Lo spettacolo riprende la formula del "concerto aperitivo", in orario atipico (le 19.00 e si esce da teatro poco dopo le 20, pronti a proseguire la serata),
presentando una coreografia prima che questa sia completata, di modo che mentre lo spettacolo viene rodato, se ne possono mettere ancora a punto i dettagli.
La coreografia che Dino verga presenta al pubblico quest'anno (che agli occhi di chi scrive sembra già completa) vuole essere, come recita il programma di sala, Uno studio sull'attesa come unico momento che vibra. Euridice che attende Orfeo nell'Ade. Un'analisi delle insicurezze che spesso nel buio spesso si esasperano. Dove il nero non è che una discesa dentro se stessi (...).
La coreografia si sviluppa in alcuni quadri incentrati sull'opposizione buio/luce, che interagiscono con una partitura musicale complessa, dagli intrecci di diverse interpretazioni de La vie en rose (dall'immortale versione di Edith Piaf ad altre più recenti) che in parte si sovrappongono e in parte si distinguono dal continuum musicale, alla musica amniotica di Phantom Orchard, a un classicissimo Gluck. Partitura che si costituisce come vero contraltare della ricerca coreografica di Dino Verga che parte dal corpo dei suoi ballerini, esposto, scoperto (indimenticabile il quadro di apertura, nel quale una ballerina dotata di protesi luminose su ogni dito delle mani, con le quali illumina parti di se stessa, danza al buio, a torso nudo, novella Venere di Milo).
Una ricerca che compenetra i ruoli maschile e femminile, che spesso anche la danza contemporanea ha ereditato in maniera sessista, non per annullare le differenze tra corpo maschile e corpo femminile, ma per esaltare le loro specificità senza agganciarle a un ruolo sessuato che la coreografia dimostra essere solo una
maschera. Nello splendido quadro su Orfeo e Euridice di Gluck i tre ragazzi e le sei ragazze si alternano senza soluzione di continuità in una danza in cui i ruoli di Orfeo e di Euridice sono danzati da uomini e donne, in coppia e da soli, in una coreografia modulare (ai lati ballerini da soli che interpretano uno dei due ruoli, al centro le coppie in vari assortimenti uomo/donna, donna/donna, uomo/uomo ripetono il gesto di Orfeo che pur sapendo che, così facendo, la sua amata si trasformerà in statua di sale, non può non girarsi per assicurarsi che Euridice lo stia seguendo fuori dall'Ade) incessante, onirica, magnifica.
I danzatori e le danzatrici sono tutti bravissimi (e dai corpi splendidi) nonostante non siano tutti allo stesso livello di crescita artistica (date le differenze anagrafiche) e sostengono con grande senso della scena (compresa la lettura di alcune righe di Alessandro Baricco) l'esigente coreografia di Verga che prevede delle uscite e ri-entrate repentine, nell'arco dei 10 secondi, la manipolazione di protesi e globi
luminosi, coreografie che si sviluppano in direzioni opposte e speculari, che
inducono nello spettatore un crescendo emotivo che lo invade.
Uno spettacolo da non perdere anche per chi di solito non mastica la danza. Dino Verga e le sue danzatrici (e danzatori) sanno parlare al cuore di tutti.
Visto il
al
Furio Camillo
di Roma
(RM)