Lirica
SIMON BOCCANEGRA

Bologna, teatro Comunale, “Si…

Bologna, teatro Comunale, “Si…
Bologna, teatro Comunale, “Simon Boccanegra” di Giuseppe Verdi UN MESSAGGIO DI TOLLERANZA E DI COMPRENSIONE Completata nel 1857 e rappresentata per la prima volta alla Fenice di Venezia, Simon Boccanegra non ebbe molto seguito, tanto che Verdi ne rielaborò profondamente la partitura e la struttura drammatica nel 1880-81 per il teatro alla Scala, rielaborazione che costituisce il momento della ripresa creativa dopo la lunga pausa seguita alla composizione del Requiem (1874). Nel Simone più che mai i conflitti e le tensioni si sviluppano all'interno dei personaggi e lo sviluppo della vicenda viene determinato da questa loro tormentata interiorizzazione. La vicenda è tortuosa, oscura, pienamente romantica, centrata sullo scontro costante fra pubblico e privato e il loro continuo intrecciarsi, il perenne conflitto tra potere ed affetti. Tra le due versioni dell'opera Verdi compie un lavoro di approfondimento, di scavo interiore in quelli che sono gli aspetti più individuali della vicenda. E se la partitura, forse l'esito più alto del compositore, abbonda di pagine commoventi e intime, si trovano frammenti di impressionante attualità, come la perorazione di Simone “Plebi, patrizi, popolo”, direttamente rivolta a un'Italia in cui il “particulare” (allora come oggi) ha sempre inevitabilmente il sopravvento su una visione nobile e impegnata del bene comune: il messaggio di tolleranza e comprensione alla base dell'opera suona vivo ed attuale come non mai. Un messaggio contenuto in un'opera che ha pagine di un'intensità emotiva altissima. Giorgio Gallione ambienta l'opera in un indefinito passato, nelle scene lineari e sobrie di Guido Fiorato (come i costumi colorati e ricchi) che rimandano ad una Genova di spazi angusti, di vicoli tortuosi ed oscuri, di spigoli. Domina il tradizionale bicromatismo, fasce bianche e nere che spingono lo sguardo verso il mare oltre l'inclinata piazza coi ciottoli tondeggianti. Il mare è presente nei momenti essenziali, un mare visibilmente teatrale, un mare appena intravisto (prologo), largo sfondo (primo atto, quasi tagliato da una lama inclinata che via via si alza), dominante (terzo atto) tanto che la piattaforma romboidale appare un'isola nel momento in cui il pavimento diventa acquoso e la scena si apre completamente. La regia è lineare, non interviene nelle singole individualità, per cui i cantanti appaiono solo “cantare” in un'opera invece in cui la dimensione teatrale è gigantesca. Si avverte un senso di distacco, di poca indagine sull'interiorità: troppi gesti sono frettolosi e simili uno all'altro in contesti profondamente diversi. Insomma poca espressività teatrale. C'era attesa per Michele Mariotti sul podio. Il giovanissimo marchigiano (ha 28 anni ed è nato a Urbino) conduce egregiamente l'Orchestra del Comunale, rendendo assai bene la tinta cupa dominante, dove prevalgono i timbri gravi ed oscuri degli archi, colori orchestrali che appaiono giustamente contrastati, come quelle fasce bicromatiche delle scene. Mariotti crea pastose rotondità di sapore malinconico, trova un tempo perfetto e un suono morbidissimo. Assesta all'unisono buca e voci: la mano è sicura, il gesto saldo (da dietro mi ha ricordato Daniele Gatti). Le voci sono ideali e l'affiatamento tra i cantanti consente di raggiungere un risultato ottimale. Roberto Frontali ha voce adatta al ruolo e sa ben usarla, insieme a convincenti doti interpretative. Giacomo Prestia è un Fiesco nobile nell'aspetto e solenne nella cupa vocalità; Carmen Giannattasio una coraggiosa Maria con intensi slanci lirici; Giuseppe Gipali un Gabriele Adorno squillante e saldo; Marco Vratogna un Paolo Albiani machiavellico, di colore appena più scuro che Frontali, come deve essere. Con loro Alberto Rota (Pietro), Enea Scala (un capitano) e Lucia Michelazzo (un'ancella). Coro preparato adeguatamente da Paolo Vero. Teatro gremito; pubblico plaudente e molto soddisfatto. FRANCESCO RAPACCIONI Visto a Bologna, teatro Comunale, il 18 novembre 2007
Visto il
al Comunale - Sala Bibiena di Bologna (BO)