Prosa
STRANIERI

Stranieri in famiglia: il tema della paura del diverso

Gianluca Merolli e Paola Sambo
Gianluca Merolli e Paola Sambo

Un uomo (Francesco Biscione), infastidito dal continuo bussare alla porta, difende la propria solitudine barricandosi in casa, convinto di aver vissuto una vita retta e costellata di buone azioni: i suoi sembrano vaneggiamenti, ma al di là dell’uscio domestico, ci sono la moglie e il figlio (Paola Sambo e Gianluca Merolli), due “presenze” che attendono, con pazienza e discrezione, di accompagnare il loro congiunto nel suo ultimo viaggio.

Crollano le certezze, si dissolvono i confini

Stranieri, scritto da Antonio Tarantino, affronta il tema della paura del diverso, partendo da una situazione surreale, nella quale costa meno fatica riconoscere l’altro come uno straniero; sono i ricordi, però, a prendere il sopravvento sugli insulti e le minacce,  facendo crollare inesorabilmente le pareti (complice la pioggia). A questo punto, ogni confine tra interno ed esterno viene eliminato.

Stranieri (Foto: Pino Montisci)


Tale prospettiva (dentro/fuori) viene resa in maniera ottimale soprattutto grazie alla scenografia di Paola Castrignanò: la casa è una sorta di gabbia dorata, un cubo rivestito di coperte termiche (come quelle fornite ai migranti non appena sbarcati), che, osservate dall'esterno, infondono un senso di protezione, mentre viste dall'esterno, inducono allo smarrimento e al distanziamento (una percezione tristemente attuale, nell'epoca del Covid-19, ndr.).

Un altro elemento che rende evanescenti le pareti della casa (e la contrapposizione dentro/fuori) è la pioggia, che scroscia sul palcoscenico con un suggestivo effetto da fare invidia a qualsiasi allestimento di Singin’ in the Rain o Aggiungi un posto a tavola.

Francesco Biscione (Foto: Pino Montisci)

Una toccante elaborazione del lutto

La regia di Gianluca Merolli assume i contorni di un delicato omaggio all'autore del testo, Antonio Tarantino, scomparso durante i difficili mesi del lockdown. Il giovane regista e performer è soprattutto riuscito ad affrontare, con adeguato equilibrio tra cinismo e tenerezza, temi impegnativi quali l’elaborazione del lutto e la risoluzione (tardiva) dei conflitti familiari.

Il disperato attaccamento alla vita del personaggio interpretato da Francesco Biscione, condito da paranoia e cinico disprezzo verso tutto ciò che estraneo (compresa la vita matrimoniale di suo figlio), non è altro che toccante modalità di elaborazione del lutto per la perdita della moglie, la quale, nella sua nostalgica rassegnazione, risulta il personaggio più positivo dello spettacolo.

Visto il 11-09-2020