Lirica
SIMON BOCCANEGRA

MUTI DI FRONTE AL MARE

MUTI DI FRONTE AL MARE

L'Opera di Roma inaugura la stagione celebrativa del bicentenario Verdi-Wagner con una nuova produzione di Simon Boccanegra in cui debutta sul podio di Riccardo Muti, direttore onorario a vita del teatro della capitale. Seguiranno i verdiani “I due Foscari” (marzo) e “Nabucodonosor” (luglio al Costanzi e agosto al festival di Salisburgo), sempre diretti da Muti, e il rarissimo grand-opéra giovanile di Wagner “Rienzi l'ultimo dei tribuni” in maggio.

Ottima la scelta di festeggiare Verdi con la seconda versione di Simon Boccanegra, opera musicalmente perfetta, tra le sue migliori in assoluto.
Le monumentali scene di Dante Ferretti rimandano a una Genova in pietra bicroma, quelle fasce bianche e nere che costituiscono uno dei motivi identificativi della Superba del tempo medioevale. Nel prologo un poderoso edificio chiude la scena, in esso si apre un arcone a tutto sesto da cui si vedono il porto e il mare luccicante. Nel primo atto dapprima un giardino è indicato da tramezzi di verdure scolpite in forme geometriche, poi un grande salone con al centro un trono il cui dossale con bifora inserita in una monofora gotica riprende l'apertura nel muro di fondo. Nel secondo atto gli appartamenti dogali e nel terzo un portico aperto sul mare caratterizzati dalla bicromia. Elemento costante delle scene due enormi catene, forse a simboleggiare i legami indissolubili di cui si narra nel libretto.
La moglie di Ferretti, Francesca Lo Schiavo, si è occupata dell'arredamento, invero pochi elementi di stampo neoclassico-napolenonico e una quadreria per le stanze del doge non medioevale, oltre un leone simile a quelli davanti alla cattedrale di San Lorenzo ma dall'aria maggiormente stupita. Maurizio Millenotti propone nei costumi un medioevo fastoso e rivisitato in chiave kolossal cinematografico, in linea con le scene.
Parte rilevante hanno le luci di Alan Burrett che rimandano a una perenne, luminosa notte capace di illuminare di tremolii la superficie del mare; particolarmente suggestivo l'azzurro scuro del fondale che si irradia per tutto il palcoscenico. I movimenti coreografici sono stati curati da Sue Lefton. La regia di Adrian Noble si limita a quanto suggerito in libretto con staticità e prevedibilità, senza trasmettere tensione drammatica né drammaturgica.

La parte musicale ha emozionato notevolmente. Riccardo Muti dirige avendo ben presenti le opere verdiane, giovanili e non, una conoscenza e una profonda meditazione su ogni partitura che gli consentono di avvicinarsi a Simone non solo con maturità di interprete ma anche con eccezionale scavo. Le pagine risplendono per ogni singolo dettaglio che viene cesellato ed esaltato a comporre un insieme di rara perfezione. Si sente palpitare quel mare in ogni momento e in ogni momento il direttore ne coglie i riverberi nell'animo dei protagonisti. Il direttore ha reso con grande morbidezza i momenti lirici e intimi ma anche le pagine più tumultuose con grande senso di equilibrio, sempre lasciando nello spettatore la percezione di un mare placido e tranquillizzante. A nostro avviso i momenti più riusciti, in una direzione – giova ripeterlo – impeccabile, sono stati l'agnizione che Amelia è la figlia di Simone e l'incontro finale di Simone e Fiesco, entrambi dominati da intensa commozione. Muti ha un rapporto privilegiato con l'orchestra dell'Opera di Roma che lo segue fedelmente, ottenendo un risultato impareggiabile e dimostrandosi una compagine nitida ed equilibrata.

George Petean è un Simone solido e credibile, la voce è di bellissimo colore, piena e a fuoco in ogni registro, il fraseggio curato e il verso scolpito a rendere le pieghe dell'animo del corsaro che deve farsi doge mantenendo un profilo privato intenso che ha reso con morbidezza. Maria Agresta ha tratteggiato una Maria pienamente matura dal punto di vista vocale e interpretativo, sicura e volitiva. Autorevole lo Jacopo Fiesco di Dmitri Beloselskiy sia nella rabbiosa protervia che nella calma appagata del finale. Francesco Meli conferma il giudizio positivo da noi espresso a Parma, un Gabriele Adorno dalla voce possente e usata generosamente, controllata negli acuti pieni e svettati e polposa nei medi e nei gravi. Molto bene i due cattivi, Quinn Kelsey (Paolo Albiani) e Riccardo Zanellato (Pietro), “neri” quanto serve ma mai eccessivi o caricaturali. A completare adeguatamente il cast Saverio Fiore (Capitano dei balestrieri) e Simge Büyükedes (Ancella di Amelia). Il coro è stato ottimamente preparato da Roberto Gabbiani.

Pubblico numeroso, applausi convinti e ripetuti soprattutto per Muti. Da segnalare il bel manifesto, creato da Mimmo Paladino. In vari spazi del teatro l'Opera di Roma mostra i suoi tesori, i preziosi costumi di decenni di attività: un'esposizione imperdibile.

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