Comico
SILLABARI

PARISE STILE POLI

PARISE STILE POLI
Macerata, teatro Lauro Rossi, “Sillabari” di Paolo Poli da Goffredo Parise PARISE STILE POLI Con i Sillabari, inizialmente stampati in due edizioni e ora da Adelphi riuniti in un volume unitario, Goffredo Parise vinse il premio Strega. Qui l'autore affronta il tema dei sentimenti umani con mano da poeta: l'intenzione era di partire dalla A e arrivare alla Z, ma si è fermato alla S perchè la poesia l'ha abbandonato – così racconta lui. Parise racconta con immediatezza e attenzione ai particolari che parrebbero neorealismo ma che invero ne sono lontani, potendo piuttosto situarsi nel campo della visionarietà. Egli stempera lo sguardo oggettivamente giornalistico (Adelphi ha appena ripubblicato lo splendido “Lontano”), inserendo le pulsioni del cuore e le necessità dell'anima alla base dell'osservare la realtà: i sentimenti non scadono nel sentimentalismo, la narrazione si fa quasi carnale, lo sguardo è talmente acuto da essere quasi tattile. I capitoli del romanzo sono invero dei poemi corti in prosa venati di poesia. Le caratteristiche principali (l'immediatezza quasi infantile, la magia fra quotidiano e surreale, l'ironia ammantata di umiltà) sembrano fatte su misura per Paolo Poli, che imprime allo spettacolo i caratteri consueti del suo stile, amati dal pubblico di tutte le età. A cominciare dalle scene di Lele Luzzati, una teoria di quinte che si srotolano a mostrare illustrazioni di famosi dipinti (De Chirico, Sant'Elia, Morandi, De Pisis, Savinio, Dalì, Hopper, Mondrian, Picasso), dai costumi di Santuzza Calì, dalle musiche di Jacqueline Perrotin e dall'accompagnamento dei boys (Luca Altavilla, Alberto Gamberini, Giovanni Siniscalco e Alfonso De Filippis, quaest'ultimo anche coreografo). I momenti narrativi sono separati da intermezzi musicali che seguono la storia d'Italia, da Baciami piccina a Grazie dei fiori, da Arrivederci Roma a Marina a Senza fine, canzonette che ricostruiscono epoche e ambienti e che consentono a Poli di cambiare d'abito, anzi di trasformarsi. Dalla A di Altri alla S di Sogno, passando per Anima, Bacio, Cinema, Fascino, Hotel, Ingenuità, Malinconia, Mistero (il più divertente, sulle sorprese di un giovanotto in una spiaggia di nudisti), i “capitoli” sono tutti narrati in prima persona con malizia e candore, stupore e furbizia, intelligenza e raffinatezza. Poli narra col suo fare (che caratterizza tutto: meravigliosa la sua lettura “Ad alta voce” su Radiotre di “Sorelle Materassi” di Palazzeschi, appena conclusa); racconta, canta, accenna passi di danza con la consueta capacità camaleontica Ne esce un ritratto dell'Italia più vera, dagli anni Venti agli anni Sessanta, dal mare alla montagna, dalla città alla campagna, da Roma a Milano, da Venezia a Ostia. Un'Italia oggi perduta, come i rossori della signorina in Cinema. Fino alla conclusione da avanspettacolo con la donna-vamp, vestaglia con maniche da pipistrello e guepiere nera e rosa. Un bis raffinato, in stile dannunziano. Tutto osservato e raccontato con sguardo nostalgico e malinconico ma non compiaciuto e con una leggerezza che non è mai semplificazione, anzi l'esatto contrario. Sia per Goffredo Parise che per Paolo Poli. Teatro gremito, molti applausi durante e alla fine. Visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, l'11 novembre 2009 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Del Popolo di Colle Di Val D'Elsa (SI)