Quasi un anno fa CkTeatro portò in scena nella sala Artadu del teatro dell'Orolgio uno studio anticipatorio di questo Superstar dal titolo Delitto Pasolini nel quale uno dei protagonisti anticipa questo spettacolo, che sarebbe dovuto andare in scena il 2 novembre (anniversario dell'omicidio di Pasolini) incentrato sul romanzo di Pasolini, incompleto e postumo, Petrolio, spettacolo che avrà oltre trenta personaggi e farà incazzare tutti.
Di Delitto Pasolini notammo come l'assunto che Pasolini avesse cercato la morte perchè unico suggello alla sua opera di artista (come afferma Giuseppe Zigaina nel libro Pasolini e la morte. Mito, alchimia e semantica del "nulla lucente", Venezia, Marsilio 1987) spostasse l'asse tematico (e drammaturgico) dello spettacolo su di una posizione troppo marginale rispetto i temi estetici e politici che Pasolini aveva affrontato nella letteratura come al cinema, in poesia come al teatro.
Superstar si presenta diverso da quello annunciato e millantato allora. Nessuno si ...arrabbia dopo averlo visto e non crediamo che tra i suoi scopi ci fosse quello di far arrabbiare gli spettatori.
Superstar costituisce un'interessante opera di ispirazione su alcuni brani di Petrolio, al quale si rifà apertamente citando di volta in volta titolo e numero degli appunti in cui è organizzato. Da Petrolio lo spettacolo prende la figura di Carlo Valletti e il suo alter ego Karl (in Petrolio Carlo sono in realtà due persone dalle vite diverse, che si scambiano spesso i ruoli risultando così una persona sola).
La natura del doppio è esplicitata sin all'inizio quando Carlo e Karl, interpretati dallo stesso attore, uno in video e l'altro in carne ed ossa, dialogano, in un complesso scambio di rispecchiamenti tra personaggio creato dunque fittizio e persona creatrice, dunque reale, entrambe letgati da una comune e contraria volontà di morte (criptico riferimento a Zigaina). In Petrolio invece il nome di Carlo, per ammissione di Pasolini, deriva da quello del padre morto quando Pasolini era ancora giovane.
Questa duplicità si dispiega anche sull'allestimento scenico che vede il palco occupato completamente da una struttura divisa in due sezioni (più una terza). In quella laterali si alternano immagini video proiettate e attori in carne ed ossa che recitano al di là del telo di proiezione che diventa trasparente con la giusta illuminazione. Al centro una rettangolo nero con una finestra dalla quale, opportunamente retro-illuminata, emerge la sagoma di un manichino dalle fattezze pasoliniane (che riprende l'impersonificazione in carne ed ossa dello studio di un anno fa) mentre sul rumore di un proiettore cinematografico una voce pasoliniana legge alcuni brani di un "progetto letterario" a cavallo tra l'appunto, la poesia e la sceneggiatura cinematografica.
Sulle due metà della scena agiscono in contemporanea una proiezione video e una scena dal vivo nella quale di volta in volta, Carlo incontra personaggi di potere, che, monologando, gli parlano senza che lui proferisca parola. Un'azione scenica, quella dal vivo, alquanto statica tranne poche eccezioni (un mappamondo che serve a evocare quello del Grande dittatore chapliniano) per cui l'attenzione è tutta catturata dai video nei quali sono raffigurate di volta in volta situazioni diverse tutte accomunate dalla presenza di Karl che si masturba o si fa fare (o compie) fellatio, o penetra uomini vivi (o morti) e donne.
Così nel primo monologo, quando il dirigente dell'Eni propone a Carlo di organizzare la morte di Mattei, nel video, in un'esotica ambientazione araba, Karl prima si masturba, poi si fa fare una fellatio da una donna indigena e infine si accoppia con un cadavere, mentre gli astanti dispiegano la bandiera dell'Eni, quella con il cane a sei zampe.
Durante il monologo di Andreotti (che chiede a Karl di occuparsi di Mino Pecorelli) in video, su una via romana (che però non sembra via Caetani) Carlo si masturba e poi si fa fare una fellatio da una donna seduta a un tavolino di bar mentre un alto prelato, in posizione di benedizione o di sermone, si fa fare una fellatio da un uomo in ginocchio, di spalle al pubblico, che poi muore e finisce nel bagagliaio di una Renault 4 rossa...
Durante il monologo del mafioso, Karl, sempre colto da furia onanista, si accoppia con alcuni mafiosi, uno dei quali è in sedia a rotelle...
Durante il monologo del generale pidduista Karl si accoppia con una famiglia felice stile mulino bianco composta da mamma, papà e figlia, seduti attorno a un tavolo, intenta a fare colazione, e ,dopo ogni accoppiamento sessuale, ognuno indossa una rivisitazione fetish del cappuccio della P2 per poi si accasciarsi sul tavolo, esanime.
Alla fine, mentre Karl, divenuto Berlusconi, legge alcuni brani del discorso della discesa in campo del 1994, in video assistiamo all'uccisione di Pasolini per mano di Pelosi (e di alcuni complici nascosti) e poi alla sua risurrezione e all'ascesa (altro cenno alla teoria di Zigaina).
Alla fine di ogni monologo, che implica sempre una richiesta e un suo impegno, Carlo dice la parola accetto facendo dei quattro incontri un rito di passagio a più stazioni verso l'ascesa diretta al potere, incarnata da Berlusconi (mentre Pasolini ascende allo stato di icona pop dell'artista compiuto in quanto morto). Poi, sostituendosi al manichino, un attore entra sul palco incarnando Pasolini.
Molte le suggestioni, i rimandi e le sinergie di questa messinscena complessa ma anche straordinariamente algida. Nessuna emozione traspare dalle scene dal vivo nè da quelle in video.
Alcune interpretazioni dei personaggi famosi (Andreotti in primis) sono così vicine all'imitazione da sfiorare la satira (Noschese più che Guzzanti) tradendo un certo provincialismo politico: non c'è bisogno di essere così vicini ai personaggi cui ci si riferisce nelle sembianze fisiche quanto nel riprodurne l'ideologia in quel che dicono (o in quel che hanno fatto motivo per cui, si presume, sono stati tirati in ballo).
Superstar tradisce invece un certo gusto per l'imitazione televisiva, denunciando la colonizzazione televisiva del nostro immaginario collettivo (ci chiediamo solo se drammaturgicamente voluto o se reale).
Le inflessioni sicule del mafioso o quelle milanesi (più misurate) di Berlusconi sembrano però più provenire da una mania (ingenua) di precisione che altro. Una precisione oleografica che nasce dal desiderio di trattare questi personaggi famosi come icone che però non giova alla chiarezza dello spettacolo.
Secondo il suo autore e regista Superstar non è uno spettacolo di denuncia critica sociale e di inchiesta su Berlusconi, ma è uno spettacolo che racconta attraverso il modello di Petrolio la genesi del potere, l’accettazione del potere, e quello che comporta il compromesso con il potere.
Il discorso messo in scena sul sul potere, sui meccanismi della sua distribuzione e del suo mantenimento, così magmatico e contraddittorio in Petrolio (dal quale, ricordiamo, lo spettacolo si rifà ad ogni inizio video riportando in didascalia gli stremi di brani precisi del romanzo) diviene qui deterministico come un'equazione matematica perdendo in credibilità. E' tutto troppo didascalico per essere una ricostruzione o semplicemente una rappresentazione.
Quel che muove lo spettacolo, se intendiamo bene il prologo dialogante tra Carlo e Karl è la pura forza formale dell'icona Pasolini che incarna e dà forza ad alcune icone del potere che critica ma immortala nel momento stesso in cui le mette in scena. Ecco spiegato l'iperrealismo con cui è tratteggiato Andreotti: è della sua icona che tratta lo spettacolo non già del personaggio realmente esistito. L'iperrealismo è dunque l'inevitabile effetto collaterale di un discorso sul potere che, nel momento stesso in cui lo nomina, lo evoca, vi si riferisce, lo rigenera, gli dà forza e sostegno. L'iperrealismo è allora l'unica forza che in Superstar può contrastare il rigenerarsi del potere mostrando tutta l'artificiosità della macchina narrante messa in piedi.
Quasi un moto perpetuo che riesce a sconfiggere l'entropia che in natura affligge ogni essere umano con la morte.
In questa idea di spettacolo ci sembra ci sia però un corto circuito del discorso, un nodo irrisolto sul quale Superstar finisce per fallire: la rappresentazione del sesso.
Ogni fellatio, ogni penetrazione, ogni atto sessuale, anche auoterotico, hanno nello spettacolo un che di meccanico, di anti vitale, di corrotto dal potere, del quale diventano una immediata e usatissima metafora (quante volte usiamo il verbo fottere per sottolineare che abbiamo vinto o fregato qualcuno?).
Fellatio e copula (anale quand'è fatta con altri uomini) ha in sé qualcosa di morboso e degradante. Ben diversamente dal romanzo Petrolio dove Carlo si fa penetrare dal cameriere Carmelo in un atto che rappresenta per lui il forma massima di realizzazione.
Se il lettore crede sia una nostra lettura riportiamo le dichiarazioni dello stesso regista: [Karl è] vittima della degradazione fisica che il contatto col potere comporta, al punto da spingerlo a relazioni morbose con ogni genere di individuo.
Relazione morbosa la fellatio che, nell'ultimo video, è la stessa che Pasolini fa a Pelosi, per danaro, ed ecco che gli atti etero ed omosessuali dipinti come strumenti de potere tradiscono una visione patriarcale e maschilista in cui il sesso è solo affermazione del potere e degradazione che riguarda anche bambine e persone dello stesso sesso.
Ora mentre la degradazione degli atti eterosessuali dipinti in Superstar non inficiano l'eterosessualità di per sè che è la norma borghese, gli atti omosessuali (tacciamo di quello sulla bambina) rappresentati in Superstar come degrado, rischiano di avocano quel degrado all'omosessualità stessa in un cortocircuito più sociologico che politico perchè l'omosessualità non gode affatto dello statuto di normalità e di per sé è ancora considerata come una devianza, immorale e cosa di cui vergognarsi, la prova sta non solo nel fatto che nel linguaggio comune dare del frocio a qualcuno è ancora un'offesa ma anche negli attacchi omofobi a copie di ragazzi e ragazze che portano timidi segni del loro orientamento sessuale: un bacio casto o passeggiare mano nella mano è motivo più che sufficiente per essere picchiati o uccisi dagli omofobi di turno.
Adesso, visto che Pasolini era omosessuale e che fu ucciso in quanto omosessuale alla ricerca di sesso con un ragazzo (e per questo l'opinione pubblica rimase indifferente al suo omicidio dicendo che era morto non già il più grande intellettuale italiano del secolo come si fa dice ipocritamente oggi, ma che era morto solo un frocio) l'omosessualità mostrata solamente come degrado resta davvero un nodo irrisolto nello spettacolo che si presta a molteplici letture anche omofobe. Non arriviamo a dire che Superstar sia uno spettacolo omofobo ma che sull'omosessualità ha una posizione ambigua che può anche esser letta in questa chiave.
La rappresentazione in Superstar di atti etero ed omosessuali esclusivamente in chiave degradante e morbosa getta un'ombra discutibile e ambigua sulla necessità di uno spettacolo la cui messa in scena del potere che corrompe usa dei valori e dei concetti altrettanto corrotti, ben diversamente da Pasolini e da chi, malgrado la pervasività del potere riesce a vivere una propria sessualità che non è solamente pulsione di morte.
Ma forse chi scrive è un inguaribile ottimista che crede ancora nella speranza e non si auto compiace nel constatare che il potere ci ha già fottuti tutti e che siamo già tutti morti ognuno vivendo da icona i quindici minuti di fama pop che ci sono riservati, prima di svanire nell'oblio.
SUPERSTAR
Il sesso strumento del potere?
Visto il
12-02-2011
al
Dell'Orologio - Sala Orfeo
di Roma
(RM)
Superstar