Quasi azzerato dai tagli governativi il programma del X festival Pergolesi Spontini, è restato l'appuntamento più prestigioso, lo Stabat mater concertato da Claudio Abbado, andato in scena al Pergolesi con la diffusione in diretta nel teatro San Floriano di Jesi per l'altissima richiesta di biglietti (ed in leggera differita su radiotre). Davanti al teatro volantinaggio dei componenti dell'orchestra Filarmonica marchigiana, preoccupati per diminuita presenza del complesso nella stagione lirica di tradizione di Jesi.
L'esecuzione dello Stabat mater è stata preceduta da tre arie (due dalla Passione secondo Matteo e una dalla Passione secondo Giovanni) e dal Concerto in mi maggiore per violino, archi e basso continuo di Bach per cercare echi, consonanze, derivazioni e mutazioni tra le partiture dei due Maestri (un concerto senza intervallo avrebbe maggiormente facilitato l'ascolto).
In “Erbarme dich, mein Gott” gli archi sostengono la voce di Sara Mingardo, amplificando la dolente pietas dell'invocazione a Dio e alla sua pietà. “Ich will dir main Herze Schenken” è preceduta da un recitativo dove sono dominanti i due oboi che introducono l'atmosfera dell'aria, perfetta per la voce angelicata e celestiale di Julia Kleiter. Queste due arie consentono di avere una buona percezione della Passione secondo Matteo di Bach, i momenti intimo e doloroso (la prima) e luminoso e speranzoso (la seconda). Invece in “Es ist vollbracht, o Trost” domina un senso di disperazione reso tangibile dalla voce sublime e cupissima di Sara Mingardo, accompagnata all'inizio solamente da viola da gamba e violoncello, le cui note amplificano la discesa in basso della voce struggente della Mingardo. Poi la ripresa, da “Der Held aus Juda”, con gli archi al completo e la presenza magnetica di Hille Perl con la sua viola da gamba.
Il concerto bachiano è occasione per rivelare il talento virtuosistico di Giuliano Carmignola, soprattutto nell'Allegro assai, terzo movimento dopo l'iniziale Allegro e il centrale Adagio.
Stabat mater di Pergolesi: Abbado lo conosce così bene al punto da “viverlo”. Accantonata ormai l'idea romantica ma poco rispondente al vero che Pergolesi l'abbia scritto in punto di morte (il manoscritto autentico dimostra invece una scrittura durata un lungo tempo e con lunghe pause tra una ripresa e l'altra), Stabat mater rimane un caposaldo della musica italiana per completezza e forza evocatrice.
Sicuramente la presenza di Abbado e dell'orchestra Mozart (da cui il concertatore sa trarre il massimo possibile) consentono una esecuzione a livelli di eccellenza. E Mingardo e Kleiter sono di una bravura ineguagliabile, sia per colore e purezza di voce sia per precisione di esecuzione. Non si può non rilevare la nota finale di ”inebriari” del “Fac ut portem Christi mortem” in cui la Mingardo sprofonda negli abissi della partitura, oppure le occasioni in cui la Kleiter, salendo verso l'alto, raggiunge una cristallinità celestiale.
L'alternanza tra la Mingardo, autentico contralto, e la Kleiter, soprano perfetto, consentono agli orchestrali di rendere suggestioni irripetibili, sotto l'attenta guida di Claudio Abbado, il cui gesto misurato e discreto irretisce lo spettatore. Il finale “Quando corpus morietur” riprende l'inizio doloroso di “Stabat mater dolorosa”, prima dell'esplosivo “Amen”. Questa esecuzione magistrale di Abbado è la prova tangibile che non omnis morietur.
Teatro esaurito da settimane, applausi scoscianti ed acclamazioni ripetute.