Roma, teatro Costanzi, “Tannhäuser” di Richard Wagner
TANNHAUSER SENZA REGIA
Tannhäuser era stato annunciato come uno degli spettacoli dell'anno nella ripresa italiana dell'allestimento di Carsen dell'Opéra di Parigi (recensito su queste pagine da Ilaria Bellini nella sezione “estero”), all'Opera di Roma è invece andato in scena un nuovo allestimento di Filippo Crivelli, passando da regia particolarmente forte e di impatto a uno spettacolo pressochè privo di regia. L'inizio è affidato ai video di Roberto Rebaudengo e Matthias Schnabel, che creano l'atmosfera del Venusberg con un affastellarsi di immagini, in parte stile patchwork, dove si mescolano colori e bianco e nero, fotografia e pittura, cinema e scultura, paesaggio e fumetto (tra le immagini efficaci “Le cattive madri” di Segantini). Le scene di Maurizio Varamo suggeriscono i riferimenti della storia con sciatteria più che con semplicità; i costumi di Anna Biagiotti appaiono più adatti ad una festa paesana più che a un'opera lirica. Non completamente a fuoco le luci di Agostino Angelini, inutili le coreografie di Gillian Whittingham, interpretate dal corpo di ballo del teatro.
Ma il problema della produzione resta la regia, perchè praticamente non succede nulla per tutta la durata dello spettacolo, essendo i movimenti una sfilata di coro e cantanti da un lato all'altro del palcoscenico, oppure ingressi/uscite dalle quinte laterali. Un esempio: perchè mettere in mano una cetra ai cantori se essi si limitano a reggerla, senza neppure fare il gesto di suonarla?
Va decisamente meglio dal punto di vista musicale. Daniel Kawka all'inizio non convince completamente per una certa opacità nei timbri, ma i dubbi sono presto fugati da un ottimo secondo atto e da un emozionante terzo atto, dove la tensione spirituale della partitura è resa con estrema attenzione, ottenendo un risultato musicale di struggenti malinconia ed elegia. Nel complesso il direttore ha mostrato si sapere ben controllare palco e buca, privilegiando i passaggi delicati piuttosto che quelli chiaroscurati e ben sostenendo i cantanti. Soprattutto è riuscito a rendere la complessità della scrittura musicale wagneriana, lontana dal contemporaneo Verdi dell'Ernani.
Coro non particolarmente incisivo, preparato da Andrea Giorgi; sul palco anche il coro di voci bianche di Roma preparato da Josè Maria Sciutto.
Il cast è stato dominato da Martina Serafin e Mathias Görne. La Serafin è una Elisabeth di grande temperamento e di indubbia forza interiore; notevole è la presenza scenica e splendida la voce per estensione e colore, unita a una interpretazione attoriale particolarmente curata, frutto evidentemente di un lavoro personale della cantante (soprattutto ciò è evidente nell'incontro con i pellegrini, quando Elisabeth cerca l'amato in ognuno dei viandanti e non lo trova, aggirandosi tra essi). Ottimo Mathias Görne, voce di splendido colore, fraseggio raffinatissimo e curato fino alla perfezione con uno stile da liederista. Stig Andersen è un Tannhäuser corretto e puntuale nei primi due atti, bravo senza riserve nel terzo, dove affronta il lungo momento del racconto del viaggio a Roma con intensità. Béatrice Uria-Monzon è una sensuale, seducente Venere dalla voce brunita e dallo straordinario appéal. Bene anche Christof Fischesser (Hermann). Appropriati Vicente Ombuena (Walther), Ralf Lukas (Biterolf), Gianluca Floris (Heinrich) e Alessandro Guerzoni (Reinman). Con loro Silvia Colombini, Flavia Scarlatti, Benedetta Malvagna, Vittoria Scacchi, Carlo Maria Zanetti (pastore e quattro paggi), Alessia Barberini e Riccardo di Cosmo (danzatori solisti).
Poco pubblico, applausi molto calorosi.
Visto a Roma, teatro Costanzi, il 29 ottobre 2009
FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al
Costanzi - Teatro dell'Opera
di Roma
(RM)