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SHORT THEATRE 8 SETTEMBRE 2011

La realtà molteplice del teatro italiano

La realtà molteplice del teatro italiano

Nel suo primo giorno al teatro India Short Theatre 2011 propone quattro spettacoli di diversa provenienza che spaziano dal più classico dei teatri di prosa (Pirandello) al teatro danza, passando per la rilettura per un solo attore del Mahagonny di Brecht Weill sino alla prima parte di un dittico dedicato alla specie umana di Teatro sotterraneo.

Una programmazione come sempre ricco seguita da un pubblico nutrito anche per lo spettacolo delle 22 e 30, che costituisce, anche in questa quarta serata, uno spaccato della realtà molteplice del teatro  e della danza italiani contemporanei.



Vediamo più da vicino i singoli spettacoli.



Kinkaleri  Ascesa & caduta 


Ascesa & Caduta nasce all’interno di CASTELLO IN MOVIMENTO, un programma di residenze per artisti italiani, ideato da Pietro Torrigiani Malaspina e Maddalena Fossombroni, nel Castello Malaspina di Fosdinovo, in collaborazione con il Festival Lunatica, realizzato dalla Provincia di Massa-Carrara.

La compagnia Kinkaleri presenta una particolare e coraggiosa versione di Aufstieg und Fall der Stadt Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny) scritta da Bertolt Brecht nel 1927  e poi rimaneggiata nel 1928-29, uno dei suoi testi più noti, dopo L'opera da tre soldi più che per la storia che vi si racconta, per il contributo musicale  di Kurt Weill e per il saccheggio continuo che dei suoi brani è stato fatto nel tempo e che ha visto popolare il repertorio jazz  e non solo.
Testo esemplare della svolta politica e teatrale del giovane Brecht Ascesa e caduta della città di Mahagonny si presenta come un'opera che, spiega Brecht, tiene conto coscientemente di ciò che l'opera come genere artistico ha di assurdo (...) Un uomo che sta per morire è reale. Se in quel momento egli canta, eccoci nella sfera dell'assurdo1.
Nella stessa nota Brecht teorizza una forma drammatica del teatro e una forma epica la cui prima differenza è che mentre il teatro drammatico incarna la scena quello epico la racconta.

A questo deve aver pensato Marco Mazzoni unico interprete della messinscena quando ha deciso di rappresentare l'opera senza musiche e con un solo performer. Un one man show nel quale Mazzoni racconta le vicende dell'opera con l'ausilio di pupazzi-giocattolo presi dalla cultura pop (da E.T. a Jabba the Hut) e non solo (una bottiglia di plastica a forma di Madonna contenente l'acqua benedetta di Lourdes, massima espressione del commercio visto che è venduta come un souvenir...) muovendoli e dando loro voce, novello burattinaio, su tre tavoli dl legno uniti a costituire un palcoscenico in miniatura sul quale prende scena l'opera, con l'ausilio di cartelli (previsti anche in Brecht) che scandiscono i momenti della trama.

Senza le melodie di Kurt Weill il testo brechtiano viene restituito nella sua essenzialità di racconto scritto alla fine degli anni venti che anticipa i guasti della società dei consumi e capitalista che assumerà una fisionomia proprio nella forma indicata da Brecht soltanto dopo la seconda guerra mondiale.

Fatty (Jabba the Hutt) e Moses (E.T.) inseguiti dalla polizia si ritrovano nel deserto dove, dietro consiglio dell'amica Begbick, costruiscono la città-rete (da pesca) di Mahagonny per spillare quattrini ai pesci di tutto il mondo. Tra i primi a giungere in città Jenny (la bottiglia a forma di madonna) e altre ragazze in cerca di facili guadagni e quattro tagliaboschi reduci da sette inverni di duro lavoro in Alaska, con le tasche traboccanti di soldi.
In poco più di un'ora Mazzoni restituisce il senso clamorosamente anticipatore di un racconto che vede nella boxe, nel denaro,  nel sesso e nel cibo gli elementi che porteranno alla morte di tre dei quattro taglialegna mentre il governo della città decide di non darsi regole e di consentire qualsiasi comportamento con l'intento di far rimanere gli avventori che altrimenti vorrebbero sottrarsi alla città..
Un  racconto artigianale basato sulla bravura e la resistenza fisica di un affabulatore che dà voce a tutti i personaggi e canta accennando i brani di Weill che così non vengono espunti ma riassorbiti in un racconto per sola voce umana affrontando l'imbarazzo che da sempre il testo ha suscitato a tutti i recensori borghesi che vi hanno visto ambiguità (Emilio Castellani nella prefazione al testo pubblicato da Einaudi,  cfr. nota 1) o quella di chi come ricordato nelle note pensa che proferire certe parole sembra una sconcezza, per quanto si scoprono logore, moralistiche, imbarazzanti, fuori tempo..
Uno spettacolo  splendidamente riuscito molto meglio di tante grandiose borghesi spettacolari e per niente epiche rappresentazioni recenti proponendo un teatro che esaminando l'uomo come sarà mostra come l'esistenza sociale determina il comportamento umano a differenza del teatro borghese che si illude di poter determinare la realtà con l'ausilio del solo pensiero.


1 Bertolt Brecht Nota all'opera "Ascesa e caduta della città di Mahagonny" in Bertolt Ascesa e caduta della città di Mahagonny Einaudi, Torino, 1979 pag. 63



Kinkaleri

Ascesa & caduta

progetto, realizzazione Kinkaleri
con Marco Mazzoni
produzione Lunatica Festival – Provincia di Massa Carrara, Castello Malaspina di Fosdinovo, Kinkaleri
in collaborazione con Osservatorio per le Arti Contemporanee, Ente Cassa di Risparmio di Firenze
con il supporto di Xing
Kinkaleri riceve il sostegno di Mibac – Dipartimento spettacolo,  SRS Regione Toscana
un ringraziamento particolare a Maria Luisa Pacelli e al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara


 


Simon Tanguy: Japan


Da solo in scena in  un completo bianco indossato su una camicia nera, scalzo, Simon Tanguy guarda imbambolato il pubblico. In piedi, appoggiato a una parete della scena spoglia, sembra smarrito, distratto, a tratti spaventato. E' percorso da uno stato d'animo ondivago che alterna momenti di contentezza ed entusiasmo a degli spasmi nervosi che lo contraggono corpo e arti e gli impongo una danza dura, spezzata, notevolmente impegnativa da un punto di vista fisico, che lo conduce per la scena ora facendolo muovere in ampi gesti e  movimenti, ora costringendolo a terra, piegato, curvo, rialzandosi ma sempre ripiombando a terra fino a fermarsi per ricominciare poi un nuovo ciclo sempre più parossistico, più violento, che alla fine coinvolge anche la parola, in un profluvio nonsense recitato in francese inglese e qualche parola di italiano.
Come spiega nel programma di sala il solo esplora l’intero vocabolario fisico e poetico dell’agonia che percorre il corpo dandogli un ritmo che diventa anche musicale come quando, sull'incedere delle gambe in un movimento ritmico da fermo, Tanguy scandisce  un ritmo musicale con schiocchi delle dita, prima, e piccoli schiaffi sul viso, (che si fanno sempre  più violenti...) dopo. Japan è un esempio indovinato di una ricerca coreografica che trova la sua espressione nel corpo a terra del danzatore,  nel corpo precipitato, rialzato e ricaduto, in un corpo mosso dalla gravità che si fa concreto presagio di vittoria sull'uomo e sul suo corpo splendidamente e nervosamente vivo, un corpo mosso e percorso da una dolce resistenza all'inevitabile morte.

Il pubblico assiste ipnotizzato tributando a Tanguy meritatissimi applausi, ripetuti e conditi di urla di entusiasmo.
 

Japan

vincitore di ITs Choreography Award 2011
coreografia e interpretazione Simon Tanguy
musiche Christoph Scherbaum
luci Pablo Fontdevila
coproduzione Théâtre de la Ville-Paris, SNDO Amsterdam
con il supporto di Hetveem Theater-Amsterdam

 

Dittico sulla specie (parte 1): Dies Irae_5 episodi intorno alla fine della specie

  creazione collettiva Teatro Sotterraneo


Di Dies Irae avevamo già recensito il solo primo episodio, visto sempre al teatro India, nel 2009, nell'ambito della rassegna Le vie dei Festival.
A distanza di due anni Teatro Sotterraneo torna all'India nell'ambito stavolta di Short Theatre per proporci i cinque episodi nella loro interezza adesso presentato come prima parte di un dittico sulla specie umana.

Nello sguardo d'insieme emergono alcune coordinate su ci si dipanano i cinque episodi che restituiscono una visione antropologica dell'uomo che manipola la realtà che lo circonda, unico essere vivente ad avere questa capacità, con degli strumenti tecnologici, vere e proprie proiezioni del proprio corpo.

Occhi, mani, bocche e orecchie trasformate in altrettanti strumenti tecnologici coi quali toccare, catalogare, dire e ascoltare del mondo e sul mondo.

Dal doppio display digitale che segna l'ora corrente e scandisce i minuti che mancano alla fine dello spettacolo, che campeggia sospeso sopra il palco, ai microfoni, mix, giradischi, lettore cd, registratore a cassette e lettore mp3, dai quali vengono riproposte versioni   differenti dello stesso brano (Hallelujah di Leonard Cohen leitmotiv di tutto Dies Irae) del secondo episodio, dalle macchine fotografiche (a pellicola) del quarto episodio, all'allarme portatile e ai dispenser a spruzzo del primo episodio, ai telefoni cellulari del terzo episodio, il genere umano di Teatro sotterraneo è homo tecnologicus.

Altrettanto tecnologica è la volontà classificatrice con cui indaghiamo il mondo (nel terzo episodio, quando, partendo dal corpo nudo di Jacopo Braca, gli altri tre  componenti del gruppo fotografano tutto quello cui capita loro di assistere: cose, persone, gesti, situazioni e sentimenti) la volontà testimoniale con cui Jacopo Braca all'inizio di ogni nuovo episodio  fa un resoconto puramente visivo-descrittivo  di quanto fatto nell'episodio precedente dal suo punto di vista.

Ancora il concetto di Storia, di origine, che si dipana nell'unico modo possibile in cui, come esseri viventi, ci è dato di farne esperienza, come spiegato nelle note di sala, nell'impossibilità di vivere passato e futuro, per sempre condannati in un eterno presente. Un tempo storico  che non è altro che un concetto umano, una convenzione sociale e dunque una costruzione della nostra specie proprio come gli  strumenti tecnologici che usiamo e che  Teatro sotterraneo suggerisce di usare secondo due archeologie opposte: una che dissotterri il passato e una che sotterri il presente in attesa di un dissotterramento futuro.

Tracce, indizi, prove circostanziali di una condizione generale dell'esistenza.
Siano queste gli schizzi di sangue del primo episodio nel quale con certosina determinazione si ricostruiscono, con l'ausilio di una vernice rossa, le tracce di uccisioni, mutilazioni e violenze tra membri della stessa specie in una delle caratteristiche (l'omicidio) che ci distingue da ogni altra specie vivente, o gli sms che il gruppo chiede al pubblico di inviare a un numero cellulare invitandolo a partecipare al gioco del What if  (Cosa sarebbe successo se...). Cosa sarebbe successo se un determinato evento storico non fosse accaduto? Così mentre si dà il tempo agli spettatori di scrivere gli sms si intrattiene il pubblico con dei brani musicali (sempre lo stesso...) come in un programma radiofonico. E, scaduto il tempo, ci si congeda dal pubblico leggendo alcuni degli sms arrivati: una serie di what if che coinvolgono Berlusconi (se fosse morto nel 1994?) Gesù (se avesse avuto un fratello gemello gay?) e Hitler (se fosse stato ucciso nella culla?). Ma poi, posti dinanzi la possibilità di scegliere se far sparare a Hitler, in fasce in una carrozzina o no, posti dinanzi questo omicidio simbolico, il pubblico in larga maggioranza, decide di non fargli sparare (si sentono i vagiti dell'infante e di Hitler c'è solo il nome scritto sulla carrozzina).

Un pubblico spesso interpellato direttamente come quando Jacopo, invece di compiere il solito resoconto a inizio episodio, chiede stavolta di farlo a una spettatrice (saggiando così all'impronta anche le sue capacità di memoria e di attenzione...) o quando a inizio spettacolo Matteo Ceccarelli si presenta al
pubblico e chiede a  uno spettatore di indicargli cosa fare nel prossimo
minuto di spettacolo. Uno sfondamento della quarta parete che segue anche le regole di altre cerimonie con pubblico, come quando nel quarto episodio si officia a un'asta al contrario (nella quale cioè il prezzo parte da un massimo fino a scemare a zero) nella quel son messe in vendita le sette nuove Meraviglie
del Mondo (simbolicamente rappresentate da
dei cassettini con il nome della meraviglia, che contengono della polvere
che viene rovesciata sul palco appena quella meraviglia non è più
all'asta) o la retorica dello spettacolo dal vivo, della diretta televisiva (o radiofonica) mentre il dispositivo scenico cambia di episodio in episodio. Quello successivo ricoprendo i resti scenici di quello precedente con un nuovo telone, sul palco e con un fondale diverso, andando così a costituire  una stratificazione analoga a quella archeologica che riazzera la scena per ogni nuovo episodio (così gli schizzi di sangue del primo scompaiono, sotto un nuovo telo, etc.) compresi alcuni elementi tecnologici (i guanti e i copri scarpe del primo episodio, un telecomando del lettore cd  e un cellulare negli episodi successivi, imbustati come fossero campioni di prove e pronti al ritrovamento di scavi futuri) fino al suggestivo e angosciante episodio finale nel quale quattro personaggi non meglio identificati sorreggendosi a malapena a un bastone da passeggio rovesciano su un nuovo telo che copre tutti quelli precedenti, del sale grosso scomparendo all'orizzonte.

Cinque episodi sulla (fine della) specie, una specie violenta, omicida, frivola e retoricamente mondana alla quale, in un monito che travalica la sua radice religiosa, Teatro sotterraneo ricorda che polvere siamo e polvere torneremo. 

Dittico sulla specie (parte 1): Dies Irae_5 episodi intorno alla fine della specie

creazione collettiva Teatro Sotterraneo
in scena Sara Bonaventura, Iacopo Braca, Matteo Ceccarelli, Claudio Cirri
scrittura Daniele Villa
luci Roberto Cafaggini
costumi Lydia Sonderegger, Claudio Paganini
sartoria Laura Dondoli
collaborazione tecnica Emiliano Curà, Loris Giancola
disegno e grafica cartolina Marco Smacchia
produzione Teatro Sotterraneo
coproduzione Centrale Fies, AREA06, OperaEstate Festival Veneto
in collaborazione con Inteatro/Scenari Danza 2.0 AMAT Regione Marche
col sostegno di TEATRI DEL TEMPO PRESENTE - l’ETI Ente Teatrale Italiano, Regione Toscana, Comune di Firenze
Teatro Sotterraneo fa parte del progetto Fies Factory curato da Centrale Fies

 

Visto il 08-09-2011
al India di Roma (RM)