Parma, teatro Regio, “Sogno di una notte di mezza estate (Ein Sommernachtstraum)” di Felix Mendelssohn-Bartholdy
UN MIRACOLO A PARMA
In treno verso Parma ho letto “Un miracolo nel Botswana”, ultima avventura di Mma Precious Ramotswe, la Miss Marple africana dei romanzi di Alexander McCall Smith pubblicati da Guanda, casa editrice parmense, curiosa combinazione. Ho pensato che il titolo ben si adattava alla seconda opera in scena al Regio per la stagione lirica 2010, perchè invero non di opera in senso proprio si tratta, ma di miracolo ben sì. A Parma sono soliti cercare il nuovo con la professionalità e la passione massime: come non ricordare il progetto Faust? Qui ci si è spinti più in là, in territori che esulano da lirica, sinfonica e prosa per fondere i tre insieme in uno spettacolo ricercato e raffinato, oltre che godibilissimo.
Gli ingredienti essenziali sono la partitura di Mendelssohn e il testo di Shakespeare, il secondo rivitalizzato dalla traduzione in versi concreta e sognante di Luca Fontana, la prima rivitalizzata dalla bacchetta magica di Yuri Temirkanov. La musica, in cui si incunea il testo, non tanto diventa musica di scena, quanto amplifica l'effetto di suggestione dei versi e della storia narrata. Mendelssohn aderisce alle immagini letterarie e al testo poetico, che utilizza per l'andamento della musica, quasi precorrendo il poema sinfonico. Non cade nelle tenebrose tentazioni della fantasia romantica, anzi la purifica di ogni immagine di incubo e la traduce in visioni luminose, in oniriche trasparenze timbriche, in un indefinito trasecolare ritmico e, conseguentemente, tematico.
Il pubblico scopre una partitura evocativa, poco conosciuta se non per la invece arcinota marcia nuziale, propinata in quasi tutti i matrimoni ma che qui viene suonata come mai prima. Partitura evocativa di cui si colgono tutte (ma proprio tutte) le folate poetiche e le suggestioni proprio per l'essere seguita e preceduta dai passi della commedia, che consentono di contestualizzare le note e percepirne ogni fremito, ogni anelito, ogni dettaglio. A sua volta il testo del Bardo è esaltato dal collegamento con la musica, che non si pone come sfondo delle parole, bensì interviene a intervalli, con incisioni precise e emozionanti, veri e propri “tra parentesi” che danno luce e senso nuovo e pieno alla commedia tante volte vista.
Tiziano Santi ha inventato uno spazio scenico assai funzionale (quasi una camera acustica), un interno semplice ed elegante sui toni del giallo-oro con tre aperture sullo sfondo e due sul lato sinistro. Orchestra e coro sono al centro del palco; gli attori si muovono su una pedana oltre il proscenio che copre il golfo mistico. Splendidi e pieni di fantasia i costumi di Gianluca Falaschi, dai lunghi cappotti neri con cilindro in stile Bram Stoker agli smoking bianchi e neri novecenteschi, per mettere al centro gli abiti di Titania (con copricapo stellato e tintinnante) e Oberon (con corna ritorte e scintillanti d'argento), il cappello illuminato di Puck, le carnascialesche fate, fino alle tute blu dei commedianti. Il tutto perfettamente illuminato da Claudio Coloretti.
Walter Le Moli aveva già collaborato con loro per il Sogno visto lo scorso anno al Teatro Due; al Regio sfrutta al meglio lo spazio a disposizione, non ampio, per cercare il divertimento misurato dalla gestualità e dalla battuta. Ha a sua disposizione uno stuolo di giovani affiatati provenienti da Teatro Due: Alessandro Averone, Paola De Crescenzo, Luca Nucera, Federica Bognetti, Federica Vai, Ippolita Baldini, Francesco Gerardi, Gianluca Parma, Massimiliano Sozzi, Antonio Tintis, Nanni Tormen, Massimiliano Sbarsi, Filippo Gessi, Marco De Marco e Sergio Filippa, molti con il copione in mano: ma è un segno, un'idea registica.
Yuri Temirkanov dirige l'orchestra e il coro in modo splendido e prodigo di emozioni. L'ouverture è di grande respiro e leggerezza solare, fresca come gli anni dell'adolescente compositore, diciassettenne rapito dal testo dell'inglese dopo una rappresentazione berlinese. Quindi le Scene, perfette nel rendere le emozioni degli snodi del testo, nella piena maturità di un Mendelssohn quasi quarantenne. Nelle pause della musica (e quindi durante l'azione della commedia) Temirkanov segue con attenzione lo svolgersi dei fatti, si volta sul suo seggiolino, un braccio giovanilmente appoggiato sulla balconata di appoggio, talvolta interagisce con Puck. Nelle sue mani orchestra e coro assumono un tono diverso, sontuoso, profondamente ispirato. Il Maestro illumina tutto quanto di respirabile c'è nella partitura, affidandolo ad archi e legni perfetti; non sono da meno gli altri settori. Forte della sua esperienza nel repertorio romantico, Temirkanov regala a Parma grandi e nuove emozioni e, nonostante la brevità della partitura, pone al centro in modo preponderante (e prepotente) la musica.
Al coro femminile, ben preparato da Martino Faggiani, si sono unite Elena Monti e Anna Maria Chiuri.
Il pubblico ha seguito con attenzione il compatto atto unico, divertendosi quando possibile e concentrandosi quando necessario. Alla fine applausi convinti per tutti. E l'ennesimo tributo a Verdi dalla sua terra con l'autore che il Maestro sommamente amava.
A Parma un miracolo: il teatro è poesia e musica, il teatro è emozione e commozione.
Visto a Parma, teatro Regio, il 20 febbraio 2010
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Regio
di Parma
(PR)