Lirica
SIMON BOCCANEGRA

Il corsaro genovese

Il corsaro genovese
Parma, teatro Regio, “Simon Boccanegra” di Giuseppe Verdi IL CORSARO GENOVESE Il teatro Regio di Parma prosegue nella meritevole iniziativa di registrare tutte le opere del catalogo verdiano entro il bicentenario della nascita del compositore, per cui nelle stagioni del Regio non manca mai almeno un titolo di Verdi, due quest'anno, il raro Un giorno di regno in gennaio e ora Simon Boccanegra. Passato poco tempo dall'allestimento di Hugo De Ana (Festival 2004), si è messa in cartellone la produzione di Bologna e Palermo, dove emerge prepotentemente la genovesità del corsaro e della storia, evidente nella scena di Guido Fiorato (suoi anche i costumi d'epoca). Il prologo si svolge in una piazzetta simile alla piazza San Matteo di Genova, dove affacciano le case dei Doria: costruzioni prive di finestre con i caratteristici bicromatismi che creano angoli, punte, vicoli, pareti a fasce con inserti a contrasto negli spigoli. Nell'apertura fra le pareti una piazzetta romboidale in acciottolato come una pedana sopra il mare che si incunea nel golfo mistico. Nel primo atto lo stesso spazio romboidale è aperto sull'infinito, ma una lama come di ghigliottina in diagonale ne delimita l'orizzonte in modo incombente (si alza via via nel corso dell'atto, dopo le agnizioni); un ulivo è nel mezzo. Nel secondo atto gli edifici si sono ridotti a parallelepipedi bianchi e neri; una scala ha sul profilo un motivo in stile Escher. Una grata di prigione, fatta di giunchi legati insieme, chiude l'orizzonte nel terzo atto. Sul fondale sempre si ripete la mappa della Genova medioevale che è sul sipario, una città chiusa nelle mura e arroccata sulle montagne a cui il mare non riesce a dare respiro. La regia di Giorgio Gallione (ripresa da Marina Bianchi) non sfrutta a pieno gli spunti della storia, non interviene sulle singole individualità e nei movimenti del coro (va rilevato però che lo spazio è angusto) e lascia che la storia si dipani apparentemente da sola, in modo comunque tradizionale. Ottimo il cast. Leo Nucci disegna uno straordinario Boccanegra per varietà ed intensità di sentimenti, finezza ed espressività di canto. Fin dal primo scambio di battute con Paolo, Nucci canta sempre, anche quando c'è scritto “parlato” e, al tempo stesso, è talmente nitido quello che canta, facendo percepire ogni singola sillaba, che sembra che parli, tanta e inarrivabile è la chiarezza. Roberto Scandiuzzi è un Fiesco nobile ed autorevole. Simone Piazzola è un eccellente Paolo dalla voce pulita e sicura. Francesco Meli è un Gabriele Adorno con voce possente e usata generosamente, controllata negli acuti, pieni e svettanti, polposa nei medi e nei gravi, sfoggiando, apparentemente senza sforzo, un fraseggio di suggestiva personalità, nonostante la giovane età. Tamar Iveri è la rivelazione della serata, voce splendida per colore ed estensione ed usata perfettamente, già bene nel difficile inizio e cresciuta di intensità nel corso dell'opera: il timbro è bruno, ampio e vellutato e supportato da giusto controllo di fiato, suggestivi i piani e notevole la facilità di salire alla voce piena. Bene anche i comprimari, Paolo Pecchioli (uno scuro e oscuro Pietro), Luca Casalin (il capitano dei balestrieri) e Olena Kharachko (un'ancella di Amelia). Un cast di tale livello ha reso i molti confronti a due dell'opera particolarmente intensi e commoventi. Simone è un'opera complessa, dove le intersezioni delle diverse prospettive sonore (strumentali, vocali e corali) vanno dosate in modo da sostenere la narrazione in modo fluido e vibrante. Daniele Callegari riesce a organizzare tutto, preferisce un suono scabro a uno vellutato, scandisce bene i tempi ma talvolta il risultato è meno puntuale e soprattutto manca quel suono sontuoso e ricco, soprattutto quando debbono essere sottolineate le cupezze che Verdi vuole morbide. Ottima la prestazione del coro, preparato da Martino Faggiani. Teatro esaurito, pubblico molto caloroso nel corso dell'opera, applausi trionfali alla fine. FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Regio di Parma (PR)