Prosa
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Il teatro è un'altra cosa

Il teatro è  un'altra cosa

Affrontare Sogno di una notte di mezza estate di Shakesperare non è mai facile. Testo visitatissimo, riletto in molte chiavi, esplorato da mille esegesi diverse, rimane uno dei testi fondamentali del teatro moderno e della letteratura occidentale.
Tommaso Bernabeo segue la tradizione recente delle messe in scena del testo, optando per una efficace scena spoglia, e seguendo la tradizione inaugurata da Peter Brook, fa interpretare agli stessi attori che impersonano Teseo e Ippolita anche i personaggi di Oberon e Titania. Bernabeo cerca di dare più spessore alla messa in scena invertendo i ruoli, Oberon, personaggio maschile, è interpretato (egregiamente) da Valeria Passa mentre Titania è interpretata da Gabriele Mira-Rossi, alludendo così, almeno in parte,  alla tradizione del teatro elisabettiano che, essendo vietato alle donne recitare, costringeva i ragazzi più giovami a interpretare i ruoli femminili. Gabriele Mira-Rossi cade però nell'errore più ovvio che un attore chiamato a interpretare un ruolo femminile può fare: Gabriele non interpreta Titania, come può interpretarla un giovane e bel ragazzo ancora con poca esperienza sulla scena, Gabriele fa il verso a Titania, come in una sbracata parodia, rendendo il personaggio niente affatto credibile, calcando ancora di più la mano sulla misoginia di Shakespeare (che però è uomo del rinascimento) che fa punire i suoi capricci per mano di Oberon. Non contento Bernabeo chiama un uomo a interpretare anche il ruolo della Fata e sceglie quello che ha meno le phisique du rôle buona intuizione, se l'attore fosse un maestro nell'interpretare il personaggio. Purtroppo Domenico Tiburzi crede che per interpretare una fata basti agitare continuamente le braccia come una odalisca ma non ha la minima idea di cosa significhi essere fata.  Diverso il discorso per Puck la controparte della Fata, che Bernabeo fa vestire da supereroe, con una maschera rossa direttamente dipinta sugli occhi, che si muove per tutta la scena con circospezione, semiaccovacciato, interpretato con la dovuta convinzione da Ivan Boragine.
L'idea sulla carta interessante e colta di far recitare uomini in ruoli femminili trasforma involontariamente la messinscena in una bolsa parodia e non possiamo adurre nemmeno la buona fede del regista perchè Bernabeo indulge anche su inutili e volgari allusioni sessuali (d'altronde basta guardare la locandina...) snaturando così il senso poetico di gioiosa sessualità che emana dal testo shakespeariano. Nel quinto atto, quando la compagnia teatrale inscena la commedia su Piramo e Tuisbe,  il buco del muro diviene un'allusione sessuale degna del peggiore film con Banfi e Edvige Fenech. Nel quarto atto quando Titania (ricordatevi interpretata da un ragazzo) si invaghisce, sotto incantesimo, di Botto, uno degli attori della compagnia (a sua volta, sempre per incantesimo, con la testa di un asino) Berbabeo fa loro mimare una copula, facendo sedere Titania di spalle al pubblico su Botto, di modo che lei può inarcare il bacino (e dunque il sedere) verso il pubblico ogni volta che si solleva da Bottom mentre lo cavalca.
Ma il momento meno riuscito è quando compare in scena la compagnia di attori scalcinati. Solo degli attori bravi sanno interpretare il ruolo di degli attori che recitano in maniera pessima. Un ruolo che è al di là delle loro possibilità ma la colpa prima è del regista che, temiamo, ha sperato così che la scalcintezza dei suoi attori si trasferisse per miracolo nei personaggi che dovevano interpretare. Non ce ne vogliano gli attori. Diamo loro atto di avercela messa tutta. Sono anche bravi a recitare ognuno in un dialetto diverso (intuizione interessante per rendere l'accento e il lessico che nel testo originale sottolineano le origini sociali di questi artigiani col pallino del teatro) ma è proprio la regia che li fa muovere e recitare in maniera goffa, impacciata, con delle pause imbarazzanti, dove tutto dovrebbe invece funzionare come un orologio, la visione che Bernabeo ha dei dialetti e di chi li parla, poi, non va al di là  dell'immaginario delle fiction tv (soprattutto il romano interpretato secondo i  più triti  cliché). Ed ecco che la scena di attori che recitano male si trasforma in una scena mal recitata. 
Decenti i quattro giovani che interpretano le due coppie di innamorati, tra i quali spiccano per maggiore padronanza del loro stare in scena Alessio Chiodini (nel ruolo di Lisandro) e Giulia Idromela (in quello di Ermia) che hanno però forse un incedere troppo moderno rispetto i ruoli e la commedia che interpretano.
Già, la modernità, che, spiega la locandina, dovrebbe caratterizzare questa messa in scena si riduce all'impiego di Heavy Metal sinfonico come sipario tra una scena e l'altra... Con esclusione di qualcuno (Valeria Passa, Ivan Boragine, Daniele Gemmiti) la messinscena non va oltre l'aura del saggio di fine anno di scuola di teatro con tanta buona volontà  ma ancora tanto da imparare e chiediamo scusa se non siamo magnanimi come Teseo che, nell'accettare di assistere allo spettacolo della scalcinata compagnia, risponde ai commenti critici di Filostrato: dove il solo zelo non riesce/ lo sguardo nobile coglie l'intenzione e non l'effetto perchè è proprio l'intenzione a lasciar desiderare non si banalizza Shakespeare per rivolgersi a un pubblico abituato alle semplificazioni da cabaret televisivo (un vecchio interpretato col bieco cliché dell'uomo in carrozzella, tutto tremante e rimbambito). Un pubblico che, essendo composto da amici e parenti, non può che applaudire.
Ma il teatro è un'altra cosa.

Visto il 27-05-2010