Metamorfosi da poeta catartico a professore.
Flavio Oreglio dismette la veste del comico per indossare quella del professore. In realtà l’abito è lo stesso di sempre: completo nero e scarpe da tennis bianche. A cambiare è l’approccio con il pubblico, incentrato sulla ricerca d’approfondimento di contenuti e completezza nella forma espositiva, non dimentica dell’indole satirica. Questo progetto segna il passaggio dalla concisione propria della poesia catartica che lo ha eletto acclamata star di Zelig, ad un testo strutturato e meditato, atto a stigmatizzare le incoerenze che costellano l’evoluzione dell’Uomo.
“Sulle spalle dei giganti”, trasposizione scenica del suo ultimo lavoro letterario “Storia curiosa della scienza. Le radici pagane dell’Europa”, è una dotta ed al contempo ironica lezione cattedratica, elaborazione di un assioma: le istituzioni scolastiche mentono.
Il prof. Oreglio introduce i temi-cardine del sapere universale quali filosofia, etica, miti, religione. Scardina i preconcetti, elenca con precisione cronologica gli eventi storici, elogia gli immortali pensatori greci e la cultura ellenistica, fecondo grembo del pensiero moderno. Moderno per davvero, proprio in quanto antico. Critica la scuola, rea di raccontare la storia a suon di guerre anziché di pacifiche conquiste; bolla la Chiesa del III secolo dopo Cristo per l’imposizione della propria religione all’impero romano e, in seguito alla distruzione della biblioteca di Alessandria, per avere, di fatto, decretato la fine della libertà del pensiero classico.
Il non paludato professore è a tratti un severo luminare per poi mutare repentinamente registro trasformandosi in censore pseudo bonario del tempo presente, le cui contraddizioni esaspera causticamente. Disserta di aritmetica, geometria, astronomia intessendo paralleli con la situazione politica odierna. Si interfaccia con le effigi di Pitagora, Archimede, Platone, Aristotele, Euclide e ancora Tolomeo, Copernico, Galileo, Darwin, per approdare infine a Bondi, La Russa, Verdini, Berlusconi….
L’asettico taglio di luce, ardita (dissacrante?) personificazione del Verbo, e la scenografia minimale consistente in uno sgabello ed un leggio, come dettati dalla regia di Felice Cappa, sono finalizzati all’esaltazione della parola pura e semplice. Quella parola che finalmente l’attore, dopo un lungo percorso artistico spaziante in ambiti teatrali e letterari, fa sgorgare potente e matura nell’intento di destabilizzare e/o scandalizzare; per lo meno di porre interrogativi.
Il monologo narra con tono affabulatorio della miseria dei nostri giorni se paragonata alla magnificenza dell’era antica, della pochezza dei ciarlatani contemporanei messa a confronto con le vette raggiunte da personaggi veramente grandi. Oreglio, con effetti deflagranti, fa irrompere in platea la risata liberatoria: ci compiangiamo, certo, ma acquisiamo la consapevolezza di essere in grado di percorrere quei sentieri destinati a divenire a poco a poco autostrade proiettate verso un destino migliore. Cammino lungo e faticoso ma possibile ad auspicabile, quindi doveroso.
Il Maestro di vita si dimena sul palcoscenico, urla, si infervora, sussurra, spiega benevolmente. Accenna una canzone in apertura ed una in chiusura, irrinunciabili sigle personali. Egli è l’incarnazione del libero pensatore, del cantore epico, dello scienziato puro, del filosofo alessandrino, del cavernicolo che scopre il fuoco e grazie al ragionamento diviene capace di assumerne il controllo.
Oreglio pratica il work in progress: nel salutare il numeroso pubblico presente, forse anche spinto dalla consapevolezza che un certo margine per il miglioramento esiste e va ricercato, specifica che codesto allestimento è ad uno stadio embrionale che, cammin facendo, muterà bozzolo prima di tramutarsi in crisalide indi in farfalla. Ciò equivale alla storia dell’umanità, non di uno spettacolo soltanto.
Comico
SULLE SPALLE DEI GIGANTI - LE RADICI PAGANE DELL'EUROPA
Flavio Oreglio: anteprima a Mantova.
Visto il
27-10-2011
al
Cittadella
di Lugano
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