Lirica
SIMON BOCCANEGRA

Simone e il fantasma di Maria

Simone e il fantasma di Maria

La Fenice inaugura la stagione lirica con due opere di Giuseppe Verdi composte per il teatro veneziano: Simon Boccanegra e La traviata, la prima in un nuovo allestimento, la seconda in quello di Robert Carsen con cui è stata riaperta la Fenice dopo la ricostruzione (ripreso tutti gli anni e giunto alla centesima replica) e che nei prossimi mesi sarà sempre in scena per il progetto Expo.

L'allestimento di Simon Boccanegra ha la regia di Andrea De Rosa che cura anche le scene, un impianto fisso con una struttura centrale che fa da esterno e interno e parzialmente copre il fondo scena dove viene proiettato il mare della Liguria così presente nella partitura. I costumi di Alessandro Lai situano l'azione in epoca medioevale e le luci di Pasquale Mari (suoi anche i bellissimi video con il mare baluginante) consentono di differenziare interni ed esterni: splendidi i momenti con le candele che sembrano dipinti di Georges de La Tour. La regia è piuttosto statica e segue le direttive del libretto senza particolare originalità e con una gestualità moderna, ma consente di seguire con chiarezza lo svolgersi del plot e, soprattutto, di apprezzare la splendida direzione musicale. Unica idea la presenza in scena, in vari momenti, del fantasma di Maria: interessante che, nel prologo, ella giace cadavere tra le braccia di Simone e, al contrario, nel finale, accoglie in un abbraccio il corpo di Simone morente.

Myung-Whun Chung rende la musica protagonista assoluta della serata e si dimostra in totale sintonia con un'orchestra assolutamente in stato di grazia: il gesto è teso, concentrato, svelto nei tempi perfetti. Eseguita la versione del 1881, in cui Verdi dimostra la maestria tecnica raggiunta, il direttore esalta la ricchezza e la varietà di toni e colori rendendo al meglio la densità formale e contenutistica della partitura, imprime una dinamica fluida, articolata e cangiante che rende comprensibile il dipanarsi del racconto, mette in rilievo le diverse psicologie, valorizza gli elementi di novità della partitura. Chung immerge la platea in un clima di cupo pessimismo e anche gli struggenti momenti di squarcio melodico e apertura (l'inizio del primo atto, l’evocazione del mare) sono pervasi da inquietudine. Il Maestro si dimostra ottimo concertatore in quanto sa organizzare al meglio tra loro e nelle reciproche intersezioni le diverse componenti sonore (strumentali, corali, vocali), dosandole in modo da sostenere la narrazione ed evocare le diverse atmosfere.
Bene l’ottimo coro preparato da Claudio Marino Moretti, che dà un ulteriore contributo alla definizione della tinta scura dell’opera.

Il fascino del Simon Boccanegra risiede soprattutto nella timbrica scura delle voci maschili che vi si fronteggiano e nella figura del protagonista che, nel corso dell’opera, matura una straordinaria evoluzione che si traduce in un canto ricco di sfumature e diversi sentimenti. Simone Piazzola, seppur giovanissimo, dimostra la maturità interpretativa e la bellezza del mezzo per rendere un pirata totalmente credibile sia nel prologo che negli atti; la voce è generosa e possente, curata nel fraseggio e nell’emissione e in grado di rendere contemporaneamente l’aspetto umano e paterno e quello politico anche se, negli anni a venire, potrà approfondire le lacerazioni e la pietas di Simone che lo porteranno a eccellere sul piano interpretativo. Maria Agresta è piena di temperamento e mai leziosa, un'Amelia giovane ma volitiva di cui si apprezzano accento e comunicativa; il registro centrale è di suggestiva pienezza e gli acuti non suonano mai forzati. Giacomo Prestia ha quel colore di voce grave e profondo che l’implacabile Fiesco vuole e  si conferma cantante di classe per doti di intonazione e accento: il suo canto plasmato in modo autorevole ammanta Fiesco di nobiltà e forte presenza, aristocratico per alterigia e protervia di rango come per il senso dell’onore (forse troppo canuto nel prologo, ma è particolare di secondaria importanza). Francesco Meli ha un modo elegante di porgere il canto, particolarmente apprezzato dal pubblico; il centro è vellutato e brunito, corposo eppure consente di salire ad acuti pieni e luminosi, squillanti e potenti; il tenore, in più, ha la capacità rara di modellare mezzevoci timbrate e variegate, dense di significati nel contesto di una dinamica articolata e che si basa su un fraseggio sensibile e personale e in grado di cogliere i molteplici aspetti del personaggio sia sul piano umano e privato che su quello politico e pubblico. Julian Kim ha sottolineato la natura infernale di Paolo con un canto scolpito e variegato di grande intensità e incisività vocale e interpretativa. A dimostrazione che anche i ruoli di contorno sono essenziali quando sono ben risolti, ecco il Pietro del bravo Luca Dall'Amico. Con loro il Capitano dei balestrieri di Cosimo D'Adamo, l'Ancella di Amelia di Andrea Lia Rigotti e, nel ruolo attoriale di Maria, il mimo Valentina Diana.

Pubblico numeroso e attento, trionfo per tutti.

Visto il
al La Fenice di Venezia (VE)