SPARA/TROVA IL TESORO/RIPETI INTOLLERANZA, PARADISO PERDUTO

L'intollerenza alimentare come cifra esistenziale

L'intollerenza alimentare come cifra esistenziale

Intolerance appartiene al filone intimista delle 17 pièce scritte da Ravenhill, quelle di interno borghese nel quale sembra solo emergere il vissuto privato dei personaggi, in questo caso una donna sola (la pièce è infatti un monologo).
Ravenhill ha la capacità con poche frasi di descrivere situazioni e restituire psicologie delle persone. La protagonista, Helen,  è una donna apprensiva che tende a somatizzare tutto nell'intestino accusando forti e annosi dolori che ha cercato di risolvere in tutti i modi possibili fino alla scoperta, ci dice, della sua intolleranza alla caffeina. Un testo in bilico tra il florilegio dei luoghi comuni di donne borghesi di mezza età che si inventano problemi per riempire esistenze altrimenti vuote (sappiamo di un figlio e di un marito fantasmatici che per quanto presenti in casa, non vedremo mai) che passano dalla psicanalisi all'agopuntura, dall'ipno terapia agli yogurt probiotici e ai succhi di frutta al mirtillo che prende per colazione e il dramma serio che emerge timido da una situazione tipica.
Seduta nel mezzo di un appartamento astratto (solo la diapo di un bagno di alto design funge da scena, come fondale) non capiamo subito che Helen è seduta sul wc (Ravenhill la pone n cucina) solo alla fine quando il mal di pancia nervoso si trasformerà in un sintomo fisiologico e organico capiremo la natura della sedia su cui è sistemata. Una irriverenza contro le apparenze borghesi che induce lo spettatore distratto a credere che la pièce sia tutta lì mentre piccoli dettagli emergono e ci indicano il contesto.
Le paure della donna risiedono in dinamiche familiari ben più profonde (un bisnonno sopravvissuto ai campi di concentramento) dove i rapporti familiari sono mediati dal consumismo (un dvd diverso visto ogni mattina col figlio prima di andare a scuola) mentre gli attentati e l'eco delle guerre appena fuori dal campo percettivo della protagonista (dello spettatore)  sono presenze numinose.
Una pièce solo apparentemente minore che Francesca Mazza interpreta con una disinvolta bravura e precisione per le quali si  già distinta  in altre pièce in cui ha recitato (Le troiane e La madre).
Forse Intolerance è narrativamente parlando la pièce più indipendente e, perciò, quella che meno sembra essere il tassello di un discorso più grande, le cui implicazioni sono invece all'agguato ai confini, ai margini, nel non detto. Tutti in agguato pronti a farsi vivi appena uno si distrae appena il dolore di pancia metaforico diventa concreto proprio come quella guerra che prima non ci toccava (più) direttamente ma che dopo l'11 Settembre sembra essere giunta al cuore della nostra democrazia. Intolerance mette alla berlina questa retorica, dietro la quale non c'è il vuoto ma i tanti problemi di una esistenza irrisolta.

Visto il 09-12-2010
al TeatroInScatola di Roma (RM)