Prosa
TANTE BELLE COSE

Le avvincenti

Le avvincenti

Uno spettacolo bellissimo, divertente, pieno di ritmo e vitalità, con una regia colta ed appassionata. Bravi gli attori, a cominciare dalla mattatrice Maria Amelia Monti nel ruolo di Orsina, un’infermiera “hoarder”, cioè con la mania di conservare tutto. Impressiona la sua carica, un vulcano di energia che comunica grandi emozioni.
Apprezzabili anche Gianfelice Imparato (il mite Aristide, un amministratore di condominio che non sa mai dire di no), Carlina Torta (l’esplosiva Patrizia, una condomina tanto ricca quanto abbietta e ricattatrice) e Valerio Santoro (l’annoiato ragioniere Calvi, un condomino in cerca di avventure galanti).
La storia non si può definire né commedia né dramma sociale o psicologico, ma ha comunque il suo tenero e aspettato lieto fine.  . In ogni caso è avvincente.

Scritta dall’apprezzato Edoardo Erba, è una commedia moderna e ancestrale contemporaneamente. Moderna perché ambientata al giorno d’oggi e adattata al nostro consumismo; ancestrale perché parla, in fondo, dell’animo umano accumulatore di roba, siano essi oggetti o paranoie sugli stili di vita di qualcun altro. Sebbene scritta con delicatezza, a tratti ha del grottesco, del giallo e del romantico, e ci invita a guardare l'hoarder che è in noi e a non giudicare con superficialità chi non conosciamo.
Oltre ad essere una pièce sul consumismo e sui suoi eccessi, infatti, è anche un testo su una patologia reale come è quella dell’accumulo di oggetti inutili senza un vero bisogno. Il tema viene affrontato in maniera quasi scherzosa, da Edoardo Erba e poi è alleggerito ulteriormente e arricchito teatralmente dalla regia di Alessandro D’Alatri.
L’abile regista romano lo rende più soft, quasi una favola senza tempo, e contribuisce alla resa scenica appassionante. Quella di D’Alatri è una regia forte e presente, ma contemporaneamente fatta con discrezione e rispetto. E’ affilata come il filo di un rasoio: affascinante e molto curata. Ricca e sorprendente seppur semplice e lineare. Gli elementi (che siano essi attori o pezzi di scenografia) sono ben definiti in scena.

L’aspetto scenografico lascia a bocca aperta: sia la scenografia vera e propria, sia la “scenografia” creata dalle luci (dell’atrio del famigerato condominio). Interessanti e piacevoli anche i frequenti cambi di costume dei personaggi.
Sono 5, sostanzialmente, gli ambienti: semplici e ridotti al minimo il primo e l’ultimo (casa di Aristide e una strada con un secchio della spazzatura – entrambi movimentati dall’arrivo di Orsina, prima con la sua borsa-magazzino, poi su una bicicletta); minimal e abbastanza perturbante l’atrio del famigerato condominio; ricco e coloratissimo l’appartamento di Orsina: c’è di tutto, pare di stare dentro un’enorme borsa di Mary Poppins o nella fabbrica-parco giochi di Willy Wonka. L’infermiera non butta via niente e recupera dalla spazzatura anche cose buttate da altri. Però non trova il tempo per sistemare gli oggetti o per riutilizzarli. Li tiene lì, accatastati. Non le saranno mai utili, … ma il vizio di recuperare tutto dall’immondizia sarà la sua fortuna: una volta che ella verrà buttata, ingiustamente, fuori di casa, recupererà dalla spazzatura una scatola di scarpe contente dei pregiati francobolli (che ella non sa essere stati cestinati dalla moglie del ragionier Calvi per paura dei ricatti della losca Patrizia) i quali, una volta rivenduti, le permetteranno di comprarsi un’ampia casa dove sistemare le sue cose… ed ospitare Aristide caduto in disgrazia a causa della malvagia condomina Patrizia.

Mi piace il dinamismo scenico a tratti leggermente espressionista o da favola senza tempo e luogo che caratterizza  le regie di Alessandro D’Alatri e che contemporaneamente viene stemperato da uno stile deciso e delicato. E’ interessante quel suo creare dei quadri memorabili nelle scene dei vari spettacoli che allestisce, a tratti composti di avvolgenti “fasci”, siano essi fasci di luce bianca e verdone che si intrecciano inaspettatamente come a formare una spessa parete (come nelle scene ambientate nell’atrio del condominio), oppure insiemi di materiali vari, come ad esempio i teli bianchi che pendevano dal soffitto in “Scene da un matrimonio”, oppure i 3 accatastamenti di oggetti in casa di Orsina in “Tante belle cose” (organizzati in meravigliose sfumature di colore così belle da meritare di essere osservati bene). In entrambe le pièces, D’Alatri si è affidato all’abile e preziosa collaborazione dello scenografo Matteo Soltanto (coadiuvato, in quest’ultimo allestimento, dalle luci di Adriano Pisi). In “Disco Risorgimento. Una storia romantica” c’era un enorme unico accatastamento di materiali su, e intorno a, cui si muovevano gli attori; lì la scenografia era di Giacomo Tringali. In “Tante belle cose”, però l’effetto è molto più spettacolare. Viene da dedurne che l’idea di questi accatastamenti artistici e teatralmente studiati piaccia molto a D’Alatri. Ed in effetti il risultato colpisce.
C’è anche da dire che tutti e tre questi lavori teatrali (legati dal sistema di “fasci” “Scene da un matrimonio” e “Tante belle cose” e dagli accatastamenti di oggetti “Tante belle cose” e “Disco Risorgimento. Una storia romantica”) sono vicini cronologicamente, dato che tutti hanno debuttato nel 2011.

Trovo D’Alatri un grande regista, non comune; sicuramente è uno dei più interessanti del panorama teatrale italiano… E dello spettacolo in genere, dato che passa con disinvoltura e successo dal cinema agli spot tv ai videoclip musicali al teatro, in ogni caso con lavori artistici che rimangono nella memoria.

Tante belle cose” è una pièce bellissima, proprio come mi aspettavo dal bravo Alessandro D’Alatri. Consigliato. Da vedere e rivedere.

Visto il 06-12-2012
al Comunale - Ridotto di L'Aquila (AQ)