Quando Isabella scopre che suo figlio Marco, gay, sta intessendo una relazione amorosa con una ragazza, reagisce negativamente e vuole riportarlo sulla retta via facendosi aiutare da Dodo, il migliore amico del figlio, anch'egli gay.
Questo il nucleo narrativo dal quale si dipana Sono diventato etero! una commedia con canzoni che, senza sponsor né pubblicità, si è imposta con il solo passa parola del pubblico, garantendosi negli anni molte repliche e diverse riedizioni.
Questa nuova edizione al teatro millelire di Roma vede due nuovi attori, Sonia De Meo e Cristiano Leopardi, accanto ad Antonio Lupi, l'unico rimasto dalle prime edizioni.
La commedia, dai continui colpi di scena, inganna molte aspettative del pubblico giocando con alcuni stereotipi e cliché riuscendo a non scadere mai nell'ovvio o nella macchietta.
Il paradosso di una madre che si augura che l'innamoramento del figlio per una ragazza sia solo una fase passeggera irride alla situazione opposta che, purtroppo, attanaglia la vita di tante, troppe, persone omosessuali e serve al suo autore e regista Lorenzo De Feo, prima ancora che per stigmatizzare l'omofobia familiare e di tutta la società, ad additare le ingerenze materne nella vita dei figli, e delle figlie.
Una ingerenza che costringe la prole ad adeguarsi agli stereotipi imposti dalle madri. Scopriamo così che Isabella ha cercato di crescere Marco secondo la sua idea di omosessualità, tra tutù e lezioni di cosmesi, allevandolo al contempo con un gusto altro riconoscendogli il pregio di non avere mai avuto, in quanto gay, la passione per Mina e Ornella Vanoni.
Marco è, e rimane, un ragazzo, maschile e virile, al quale piacciono i ragazzi, almeno finora.
Una accettazione obliqua quella di Isabella visto l'odio che la donna riversa su Dodo, apostrofandolo spesso come frocio, adducendo una differenza di classe, prima ancora che di attitudine e di comportamento, con suo figlio Marco che non è frocio ma gay.
I cliché di Isabella sono in fondo anche quelli di noi spettatori e spettatrici che deduciamo l'orientamento sessuale in base a un presunto modo di fare, tanto che l'assenza totale di effeminatezza ci insinua il sospetto che forse Marco gay non lo è stato mai...
L'omosessualità di Marco è infatti detta e non mostrata, e all'inizio della commedia, potrebbe sembrare sia davvero solamente una pervicace pretesa di Isabella e di Dodo.
Dell'orientamento sessuale di Dodo invece, data la sua moderata effeminatezza, non abbiamo dubbi.
Sarebbe stato interessante capovolgere il cliché del gay effeminato, e fare di Dodo un ragazzo effeminato al quale piacciono le ragazze, ma la commedia di De Feo è più interessata a criticare il femminile che a parlare di omosessualità.
L'idea che una madre reagisca male alla notizia che il figlio gay sia ora attratto da una donna dirompente e paradossale non è però sostenuta da una solida necessità narrativa e tradisce da subito Si tratti di una boutade che serve per dare il via a un racconto che, soprattutto all'inizio, annaspa un po'.
Il piano di Isabella e Dodo per far rimanere Marco gay si limita all'uso di internet e delle chat gay, presentate come assoluta novità, cosa che forse era tale quando la commedia è stata scritta, diversi anni fa, ma che oggi, nell'era del web 2.0, risulta anacronistica.
Finché non si scoprono il doppio gioco di Dodo e le intenzioni segrete di Marco, la commedia gira un po' a vuoto, non sapendo sciogliere davvero il nodo che vede Isabella e Dodo opporsi all'eterosessualità di Marco mentre Marco si limita a conversare al telefono con una ragazza, in maniera timida come se cercasse di sottrarsi al suo stesso desiderio.
Il motivo segreto di Dodo che, innamorato di Marco, pensa che potrà fidanzarsi con lui solo se il ragazzo rimane gay, tradisce un pensiero superficiale che fa dell'orientamento sessuale non già una
etichetta descrittiva ma prescrittiva.
Come se l'essere eterosessuale abbia impedito agli uomini e le donne di avere dei rapporti con persone dello stesso sesso...
Presentare omosessualità ed eterosessualità come contraddittorie e incompatibili è un luogo comune, purtroppo diffuso anche tra molte persone omosessuali, che non corrisponde a verità visto che omo ed eterosessualità sono i due estremi di un continuum nel quale ci collochiamo tutte e tutti, come ha spiegato Kinsey alla fine degli anni 40.
Siamo tutti e tutte bisessuali anche se possiamo tendenzialmente preferire uno dei due sessi delle persone del quale ci innamoriamo e/o con le quali facciamo l'amore più spesso.
Marco dunque non potrebbe mai diventare etero ma continuerebbe ad essere una persona bisessuale che si innamora di altre persone, poco importa se di uomini o di donne, perchè quel che conta, banalmente, è
amare e essere amati, senza dover rendere conto di chi amiamo.
Senza che l'amare una donna (l'amare un uomo) anche se finora abbiamo amato uomini (donne), metta improvvisamente in discussione tutto quello che abbiamo fatto finora, cancellandole la verità.
Questo pensiero binario che costruisce i due orientamenti sessuali in maniera oppositoria, cancellandone il terzo che li comprende entrambi, è squisitamente patriarcale e sminuisce la portata eversiva della critica che la commedia vuole fare sulle ingerenze materne nella vita dei figli (e delle figlie) rivelandone il vero nucleo critico che non è tanto l'imposizione autoritaria di una serie di valori (borghesi) quanto l'indebita ingerenza autoritaria della donna verso l'uomo.
Isabella viene presentata come una virago esagerata e sopra le righe, che non lascia spazio agli uomini di
autodeterminarsi siano questi il marito (cui scopriamo Isabella si è imposta anche nel matrimonio) i suoi collaboratori (Dodo, che usa senza scrupoli sfruttandolo anche economicamente) o il figlio Marco,
per il quale Isabella è la classica madre castrante che tanta paccottiglia pseudo psicologica degli anni cinquanta individuava come causa dell'omosessualità.
Le ingerenze di Isabella sono talmente esagerate e assurde che sarebbe davvero facile sottrarvicisi mentre Marco non ci prova nemmeno organizzando nei suoi confronti una macchinazione, che si scoprirà alla fine con l'ennesimo colpo di scena, che gli permette di ingannarla ma non di vincerla in un confronto di autorità.
Un'autorità femminile cui la commedia paradossalmente sussume anche il personaggio di Dodo che da un lato ci viene presentato come un omosessuale ingenuo, che si innamora già al primo appuntamento - anche se l'appuntamento è stato preso in una chat per incontri di sesso -, che si disgusta di profferte sessuali troppo esplicite o immediate, secondo lo stereotipo di genere femminile, e, dall'altro, vessa anche lui il povero Marco che diventa così una vittima del femminile variamente inteso quello aggressivo della madre virago e quello aggressivo-passivo dell'amico frocio che corona il suo sogno à la Doris Day fidanzandosi con il cassiere ossigenato di un Mac Donald che per amor suo ha accettato di tornare al suo colore naturale di capelli.
Un femminile visto in termini molto riduttivi come quando Isabella, raccontando della sua giovanile carriera di spia, afferma che per farsi confessare i segreti dagli uomini ha usato l'unica arma che una donna ha a sua disposizione (letterale nel testo) tradendo così, oltre al maschilismo, anche una velata misoginia.
A ben vedere più che uno spettacolo sull'omosessualità Sono diventato etero! è uno spettacolo che proclama l'autonomia maschile dal femminile che accomuna purtroppo molti uomini, non importa l'orientamento sessuale di appartenenza.
Ben cantato e ben interpretato, con delle canzoni efficaci e dalle melodie interessanti di Loria Lana (alle quali gioverebbe una produzione musicale meno digitale e più acustica), Sono diventato etero! non annoia e diverte, proponendo un'alternativa al classico racconto di gusto camp di importazione statunitense - quello che fa parlare i personaggi omosessuali al femminile - valida e squisitamente italiana, nel bene e nel male, perchè il maschilismo di cui è portatore non è certo della sola commedia ma di noi italiani e italiane al quale non sappiamo proprio sottrarci.