Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia del 2011, Ostermeier è certamente tra i registi più interessanti della scena teatrale contemporanea. Susn, presentato per la prima volta in Italia a Torino nell’ottobre del 2011, racconta la storia struggente e frammentaria di una donna o forse chissà quella di più donne, per l’esattezza cinque come cinque sono i monologhi che costruiscono la drammaturgia di questo spettacolo. Il testo, un collage di monologhi di diversa provenienza, è il frutto del lavoro attento e ricercato del drammaturgo tedesco Herbert Achternbusch.
La storia è quella di Susn che gli spettatori seguono nelle varie fasi della sua esistenza, dall’adolescenza alla vecchiaia, passando attraverso alcuni dei momenti più significativi della sua vita: dalla Susn ancora giovane, appena sedicenne, adolescente di campagna, ribelle alla Chiesa, alla studentessa universitaria fuori sede, passando per la giovane donna delusa da un rapporto di coppia ormai lacerato, con uno scrittore il cui esercizio di scrittura lo porta ad ignorare tutti, per poi finire con l’immagine di una Susn quasi sessantenne, consumata dall’alcool e dalla sua stessa vita. Di dieci anni in dieci anni la protagonista si racconterà attraverso flussi di coscienza e monologhi che alternano momenti di lucidità e consapevolezza a fasi di isterismo e follia.
Sulla scena una donna che in tutte le fasi della sua esistenza tradisce un’inquietudine e un disagio costante, dall’incapacità di compiacere le aspettative della mamma e della nonna che la vorrebbero in un certo modo fino all’angoscia vera e propria di stare al mondo.
Sulla scena una toilette da trucco che all’occorrenza si trasforma in un confessionale, un videogioco, due sedie, un tavolo e qualche altro oggetto; sullo sfondo sei pannelli trasformano il fondale in uno schermo cinematografico che proietta immagini rassicuranti della campagna bavarese, fotogrammi della vita di Susn, e immagini in presa diretta di quanto accade sulla scena.
Protagonisti la giovane attrice tedesca Brigitte Hobmeier, un talento naturale, che ci regala una performance davvero straordinaria (prolungati gli applausi e le chiamate a fine spettacolo) e l’altrattanto bravo e capace Edmund Telgenkämper, ora confessore, ora compagno freddo e distaccato della povera Susn.
Uno spettacolo la cui forza riesce a superare e abbattere l’ostacolo della lingua; infatti, nonostante la componente parlata sia assolutamente prevalente durante tutta la performance, anche lo spettatore non propriamente germanofono, può fare a meno, ad un certo punto, dell’ausilio dei sovratitoli (non sempre in sincrono) per lasciarsi trasportare e rapire dalle atmosfere surreali che si creano sulla scena.