Una serata d'eccezione a Short Theatre, che ha presentato 5 tra spettacoli e performance uno migliore dell'altra.
L'onore dell'apertura è toccata a Punta Corsara una compagnia di giovani che ha già all'attivo il premio speciale Ubu e il premio Hystrio - Altre Muse entrambi ricevuti nel 2010.
Punta Corsara ha presentato PetitoBlok un riuscito omaggio all'opera di Antonio Petito, il più grande interprete di Pulcinella della seconda
metà dell’Ottocento, capace sia di orchestrare le tradizionali pulcinellate napoletane parodiando testi celebri in scena nei teatri napoletani dell'epoca, sia di scrivere commedie originali (anche per Scarpetta).
L'universo iconico della pulcinellata si contamina nello spettacolo con quello di Aleksandr Blok il celebre poeta simbolista russo che nel 1907 scrisse La baracca dei saltimbanchi opera teatrale (messa in scena da Mejerchol'd) nella quale Blok segna la rottura con il primo simbolismo.
L'incontro tra Petito e Blok da adito a uno spettacolo elegante e intelligente nel quale una morte giunonica e in male arnese si allea con Ciarlatano, commediante partenopeo emigrato in Russia con l'intenzione di modernizzare il teatro napoletano, cancellando due delle sue maschere più
note: Pulcinella e Felice Sciosciammocca (personaggio inventato da Scarpetta e interpretato anche da Petito. Ciarlatano è tornato dalla Russia con Colombina. una marionetta meccanica di acciaio consapevole di sé e priva di emozioni.
Irretiti da Ciarlatano che chiede loro di recitare nel suo teatro come marionette, inizia per Pulcinella e Sciosciammocca un gioco tra personaggio e maschera tra uomo e marionetta nel quale i due rischiano di perdersi...
Lo spettacolo si distingue e si impone prima di tutto per la qualità dell'interpretazione. Giuseppina Cervizzi, che ha in sé qualcosa dei personaggi della
tragedia greca, è una splendida Morte (nonché moglie di Pulcinella), Vincenzo Nemolato che non fa il verso a Pulicennella ma, più semplicemente, e molto più impegnativamente, lo è;
Christian
Giroso porta in scena un magnifico Felice Sciosciammocca, Giovanni Vastarella, appena meno a suo agio sulla scena dei suoi colleghi, ma l'emozione della prima gioca sempre brutti scherzi, è un Ciarlatano credibile mentre Valeria Pollice è stralunata tanto quanto vuole la parte.
Attrici e attori sono sostenuti da una regia che non omaggia ma riprende e prosegue la gloriosa tradizione della
pulcinellata con rispetto e competenza, tra squisiti accenni alla commedia dell'arte e al metateatro (l'allestimento a scena aperta del teatro di marionette di Ciarlatano) grazie a semplice e funzionali elementi di scena (di Emanuele Valenti e Daniela Salernitano, che firma anche i costumi tra i quali spicca quello che ammicca alle avanguardie storiche di Colombina).
Una drammaturgia accessibile e godibile che forse necessita di qualche breve taglio, di un ritmo più serrato, nulla che la giovane compagnia non possa apportare in futuro.
Punta Corsara ha il raro pregio di portare sulla scena uno spettacolo elegante, intelligente e divertente una vera gioia per gli occhi e per il cuore.
Da vedere e rivedere.
Punta Corsara
Petitoblok
Il baraccone della morte ciarlatana
liberamente ispirato alle opere di Antonio Petito e Aleksandr Blok
drammaturgia Antonio Calone
regia Emanuele Valenti
con Giuseppina Cervizzi, Christian Giroso, Vincenzo Nemolato, Valeria Pollice, Giovanni Vastarella
costumi Daniela Salernitano
spazio scenico Emanuele Valenti, Daniela Salernitano, maschera di Pulcinella, Marialaura Buonocore
disegno luci Antonio Gatto
aiuto regia Antonio Calone
grafica Ida Basile
foto Marina Dammacco
organizzazione Marina Dammacco, Rosario Capasso
tecnico Giuseppe Di Lorenzo
A vida de Juanita Castro è prima di tutto un film di Andy Warhol del 1965, su sceneggiatura del comico americano Ronald Tavel nel quale si racconta, sotto forma di prova di uno spettacolo da fare, delle vicissitudini che hanno diviso Juanita Castro, realmente esistita, dal resto della famiglia Castro, il cui anticomunismo la indusse a diventare una spia della Cia.
Miguel Loureiro riprende e amplifica l'impostazione del film che fa interpretare i fratelli di Juanita a delle donne, facendo interpretare Juanita a un uomo.
La vicenda storica viene scarnificata in una messa in scena precaria e povera, facendo il verso alla filosofia della Factory di Warhol.
Nulla rimane delle vicissitudini della famiglia Castro se non superficiali proclami di comunismo o di anticomunismo, rapporti incestuosi e omoerotici tra il Che e i fratelli Castro (che si baciano e si accoppiano) dietro suggerimento del regista che dà battute e intenzioni agli attori e alle attrici mentre un coro di attori e attrici del luogo (fra i quali spiccano Antonio Tagliarini e Daria Deflorian) sostengono l'azione.
Svuotamento dei rapporti familiari per ridimensionare personalità storiche e politiche in un pastiche dove ogni funzione familiare e politica sopravvive solo come parodia di se stessa.
Un divertissement dal gusto vagamente camp che non piacerà a chi crede ancora all'ortodossia politica ma che diverte tutte le altre persone.
Un gruppo di attori e di attrici uniti e indimenticabili cui fa da contraltare la scelta di cercare tra attori e attrici della piazza in cui si rappresenta lo spettacolo collaboratori che possano avvicinare il testo (recitato in inglese spagnolo e portoghese) alla sensibilità del pubblico autoctono.
Miguel Loureiro (PT)
A vida de Juanita Castro
testo di Ronald Tavel
regia di Miguel Loureiro
con Álvaro Correia, Luz Câmara, Patrícia Andrade, Luísa Brandão, Gonçalo Ferreira de Almeida e special guest.
Menzione d’Onore per ‘Juanita Castro’ dall’Associazione Portoghese Critici di Teatro.
Le mie braccia ne accompagnano ora i movimenti, scolpendone
continuamente i gesti; le mie dita guidano le sue nel tentativo di
sfiorarsi il collo; il mio busto insiste lievemente contro il suo, per
disegnare un’espressione nella sua semplice inclinazione.
Tre scheletri meccanici, monocromi, di giallo pittati, vengono manovrati da altrettanti performer, insieme, o uno alla volta, dando loro parvenze di movimenti umani.
Una delicata ricerca dei rapporti tra inorganico e organico, tra fisionomia e postura umane che riconosciamo appena affiorano dai tre dispositivi costruiti e manovrati mentre i tre animatori in carne ed ossa, seppure visibili, si occultano mentre infondono il movimento alle costruzioni da animare, dimostrando come la riconoscibilità di un gesto, di una fisionomia, vale come segno puro sganciato eventualmente anche dalla sua matrice organica, permettendo al pubblico di astrarre il simulacro di vita nei tre scheletri meccanici dimenticando i corpi che li animano.
Un paradosso solo apparente, perchè in realtà lo spettatore subisce la seduzione di quei corpi umani così intimamente vicini agli scheletri per poterli animare, una seduzione nel dono di vita nella tenerezza di un gesto che passa dal performer all'oggetto da animare dal raffinato e complesso rispecchiamento tra performance e realtà tra arte e vita interprete e oggetto da animare di cui lo spettatore è testimone.
La prima periferia
e con Simone Basani, Giovanni Marocco
produzione Pathosformel / Fies Factory One
coproduzione Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto, Uovo performing arts festival
con il contributo di Ufficio Promozione Giovani Artisti-Comune di Bologna
con il sostegno di Teatro di Fondamenta Nuove (Venezia)
in collaborazione con Teatro Franco Parenti - Progetto Residenze
Pathosformel fa parte del progetto Fies Factory
TEATRI DEL TEMPO PRESENTE
l’ETI Ente Teatrale Italiano
per le nuove creatività
W (FR)
Générique
Generique è una performance di improvvisazione tra pubblico e 5 attori e attrici sul palco che fingono di essere gli e le interpreti di uno spettacolo che si è appena visto e sul quale si invita il pubblico a fare domande e osservazioni.
In un rimando tra domande inventate dal pubblico e risposte improvvisate di chi sta sul palco lo spettacolo si fa mentre racconta di un altro spettacolo che non esiste, che non si è visto ma che, alla fine della performance, ha una sua struttura, una sua trama una sua durata, compresi gli apprezzamenti e le critiche del pubblico con tanto di aneddoti degli interpreti durante le prove.
Uno spettacolo senza testo che, mentre dimostra l'importanza di entrambe le incognite dell'equazione spettacolo, chi vi recita e chi vi assiste, sottolinea la retorica della visione sia quella grossier dell'armamentario argomentativo che può parlare senza dire nulla (i cammelli come chiaro simbolo del teatro shakespeariano...) sia quello più intimo ed essenziale che sottende sempre la forma spettacolo dove il confine tra finzione e realtà è commisurato al grado ludico con cui ci si concede a un dispositivo scenico che produce significato sempre e comunque.
W (FR) Générique ideato dal collettivo W con Valentina Desideri, Chiara Gallerani, Joris Lacoste, Matteo Angius, Jeanne Revel |
Alessandro Sciarroni
Your girl
Di solito non amiamo leggere il programma di sala prima dello spettacolo per non lasciarci influenzare da una spiegazione che non deve precedere mai, crediamo, lo spettacolo che è l'unico ad avere voce in capitolo su se stesso.
La seduzione della generosità con cui ogni performer si dona al pubblico. Si dona anche nell'investire delle proprie emozioni quelle del personaggioperformer che incarna.
Un desiderio che non è mai astratto ma che si conforma al nostro corpo, un corpo altro, non idealizzato, non canonizzato, organicamente multiforme e che si sottrae a ogni canone.
Un corpo desiderante che investe del proprio desiderio un corpo altrimenti algido nella sua distratta perfezione, distante e asettico, che è vivo nella misura in cui a desiderarlo c'è un corpo concreto e non ideale, come quello di Chiara Bersani, vivo e presente.
Un corpo che si spoglia come si sfoglia una margherita, che si chiede se lei ci ama o no, perchè anticipa, desiderandolo, il desiderio di lui per lei, proprio come lui si chiederà ,dopo essersi adeguato al denudamento, se lui lo ama oppure no riconoscendo e restituendo il desiderio di lei per lui.
Dove ognuna rappresenta e si rispecchia nel desiderio dell'altro.
Dove il vero incontro avviene nel momento in cui la nudità finisce di essere un fine e diventa un mezzo per conoscersi e riconoscersi, nell'intreccio delle mani per le quali i due performer si prendono, la testa di lei appoggiata sull'anca di lui, la mano di lui sulla testa di lei.
Dopo che l'emozione pop di una canzone di Tiziano Ferro ci ha ricordato l'effimera voluttà adolescenziale di un desiderio che ci fa chiedere, mi ama, non mi ama?
Alessandro Sciarroni
Your girl
performer Chiara Bersani, Matteo Ramponi
produzione Corpoceleste
cura e promozione Lisa Gilardino