Mariangela Melato interpreta se stessa.
O meglio, come chiarisce durante lo spettacolo, interpreta tutte le molteplici sfaccettature della sua esuberante e profonda personalità.
Trovano spazio ironia, ardore, risentimento, dramma e speranza, sentimenti veri eppure artefatti anzi veri forse tanto di più perché artefatti. Se non si riesce ad essere felici almeno si gioca ad esserlo, dice la Melato. E che importa se è stupido, la felicità a volte può esserlo, o essere perlomeno ingenua.
In scena due specchi a volte metaforici, rivolti verso il passato, a proiettare altre scene, altri spezzoni e a volte invece reali, specchi veri e propri, rivolti verso la platea e il pubblico, coinvolto dall’attrice in un crescendo di brillantezza e partecipazione.
E un altro grande specchio al centro, questo invece utilizzato soltanto per proiettare scene passate, lo specchio dei ricordi e della memoria, forse. Ma non è uno spettacolo malinconico, anzi, sia pure con qualche lieve sfumatura di tristezza in alcuni passaggi trasmette una straordinaria voglia di vivere e giocare, davvero, ad essere felici.
Forse la Melato non nelle sue parole, ma nel suo recitare, nel suo cantare e ballare affiancata da sei ballerini e accompagnata dal suono di un pianoforte, nel piroettare in una scena che si trasforma e si colora delle sue emozioni, forse dice davvero molto di sé.
E lo spettacolo, non a caso, si avvicina alla conclusione con una citazione di Shakespeare: “Noi attori siamo spiriti e ci sciogliamo nell’aria lieve, nell’aria leggera”, e il cuore e il trasporto di Mariangela Melato davvero si sciolgono e si diffondono, in una brezza di applausi. E la citazione prosegue e si conclude: “Noi siamo fatti della stessa materia dei sogni e la nostra vita è breve come l’attimo di un sonno.”
Una musica leggera, un gran ballo e poi, sipario.
Genova, Teatro della Corte, 12 febbraio 2008
Visto il
al
Clerici (ex Gran Teatro Morato)
di Brescia
(BS)