procedono a cicli, con un movimento circolare come quello della musica e della danza delle stelle, della rotazione della luna: un moto scandito da un continuo processo di nascita-morte-rinascita.”

La genesi di un’opera nostalgica

Punto di partenza nella creazione dello spettacolo Shine – Pink Floyd Moon è stato il famosissimo brano Shine on You Crazy Diamond in cui, Roger Waters, Nick Mason, Richard Wright e David Gilmour, rendono omaggio al loro compagno Syd Barrett che si era perso nelle regioni sconosciute della “luna”, intesa come malattia mentale.

Ciò che ha ispirato il coreografo è stata, quindi, l’idea della luna e, in particolare, del “mondo lunare” da sempre associato all’inconscio e alla follia. Determinante è stato anche il concetto della musica psichedelica, capace di alterare la sfera percettiva e sensoriale dell’essere umano. 

Complici e protagoniste assolute di questa scelta registico-coreutica sono, in ogni caso, le musiche senza tempo del celebre gruppo rock britannico che rievocano il ricordo degli anni giovanili del coreografo e definite dallo stesso come “musiche che hanno un’animo e che, nell’immaginario collettivo, sono legate alla giovinezza interiore di tutti noi.”


Tuttavia, non è la prima volta che la musica dei Pink Floyd fanno da ponte tra musica rock e musica classica. A ricordarcelo è la presenza in scena di Danys Ganio, già étoile del Balletto di Marsiglia e interprete dello spettacolo Pink Floyd Ballet, coreografato dal francese Roland Petit e che debuttò nel 1973 con la band inglese che suonava dal vivo. Fu un successo mondiale.

Un balletto “decadente”

Ma l’étoile di Micha van Hoeche questa volta è un uomo al tramonto che ritrova se stesso nella figura del giovane danzatore Mattia Tortora. Questi incontri ricorrono puntuali a ricordare momenti del passato, a intervallare una lunga successione di quadri articolati tra duetti, triangoli amorosi ed ensemble.

La coreografia corale d’apertura ricorda lontanamente con le sue linee squadrate e geometriche quella di Petit ed è fra i pochi momenti che ben si sposano a quell’idea di opera rock che si desiderava sicuramente rievocare. 


La preparazione tecnica dei solisti della compagnia compensa la regia, in alcuni momenti troppo lenta, così come la continua introduzione di oggetti scenici (come i dischi in vinile tenuti tra le mani delle danzatrici) e i costumi eccessivamente patinati. Tutto sembra distogliere l’attenzione dalla coincidenza tra danza e musica per dirottarla su un qualcosa che, invece, ricorda vecchi musical degli anni Ottanta.

Ora, al di là della personale interpretazione del coreografo, ciò che non dovrebbe mancare in un balletto su musica rock e, ancor di più, in un balletto su musica dei Pink Floyd, è la rottura di schemi classici o neoclassici (tipici di una compagnia come quella di Cipriani che, pur avendo affrontato magistralmente lavori di coreografi contemporanei, mostra comunque una matrice accademica) da parte della danza in favore di un incontro sperimentale con la musica. 

In Shine – Pink Floyd Moon, invece, il tentativo di sperimentazione e apertura ad altri linguaggi, viene sostituito da un gusto revival e da uno stile costruito su lirismi jazz antiquati, pantomime eccessive, situazioni già viste.


Paradossalmente il punto debole dell’opera è proprio la coreografia. Pur essendo affascinante il tema dell’inconscio e della follia, esso, forse, non viene reso coreograficamente. Magari è presente nell’idea coreografica ma manca nei corpi e nel loro vocabolario. Lungi dal paragonare <Shine al balletto di Petit, non si può, tuttavia, fare a meno di notare che di quella “tipologia” di opera rock restano solo la musica, i giochi di laser psichedelici e alcune tutine bianche fosforescenti su cui le luci ben rimbalzano.

Se pure appare funzionante l’idea di quadri e personaggi lunari e malinconici come Pierrot Lunaire e Petrushka (che ricordano automi e marionette tanto cari ai melodrammi di Schönberg e ai balletti di Stravinsky), manca purtroppo la sperimentazione e la freschezza che, invece, Petit riuscì a dare a un balletto del genere già , paradossalmente, cinquant’anni fa.

Visto il 03-03-2020
al Olimpico di Roma (RM)