Ferrara, teatro Comunale, “Shiva Ganga. A Kuchipudi recital”, coreografia e danza di Shantala Shivalingappa
VIAGGIO NELLA MITOLOGIA INDIANA
Due percussionisti, un flautista e una voce appaiono nel buio del palco; inizia la musica dal vivo con suoni melodiosi ed evocativi. Un soave profumo, propagato da un piccolo altare con incenso e candele, raggiunge lentamente i nostri sensi e improvvisamente ci troviamo immersi nell’atmosfera dell’India. Shantala Shivalingappa emerge dall’oscurità per renderci partecipi, con la sua danza, di un antico mito indiano, trasportandoci in un tempo ed un luogo lontani.
Un mantra introduce alla meditazione e alcuni brani rendono omaggio alle divinità. Su un fondo illuminato con sfumature di luce azzurra, quasi un cielo all’orizzonte, la danzatrice imita la proboscide di un elefante, alludendo al dio-elefante Ganesh, oppure con un rapido mulinare dei polsi e delle mani fa pensare ad un albero dalle foglie tremolanti. Abbigliata con un magnifico Sari, si muove lentamente, armoniosa e naturale, ma improvvisamente ecco che si eleva in un salto o attraversa lo spazio con un’agile piroetta.
Figura snella e delicata, Shantala danza animata da una eleganza divina che abbiamo recentemente ammirato in Bamboo Blues, di Pina Baush, a Spoleto (leggi la recensione nel sito). La star internazionale, cresciuta a Parigi e già interprete - ancora giovanissima - con Maurice Béjart e con Peter Brook, ci incanta a Ferrara con l’assolo Shiva Ganga.
Iniziata alla tradizione dalla madre Savitry Nair, Shantala Shivalingappa balla il Kuchipudi del Sud dell’India, teatrodanza classicissimo di duemila anni fa, dove il movimento, arricchito dalle espressioni significanti del viso e delle mani - insegnamento del maestro Vempati Chinna Satyam – si fonde con il ritmo, il suono, la melodia e la poesia per creare un’infinità di immagini e di emozioni.
Dopo l’introduzione, un duetto di percussioni e voce, giocato sul ritmo del canto sillabato (J. Ramesh) e dell’antico tamburo indiano, il miridagam (N. Ramakrishnan), appassiona e coinvolge gli spettatori, invitati dai musicisti a battere a tempo le mani in una facile e divertente improvvisazione. Il dialogo ritmico prosegue con l’arrivo della danzatrice, che ci regala una dimostrazione di saltelli e movimenti rapidissimi, accompagnati dal suono vibrante dei campanelli alle caviglie, e un’affascinate esibizione di danza tradizionale con i piedi sui bordi di un grande piatto di ottone.
Ritorna anche il suono del flauto (K.S. Jayaram) e dei cembali nattuvagam (B.P. Haribabu) ed è ormai tempo di narrare al leggenda di Ganga, divinità fluviale dei cieli, figlia della montagna dei ghiacci. Ganga può salvare il mondo devastato da una terribile siccità. Ma la forza colossale del suo flutto rischia di distruggere la terra. Solo Shiva è in grado di sopportare la caduta delle sue acque e Bhagiratha è stato scelto per pregare il dio di accettare di ricevere Ganga sulla sua capigliatura, così da ammortizzare la forza della caduta sulla terra.
Dopo l’omaggio a Shiva, che impersona l’energia virile Tandavae, il dio risponde alla preghiera di Bhagiratha, attraverso la sua danza cosmica, accettando di ricevere Ganga, l’energia dolce e graziosa, chiamata Lasya, sulla sua capigliatura.
Nella tradizione del Kuchipudi, il personaggio principale si presenta al pubblico con una coreografia detta “Pravesham” che valorizza i tratti particolari della sua personalità. Shantala interpreta allora Ganga con movenze morbide e aggraziate per esprimere l’amore puro ed intenso per Shiva; si lascia fluttuare nella capigliatura del dio e, per amore suo, accetta di scendere sulla terra, dove le sue acque saranno venerate perché santificano la terra e purificano tutti coloro che vi si immergono.
La danza di Shantala è sensuale e ipnotica, i suoi gesti e movimenti ripetuti diventano sempre più familiari e riconoscibili. Questa danza, lei spiega, è meno codificata di altre - per esempio il Bharata Natyam - e consente pertanto una personale interpretazione, mescolando la drammaturgia e gli effetti abituali della danza tradizionale a tocchi molto più moderni. Allora la differenza tra danza pura o astratta e danza narrativa, funzionale al racconto della leggenda, si assottiglia. Grazie alle meraviglie di una tecnica fluida Shantala passa come d’incanto da uno slancio repentino ad un ritmo leggero, toccandolo appena i piedi al suolo. E come preannunciato dal titolo “duale”, alterna dinamismo virile – Shiva è anche il dio della danza che sostiene l’Universo - alla complementare dolcezza femminile della dea del Gange. Un virtuosismo tanto straordinario e perfetto da apparire connaturato.
Il pubblico, che ha applaudito al termine di ogni brano, acclama con entusiasmo il finale dirompente. Il corpo di Shantala turbina sul palco, allunga e agita lentamente le braccia alludendo alle grandi e sinuose onde del fiume in arrivo, traccia un gran cerchio saltando da un ginocchio all’altro ed ecco conclusa la tumultuosa discesa di Ganga che dona la sua liquida forza al mondo.
Visto a Ferrara, teatro Comunale, il 27 novembre 2009
Alessandra Zanchi
Visto il
al
Comunale
di Ferrara
(FE)