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SHORT THEATRE 2010 QUARTA SERATA

Conclusione in grande stile per Short Theater 2010

Conclusione in grande stile per Short Theater 2010

La serata conclusiva di Short Theater 2010 è stata caratterizzata da una serie di spettacoli molto interessanti alcuni dei quali affini anche stilisticamente tra di loro.
Come è successo InvisibilMente per la regia di Gianni Farina e DON GIOVANNI DI W.A.MOZART di Giovanni Guerrieri, Giulia Solano e Giulia Gallo che, pur in ambiti diversi, hanno impiegato creativamente i la proiezione di testi in sinergia con quanto si fa sulla scena. Interessante anche BREVE STORIA DEL PUNK ARGENTINO dell'argentina i Tatiana Saphir che ha saputo coniugare una notevole sensibilità politica con l'intelligenza di una presenza scenica ironica e mai banale. Più vicine alla performing art che al teatro, ma non per questo meno interessanti, ore TRIBUTE TO ANFIONE WITH ECHO IN ARCHITECTURE D'INTERIEURS e INVISIBLE PIECE di Cristina Rizzo più criptici e autoreferenziali.
Gli spettacoli proposti dimostrano da un lato la varietà della realtà teatrale contemporanea italiana e dall'altra la competenza e lo sguardo a 360 gradi degli organizzatori della manifestazione instancabili anche nel resistere ai piccoli problemi organizzativi che hanno fatto slittare gli spettacoli di qualche decina di minuti. Una manifestazione risuscita e necessaria. Lo ha testimoniato anche il grande successo di pubblico che ha premiato tutti gli spettacoli con moltissimi sold out.

InvisibilMente: siamo tutti suggestionabili

Uno spettacolo intelligente e ben costruito che impiega in maniera creativa e inedita i sopratitoli, quelle scritte proiettate nella parte alta della scena che normalmente servono a tradurre i dialoghi di uno spettacolo in lingua straniera.
Mentre in scena i due attori, un uomo  e una donna,  recitano la parte di due addetti di sala che cercano di intrattenere il pubblico per fronteggiare un problema tecnico  i sopratitoli riportano quel che i due si sussurrano e che il pubblico non dovrebbe sentire. Partono dalle solite raccomandazioni (spegnere i cellulari, è vietato fare foto in sala) anticipando lo spettacolo che sarà bellissimo (con una sorpresa finale, un vero elefante cui il pubblico dovrà lanciare le noccioline che gli sono state date mentre prendeva posto) poi si accendono le luci e i due, come paralizzati, fanno finta di niente, prendono tempo, chiedono un minuto di silenzio per tutti i morti nel mondo in quei pochi minuti di attesa (ma la donna a un certo punto guarda con compassione anche uno spettatore tra il pubblico, temendo anche per lui...) arrivando a coinvolgere il pubblico in una filastrocca sugli elefanti. Intanto i sopratitoli riportano le esitazioni, i giudizi sul pubblico, i commenti irrazionali dei due malcapitati che si trovano loro malgrado ad essere lo spettacolo che in realtà dovrebbe ancora cominciare. Il primo effetto è quello comico, grazie anche alla verve dei due interpreti e anche alla recisone con cui interagiscono con le didascalie che sono davvero alle loro spalle (la filastrocca che il pubblico canta con riluttanza forse è troppo difficile per loro, la giacca tolta per non sudare usata come un fazzoletto così il pubblico non noterà che te la sei tolta) ma la comicità inizia lentamente a cambiare registro. Il pubblico crede di ridere dei due personaggi ma viene portato ben presto a ridere di sé,  perchè legge tutti i commenti poco lusinghieri che i due addetti fanno credendosi protetti dalla privacy e quando si accorgono che il pubblico ha letto tutto quel che si son detti fino a quel momento (i due credono di sottrarsi al gioco smettendo di parlarsi. Ed ecco che i sopratitoli non riportano più le loro parole ma diventano didascalie (quelle parti di un testo teatrale che descrivono movimenti  e reazioni dei personaggi), prima descrittive di tutto quello che fanno, anche quando i due addetti compiono gesti inconsulti e velocissimi per mettere in difficoltà le scritte, poi lentamente ma inesorabilmente, come ogni didascalia teatrale che si rispetti, diventano prescrittivi, anticipano e costringono  i due a fare quel che le didascalie impongono loro. Così quando alla fine dello spettacolo il pubblico si aspetta l'elefante, come gli era stato anticipato, sono i due addetti a mimarne uno. e lì accade l'inevitabile. Gli spettatori lanciano le noccioline all'elefante, senza che gli sia stato chiesto né dai due addetti né dalle didascalie. E quando questo avviene le didascalie possono commentare trionfanti che non solo i due personaggi ma anche il pubblico fa quel che loro vogliono.
Uno spettacolo elegante e intelligente che fa riflettere lo spettare sul fatto teatrale nel suo svolgersi, che gioca con la classica suddivisione tra platea e palcoscenico e sui ruoli che spettatori e attori normalmente hanno mostrando come la distinzione e i ruoli siano molto più fluidi e meno distinti di quanto non sembri.


Menoventi
InvisibilMente
Di Consuelo Battiston, Gianni Farina, Alessandro Miele,
Con Consuelo Battiston e Alessandro Miele
Regia di Gianni Farina
Produzione Menoventi - ERT
Finalista del Premio Vertigine 2010
Durata: 40’


DON GIOVANNI DI W. A. MOZART

Vestiti come collegiali sei performer, quattro donne  e due uomini cantano il don Giovanni di Mozart. Non usano le parole nè le voci impostate della lirica, ma onomatopee, rumori e anche le espressioni del viso per restituire le impressioni ora della musica ora della trama che ci è stata raccontata prima dell'esecuzione da un buffo steward che mima le vicissitudini di Don Giovani come stesse indicando le vie d'uscita in caso di incidente. L'esecuzione, a cappella, di una riduzione strumentale del Don
Giovanni da parte di una piccola corale, è al contempo un omaggio all'opera di Mozart ma anche un irriverente massacro, che sfascia la precisione un po' leziosa dell'opera, per farne il verso, ma anche per analizzarne l'intatta verve narrativa in un confronto tra onomatopee e significato riportato su un'apposita sottotitolazione ora precisa, ora ironica, ora dispettosa con gli interpreti, tutti bravissimi quanto musicisti che quanto attori.

I Sacchi di Sabbia
DON GIOVANNI DI W.A.MOZART
Ein Musikalischer Spass zu Don Giovanni
di e con Giovanni Guerrieri, Giulia Solano e Giulia Gallo
e con Arianna Benvenuti, Maria Pacelli, Matteo Pizzanelli, Federico Polacci

 

TRIBUTE TO ANFIONE WITH ECHO IN ARCHITECTURE D'INTERIEURS non è uno spettacolo teatrale ma un'istallazione d'arte che ha velleità di teatralizzazione e dalla sua ha tutte le mancanze del caso. Un artista demiurgo di gira tra varie postazioni in una stanza dove il pubblico p stato introdotto ad assistere, tutti intorno all'artista-performer, non avendo tutti la fortuna di guadagnare in tempo un punto di osservazione sufficientemente favorevole alla visione.

L'uomo da un surgelatore con omini Preiser (dei modellini di persone in scala HO usati per i plastici di progettazione architettonica) pende dei pezzi di cuore, polmone e fegato, li modella e li ripone nel congelatore, su un fianco del quale è stato praticato un foro, protetto dal plexiglas, che permette a una videocamera di rispendere l'interno e proiettarlo su uno schermo gigante che occupa tutta una parete della sala. Il plexiglas è appannato così si ha un'immagine sfocata finché il performer, sagomati gli organi surgelati, non pulisce il plexiglas e gli spettatori possono apprezzare il plastico in scala dal vivo o ingrandito sullo schermo. Poi è la volta di un secondo plastico fatto esplodere da delle mini cariche che il perfomer aziona con una batteria. Infine, su una terza postazione il performer pone della polvere da sparo che sagoma dandogli la firma filiforme di percorsi, la accende, e la fiamma che si produce guida con l'ausilio di un software della musica campionata. Prima una striscia, poi due, infine tre, contemporaneamente. Il riferimento ad Anfione, spiegato nel programma di sala,
è per le note che incantavano le pietre le quali si disponevano a formare le mura di Tebe. Non siamo a Tebe ed Anfione è un artista che trasforma la luce della polvere da sparo in suono, la sua idea del costruire è ritmo e numero.
Non si può negare un certo fascino all'istallazione, ma tutta l'operazione ci sembra macchiata da una certa velletarietà di fondo. D'altronde è l'annoso problema dell'arte contemporanea che ha smesso di comunicare con il suo pubblico spesso per un  eccesso di narcisismo.

ARCHITECTURE D'INTÉRIEURS congelatore - interiora, omini Preiser, video live
ECHO plastico architettonico - mdf, forex, policarbonato, gasbeton, gelatina, esplosioni con
micro-cariche video - high speed 400fps
TRIBUTE TO ANFIONE composizione sonora per polvere da sparo - tavolo in ferro e vetro,
hardware e software per elaborazione audio–video, polvere da sparo
di Portage / Enrico Gaido e Alessandra Lappano
utilizzo materiale esplodente in collaborazione con Riccardo Dondana
creazione sonora Yann Gioria
camera-editing Fulvio Montano
con il sostegno del Programma Cultura della Commissione Europea progetto Focus on Art and
Science in the Performing Arts
diffusione Alessandra Simeoni | dada prod.

Invisible Piece o dell'ostinazione della danza
Cristina Rizzo con Invisible Piece ci presenta il secondo studio di un progetto coreografico che  prende spunto dalla coreografia per ‘La morte del cigno’ nella versione originale del 1924 danzata da Anna Pavlova. Quando lo spettatore entra in sala vede, in loop, una ripresa di quell'assolo coreografico, ripetuto a loop. Il video non è già la ripresa originale, ma la ripresa di un secondo scherno dal quale vediamo le immagini lattiginose della coreografia eseguita. Un loop infinito e precario sul quale, non subito, si innesta la coreografia dal vivo di Cristina Rizzo in una riappropriazione della coreografia iniziale verso slittamenti e tradimenti che ricollocano la danzatrice in un contesto contemporaneo dove dalla danza classica approdiamo a quella contemporanea. caratteristica particolare dello studio lo sviluppo di una ricerca coreutica sviluppata costantemente di spalle. Uno studio  interessante forse esageratamente diluito nel tempo o non sufficientemente ipnotico.


Cristina Rizzo
INVISIBLE PIECE
CONTEMPLATION PIECE - INVOLVING PIECE - DEAD PIECE
Concept e coreografia Cristina Rizzo
Consulente storico Stefano Tomassini
in collaborazione con Castello In Movimento progetto di residenze per artisti
2° studio.

BREVE STORIA DEL PUNK ARGENTINO è la sorpresa più piacevole della serata.
Mentre lo spettatore entra in sala ascoltiamo in più lingue, italiano, spagnolo, inglese, la lettura di alcuni titoli dei quotidiani del giorno. Di proscenio una parete riempita di pagine di giornale. Poi una giovane ragazza formosa e bella scrive sulla parete con una bomboletta spray una farse inneggiante al punk. Poi si lancia attraverso la parete, e si spoglia, fino a rimanere nuda, mentre balla sfrenata al suono di un pezzo punk.
Mentre un'altra ragazza rassetta la scena allestendo una scrivania e uno schermo con proiettore di diapositive, la ragazza prima vestita secondo i canoni punk torna ora in un attillato tailleur e ci annuncia il tema della conferenza cui assisteremo: una breve storia del punk argentino. Aiutata dalle diapositive della assistente la giovane conferenziera ci racconta del punk Argentino con dovizia di dettagli storici (la sua nascita posteriore a quella in occidente, solo dopo il ritorno dell'Argentina alla democrazia) analizzando con precisi e seri strumenti critico-politico-economici la composizione sociale dei gruppi punk argentini e del loro pubblico. Con un piglio ironia e una grande professionalità che le vede recitare alcune parti in un impeccabile italiano, lo spettacolo è al tempo stesso un atto d'amore per il punk e per il proprio paese il cui punk ha rappresentato la ribellione delle classi più basse in un paese povero laddove nell'occidente era espressione di una borghesia ribelle di un paese ricco. Lo spettacolo si conclude quando quando la conferenziera si indigna perché in questo tipo di conferenze si arriva smepre alla domanda se il punk sia ancora vivo. Allontanatasi dalla scena per non voler rispondere alla domanda che reputa un'offesa, sarà l'assistente a concludere lo spettacolo con una danza sgangheratamente punk.
Intelligenza, cultura e una squisita teatralità per Tatiana Saphir e Tamara Saphir sorelle nella vita che ci dimostrano come lo spirito punk sia ancora vivo e tanto abbia ancora da dire al pubblico, che entusiasta, applaude copiosamente.

BREVE STORIA DEL PUNK ARGENTINO
di Tatiana Saphir
collaborazione drammaturgica e artistica Tamara Saphir
con Tatiana Saphir e Tamara Saphir
collaborazione ai testi Juan Terranova
collaborazione musicale Santiago Blaum
collaborazione alla ricerca Guadalupe Treibel
grafica Pablo Derka
luci Catalina Fernandez
distribuzione Judith Martin – Ligne Directe / Linea Directa


 

Visto il 11-09-2010