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Skianto di Timi: monologo surreale dai contenuti profondi

Filippo Timi
Filippo Timi

Il monologo di Timi è una favola surreale, dai toni pop e con richiami diretti agli anni ’80. Dal pigiama spaziale ai travestimenti da fatina, Biancaneve, cavallino rosa e agli abiti da show televisivi.

Dopo 5 anni, Skianto di Filippo Timi ritorna in scena e diventa fonte di ispirazione per lo show di prima serata condotto da Timi stesso su Raitre.

Una favola molto pop, stile anni ‘80

Un burattino con pigiama spaziale e calzini gialli che piroetta, pedala e si adagia su una cyclette racconta con vivacità espressiva la sua nascita, dall’”abbraccio azzittisce il mondo” tra le cellule riproduttive e la sua crescita, nonostante le difficoltà del suo handicap che lo fa sentire chiuso, murato sia dentro sia fuori. Persino il ricovero in ospedale diventa un’occasione per uscire dalla propria casa.

Eppure il monologo di Timi si trasforma in una favola surreale, dai toni pop e con richiami diretti agli anni ’80: dalle trasmissioni televisive, all’allestimento scenico con sfere stroboscopiche, alle canzoni riadattate dallo stesso Timi e cantate con il musicista Salvatore Langella, al racconto divertente ed esilarante del cartone animato Candy Candy.

Le difficoltà interiori e fisiche del protagonista, vissute direttamente da Timi tramite la frequentazione della cugina affetta da un grave handicap, si focalizzano sugli sforzi di esternalizzare le proprie emozioni, pensieri, desideri, una frustrazione interiore che si trasmette al pubblico e diventa centrale della scena silenziosa in cui l’attore, piegato sulla schiena, mima i versi e lo sforzo di comunicare agli altri il suo vissuto.

Leggerezza e spontaneità per raccontare il dolore della disabilità

La regia è sincopata, cala il sipario con intervalli di proiezione video, spesso presi dalla rete, come la pubblicità del Panda o le scene dei gattini, a volte gli intermezzi risultano spezzare il ritmo incalzante del monologo e distogliere l’attenzione dalla dimensione empatica a quella di semplice spettatore.

Il protagonista però quando ritorna in scena si inserisce con leggerezza e spontaneità nella narrazione spezzata, con linguaggio che mescola dialetto umbro-toscano a battute più popolaresche, spesso carico di immagini buffe e surreali, nonostante la drammaticità del soggetto del racconto.

E così dal pigiama spaziale si passa ai travestimenti da fatina, Biancaneve, cavallino rosa e agli abiti sgargianti da show televisivi della Carrà o di Heather Parisi. Il mondo interiore rimane un rebus da risolvere, il famoso mondo che anche Pirandello diceva fatto di parole incomunicabili, Timi però immagina la vita una realtà variopinta, un cartone animato che si riaccende dopo l’ultima puntata in cui si è lasciati in sospeso, perché l’immaginazione crea e talvolta il pensiero diventa concreto.

Visto il 03-12-2019
al Duse di Bologna (BO)