Prosa
SIZWE BANZI EST MORT

PETER BROOK: REGISTA UNIVERSA…

PETER BROOK: REGISTA UNIVERSA…
PETER BROOK: REGISTA UNIVERSALE “Un momento di teatro non può che avvenire nel momento stesso. Non ieri o domani. Non si può dimenticare il pubblico. Questo aspetto funzionale distingue il teatro dalle altre forme d’arte”. Ecco come si esprime uno dei più grandi maestri del nostro tempo “IL REGISTA” Peter Brook, il quale con disarmante e filosofica semplicità ama autodefinirsi “artigiano” del teatro. Eclettico e ricettivo, egli parte dal dall’esperienza shakespeariana della Royal Shakespeare Company, attraversa Peter Waiss ed “il teatro della crudeltà” d’ispirazione artaudiana, per approdare ad una personalissima dimensione espressiva che coniuga stili e forme diverse. Nel 1971 egli fonda il CIRT (Centre International de Recherche Théâtral) con sede a Parigi, che accoglie artisti di differenti esperienze e culture, provenienti da più parti del mondo. Qui, Peter Brook inizia una ricerca volta a scoprire i mezzi per superare le barriere della diversità, non ultime quelle della lingua (emblematico, a tal proposito, fu “Orghast”, suo originalissimo allestimento - presentato nel ’71 al Festival di Persepolis in Iran - nel quale gli attori recitavano in una lingua totalmente inventata). “Sizwe Banzi est mort” è un testo che nasce dalla scrittura di due attori di colore, John Kani e Wistron Ntshona, e del drammaturgo Athol Fugard. Esso è un mirabile esempio di ciò che era il teatro delle townships, le città - ghetto in cui vivevano segregati i neri sudafricani, durante l’apartheid. La storia ci narra di Sizwe Banzi, uomo di colore, il quale, sprovvisto dei documenti necessari per poter lavorare in città, s’impossessa indebitamente di quelli di un cadavere trovato per caso in strada; rinunciando così per sempre al proprio nome e alla propria identità. A caratterizzare la scena non sono ricche ambientazioni e turbinosi effetti visivi, ma pochi elementi: qualche cartone e due telai in ferro, tali da non snaturare la dinamica originaria delle townships. Un allestimento che non ha, dunque, lo scopo di “far spettacolo” ma di esprimere, con giustezza di ragionamento drammatico, i sentimenti e le emozioni dei nostri protagonisti, donando all’insieme uno stile misurato, dai toni giusti e dal ritmo scandito e impeccabile in perfetto equilibrio col testo. Un plauso particolare va, inoltre, ai due attori in scena (Habib Dembèlè e Pitcho Womba Konga), i quali, senza alcun cedimento, mantengono vivo l’incedere della narrazione coniugando in modo esemplare gestualità e gioco vocale. Napoli, TEATRO POLITEAMA 1 ottobre 2007
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