Nel 2008 Accademia degli artefatti lavora a One Day uno spettacolo ambizioso della durata di 24 ore consecutive che - attraverso una storia che ne racconta mille e nessuna - indaghi il significato della rappresentazione teatrale e della macchina drammaturgica contemporanee.
Uno spettacolo per tastare il polso al paese e alla salute del teatro in Italia.
One Day non va in porto per motivi finanziari e politici. Così, ironizza Fabrizio Arcuri, mente e anima del progetto, proprio per non essere mai arrivato sulla scena One Day si fa espressione di una crisi dello spettacolo (finanziaria e produttiva) iniziata da tempo e proprio nel 2008 acutizzatasi in maniera gravissima.
Della complessa partitura drammaturgica di One Day esiste una trascrizione parziale di materiali, scritture scenice nate da improvvisazioni, ricerche e letture colte e basse, sotto forma di volume, pubblicato nel 2010 da Titivillus (One Day Finalmente vivere servirà a qualcosa) col quale possiamo farci un'idea di quello che One Day doveva essere leggendo alcuni dei testi scritti e ideati da Magdalena Barile e Accademia degli Artefatti che firmano entrambi il libro.
In occasione di Short Theatre 2011 Fabrizio Arcuri mette in scena alcuni dei testi pubblicati in volume presentando una versione giocoforza ridotta e lacunosa del progetto originale articolato nella forma di spettacolo-conferenza, in tre serate di due ore ciascuna, evento apripista di questa edizione di Short Theatre (del quale Arcuri è direttore artistico) durante i tre giorni ospitati al Macro, dopo la versione di nove ore presentata nell’autunno del 2010 all’interno della rassegna Novo Critico, al Kollatino Underground di Roma.
Inserendosi nel recente filone di ricerca degli Artefatti sui rapporti tra realtà e teatro One Day consta di diversi testi, ognuno dei quali dotati di una propria autonomia narrativa. Al contempo ogni testo ha dei rimandi agli altri testi dello spettacolo, in situazioni, personaggi, nomi, secondo l'intertestualità spinta del mondo narrativo cinetelevisivo.
Il sottotitolo dello spettacolo e del libro omonimo finalmente vivere servirà a qualcosa rimanda, infatti, all'estetica da reality show della tv contemporanea iperrealista e iper semplificata. I testi di One Day fanno il verso a stilemi e caratteristiche narrative con una sottile ironia, che in alcuni momenti precipita nella risata comica, permettendo allo spettatore di addentrarsi in un tessuto narrativo che, in quanto consumatore di narrazioni, sa riconoscere e usare da sé.
Così, sul dipanarsi di due direttrici narrative essenziali, il rapimento di un bambino rumeno e la scomparsa di un coniglio pupazzo da ventriloqui dal nome Dolly Bell (forse pornoattrice), una serie di personaggi si incontrano sulla scena (astratta in questa versione conferenza, composita e complessa nel progetto originale di 24 ore) e interagiscono ognuno secondo una propria idiosincrasia, costruita a partire dalla specificità degli attori che costruiscono i personaggi a partire dal proprio vissuto subito trasfigurato in qualcosa d'altro per il fatto stesso di essere sulla scena.
Personaggi che ritornano sotto spoglie diverse, uomini e animali antropomorfizzati - come il lupo interpretato da due diversi attori, uno in versione originale e un altro (un attore non italiano ma europeo) che ne interpreta la copia cinese -. Interagendo con il pubblico e abolendo dunque la quarta parete del teatro naturalistico, One Day anche nella sua versione conferenza integrano e modificano tutta una serie di coordinate culturali occidentali della cultura pop (dalla pop art fino alla narrazione seriale contemporanea) con continui rimandi ad altri testi audiovisivi (siano questi i film o i telefilm di David Lynch o Ti ricordi di Dolly Bell? di Emir Kusturica, o, ancora, famosi brani musicali della cultura pop, fino all'hard rock dei Kiss).
La contaminazione e le citazioni non sono fine a se stesse ma pongono dinanzi gli spettatori in tutto il loro agire i meccanismi narrativi della contemporaneità attraverso i quali interrogarsi sui rapporti contemporanei tra l'arte (il teatro) e la realtà.
Nei meccanismi narrativi (ri)prodotti One Day mostra una vocazione allo studio della retorica di verosimiglianza della narrazione contemporanea che costituisce un immaginario collettivo universale e uniformante sempre più subito dalle persone proprio come dai personaggi presentati in scena. Personaggi la cui aleatorietà la cui serialità e interscambiabilità mettono in evidenza come i meccanismi di decodifica narrativi di cui noi spettatori siamo competenti, nostro malgrado, in quanto consumatori di racconti agisce a livello percettivo sostituendosi ai nostri valori e ai giudizi.
I racconti di One Day che si muovono su diversi livelli narrativi nel momento stesso in cui mettono in difficoltà l'intelligibilità della propria narrazione denunciano tutti i criteri di verosimiglianza che ormai non si basano più (se mai si sono basati) sul rapporto e sullo scarto con la realtà ma si misurano sulla coerenza con un mondo autonomo di situazioni verosimili e realistiche che si sono sostituite alla realtà.
Per moltiplicare ulteriormente questo ordito narrativo agli attori degli Artefatti e ai vari ospiti presenti ogni sera è stato chiesto di recitare i testi leggendoli direttamente da dei fogli stampati che tengono in mano in un esercizio di improvvisazione sul testo consultato (letto con una rapida occhiata) all'impronta che rende ancora più evidente il meccanismo che accomuna tutto il teatro di parola e non solo quello naturalistico: la memoria dell'attore, la memorizzazione del testo qui resa evidente in un gioco che richiede agli attori una competenza altra rispetto quella della mera memorizzazione quella cioè di improvvisare su dei testi che si conoscono senza averli memorizzati essendo già in parte, essendo cioè già personaggio, un personaggio che è sia l'attore che sta in scena che i vari personaggi che l'attore è chiamato a interpretare in un continuo interscambio anche, se non soprattutto, con los pettatore cui si rivolge continuamente.
Con un'arte oratoria e affabulatoria dei suoi interpreti impeccabile sorretta da una straniante e sempre presente ironia i testi di One Day ci raccontano di una umanità chiusa nelle proprie idiosincrasie che si illude di comunicare adeguandosi all'attuale retorica della comunicazione che ha ridotto a zero le competenze individuali e uniformato il comune sentire a un conformismo feroce che è diventato la vera misura della solitudine di ognuno e ognuna.
One Day – finalmente vivere servirà a qualcosa
tre giorni di conferenza-spettacolo per raccontarne uno (di giorno e di spettacolo).
testi Magdalena Barile/accademia degli artefatti
regia Fabrizio Arcuri
cast che si alternerà nei tre giorni: Miriam Abutori, Michele Andrei, Matteo Angius, Emiliano Duncan Barbieri, Gabriele Benedetti, Joshua Costa, Fabrizio Croci, Daria Deflorian, Pieraldo Girotto, Sandra Soncini, Damir Todorovic.
produzione accademia degli artefatti 2008/Romaeuropa Festival