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SVENIMENTI, UN VAUDEVILLE

Cechov tra malinconia e isteria

Cechov tra malinconia e isteria

“Svenimenti”, la nuova produzione della compagnia “Le belle bandiere”cui abbiamo assistito in apertura della stagione di prosa del Centro Teatrale Bresciano che l’ha coprodotta, affronta un Anton Cechov noto agli addetti ai lavori ma perlopiù sconosciuto al grande pubblico, ovvero il Cechov comico.
Le opere per cui il drammaturgo russo è universalmente conosciuto sono infatti associate a tematiche quali malinconia e rimpianto, nonostante lui fosse un grande amante del vaudeville e proprio a questo genere si fosse ispirato nella stesura del suo capolavoro, ovvero il Giardino dei ciliegi.
Testimonianze di questa sua passione restano comunque nei suoi racconti, spesso di natura umoristica e nei suoi atti unici, di chiara ispirazione brillante. Ed è infatti ai più celebri di questi atti unici, ovvero “L’orso”, “I danni del tabacco” e “La domanda di matrimonio”, che Elena Bucci e Marco Sgrosso, coadiuvati sulla scena da Gaetano Colella, si sono ispirati per costruire la drammaturgia dello spettacolo.
La rappresentazione non si limita però ad una mera sequenza delle tre opere, ma a fungere da cornice e da introduzione vengono inserite alcune lettere del carteggio tra Cechov e la moglie, l’attrice Olga Knipper, che, complice il suggestivo e poetico allestimento scenografico, contribuiscono a trasferire l’azione in un’atmosfera intimista e onirica.
Elena Bucci apre lo spettacolo nei panni di Olga che rievoca le lettere del marito (e al marito) ormai scomparso; lettere da cui riaffiorano antichi ricordi che si trasfigurano nei suoi atti unici che quasi in punta di piedi prendono vita. Ricordi e raccoglimento lasciano quindi spazio a figure più ironiche, sopra le righe, a volte forse troppo esasperate. La scelta però di ricercare in questi testi una comicità spingendo in maniera netta sul pedale del grottesco, ai limiti della caricatura, ha forse il limite di livellare il tono delle scene ancorandole a schemi che alla fine possono risultare ripetitivi.
Vero è che le figure ai limiti dell’isteria cinicamente delineate da Cechov nella Domanda di matrimonio e nell’Orso hanno molti punti in comune ed anche le due dinamiche di corteggiamento si somigliano, per cui anche per questo è facile trovare più di un’analogia tra la prima e la seconda parte.
Decisamente positiva la risposta del pubblico che esauriva il Teatro Santa Chiara che al termine ha ricambiato i tre interpreti con applausi convinti e ripetute chiamate a proscenio.

Visto il 22-11-2014