Ancona, teatro Sperimentale, “Claus Peymann compra un paio di pantaloni e viene a mangiare con me” di Thomas Bernhard e “Sik Sik l'artefice magico” di Eduardo De Filippo
IL CORAGGIO DI UN TEATRO STABILE
Scelta coraggiosa e intelligente quella del teatro Stabile delle Marche di produrre questo spettacolo che riunisce gli scritti di due protagonisti del Novecento, così diversi e distanti tra loro.
Thomas Bernhard pone al centro della sua narrativa la disperata lotta dell'uomo contro un processo di decomposizione che tutto inghiotte (negli scritti autobiografici si rivelano avvenimenti traumatici nella sua vita, nei quali si rispecchia la deformazione patologica della realtà). I romanzi e i drammi presentano variazioni del suo tormentato, sempre sarcastico, nichilismo: distruzione ed autodistruzione. La struttura dialogica si spegne, i protagonisti tengono monologhi nella (vana) speranza di esorcizzare il vuoto. La critica nei confronti dell'Austria contemporanea è feroce, purtuttavia questa trilogia rivela uno sguardo satirico notevolissimo: è il ritratto di un regista-direttore, Peymann, che si trasferisce da Bochum a Vienna, ma soprattutto è una spietata e lucidissima critica al teatro ed ai meccanismi sottesi alle scelte di un direttore, critica affrontata con un'ironia feroce e di immediata teatralità. Alcune battute rivelano la scrittura d'oltralpe (chi in Italia potrebbe scrivere e, soprattutto, pubblicare certe cose? Anche metterle in scena rivela un notevole coraggio da parte del direttore dello Stabile marchigiano, Raimondo Arcolai). Eccone alcuni esempi, di un testo tutto esemplare ed attualissimo: “un regista è sempre uno stronzo”, “la città è piena di miserabili clientele”, “il teatro è un processo letale, chi non invecchia così in fretta come i nostri drammaturghi contemporanei?”, “i politici sono gli esseri più nauseanti, quelli di questo paese ancora di più”, “io e lei (rivolto a Bernhard) non abbiamo fatto altro che prendere per il culo la gente: per il direttore di un teatro pubblico è un compito istituzionale”, “ i sogni del direttore artistico non sono i sogni del direttore organizzativo”, “portiamo con noi solo i critici che hanno parlato bene di me”. Materiale su cui costruire vagoni di riflessioni e pensieri.
Con pochi, efficaci, elementi scenografici (una valigia, un divano overlong, un ovale di luce sul pavimento e alcune stampelle appese, un'altalena su sfondo di lucine) Carlo Cecchi restituisce la forza dirompente del testo, anche grazie alla spalla di Elia Schilton (signorina Schneider, Thomas Bernhard e Hermann Beil, rispettivamente la segretaria personale di Peymann, lo scrittore e il direttore organizzativo del teatro di Vienna). Nel primo dramoletto Peymann fatica a preparare la valigia per trasferirsi a Vienna (“bisogna mettere in valigia solo lo stretto necessario, ma chi viaggia porta con sé sempre troppe cose”), nel secondo si confronta con Bernhard mentre passeggiano, nel terzo dialoga con Beil mangiando un panino. Cecchi nell'interpretazione tocca le giuste corde, rendendo abilmente il doppio modo di parlare del protagonista e la dissimulazione cui è costretto dalle contingenze della vita; gli manca però un poco di “rodaggio” e alcune battute sono meno veloci e fulminanti di come dovrebbero. Di certo con le recite successive tutto sarà puntuale. Infatti lo spettacolo debutta ad Ancona, dopo due anteprime al teatro Annibal Caro di Civitanova, che ha ospitato una residenza di prova.
Sik Sik, l'artefice magico è una delle prime scritture di Eduardo, un testo conciso, veloce, immediato, basato su un equilibrio linguistico perfetto tra napoletano e italiano e con un'arguta sintesi dei caratteri umani, dove il carattere farsesco prevale su altre componenti. La messa in scena di Cecchi è raffinata e divertente, con la curiosità della presenza nel cast di Angelica Ippolito, che nel 1980 ricoprì lo stesso ruolo accanto a Eduardo e al figlio Luca. La Ippolito è strepitosa quanto a comicità e tenerezza; disegna un personaggio indimenticabile, pur quasi non pronunciando battute: l'espressione del viso e le movenze del corpo esprimono la condizione del personaggio in modo efficacissimo, un'immensa tristezza dietro la risata. Con loro Roberto De Francesco e Diego Sepe (Rafele e Nicola). Scene e costumi di Titina Maselli, luci di Paolo Vinattieri.
Visto ad Ancona, teatro Sperimentale, il 25 ottobre 2007
Francesco Rapaccioni